Il ruolo degli enti locali nella tutela e valorizzazione dei beni culturali è normalmente oggetto di considerazione e studio sotto il profilo della relazione con la disciplina del governo del territorio. Proprio nello svolgimento delle fondamentali competenze in materia di pianificazione urbanistica e rilascio dei titoli edilizi, infatti, gli enti territoriali esercitano funzioni decisive e sono spesso chiamati a calibrare e armonizzare interessi pubblici diversi, talora – inevitabilmente – in conflitto fra loro.
È facile comprendere, pertanto, perché su questo terreno si sia principalmente soffermata l’attenzione della giurisprudenza amministrativa.
Le competenze per la protezione del patrimonio culturale
Tuttavia, benché sia quello di più immediata percezione e più frequentemente sperimentato in dottrina, non è questo l’unico filone di interesse. O, meglio, l’esercizio delle competenze in materia di governo del territorio in senso lato costituisce terreno fertile per l’instaurazione di rapporti sinergici con le autorità specificamente preposte alla protezione del patrimonio culturale.
Pertanto, il potere residuale degli enti locali in vario modo indirettamente lambisce il settore della salvaguardia degli immobili di pregio storico-artistico, anche al di là di quanto espressamente stabilito nelle disposizioni puntuali contenute nel d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Un’analisi accurata delle sentenze emesse negli anni recenti dal Consiglio di Stato dimostra proprio come emerga attualmente con evidenza l’esigenza di affrontare le questioni applicative correlate con la salvaguardia dei beni culturali con un approccio olistico, idoneo ad assicurare la piena collaborazione fra tutti i soggetti istituzionali coinvolti.
Protezione del patrimonio culturale da parte degli enti locali
Non è infrequente, dunque, che l’attenzione del giudice amministrativo sia rivolta ad assicurare che le autorità direttamente investite del compito di proteggere il patrimonio culturale (in primis, le soprintendenze) non prescindano dall’effettiva cooperazione con i soggetti radicati sul territorio (in primis, i comuni). Questi ultimi, infatti, con maggior precisione conoscono le caratteristiche dei beni collocati entro i loro confini, non ultimi la rarità e il pregio (che – come è noto – rappresentano il cuore della valutazione discrezionale preordinata all’eventuale apposizione del vincolo di interesse culturale).
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