Il rifiuto opposto dalla P.A. all’istanza di transazione del danneggiato non incide sul diritto soggettivo al risarcimento, ma sull’interesse all’osservanza della normativa secondaria concernente la procedura transattiva, sicché l’impugnazione del diniego rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo.
Con ordinanza n. 2050 del 3 febbraio 2016, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione in sede civile affrontano l’annosa problematica inerente le transazioni conseguenti alle richieste di risarcimento danni derivanti da emotrasfusione, delimitandone sostanzialmente il campo di applicazione.
In particolare, le SS.UU. affermano, motivando diffusamente, che il rigetto all’istanza di adesione ai moduli transattivi sia inquadrabile nell’ambito della giurisdizione riservata al giudice amministrativo.
La Corte di Cassazione investita del regolamento di giurisdizione ex art. 9 c.p.a. ha, nella solennità della composizione a Sezioni Unite, definitivamente chiarito che: “In tema di danni da emotrasfusione, il rifiuto opposto dalla P.A. all’istanza di transazione del danneggiato non incide sul diritto soggettivo al risarcimento, ma sull’interesse all’osservanza della normativa secondaria concernente la procedura transattiva, sicché l’impugnazione del diniego non rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, ma in quella del giudice amministrativo, cui spetta decidere, nel merito, se l’atto negativo lede un vero e proprio interesse legittimo o un interesse semplice non giustiziabile”.
Al fine di contestualizzare brevemente la problematica in oggetto, è opportuno ricapitolare i fatti, giuridici, salienti.
Come noto, un elevatissimo numero di soggetti sono risultati infettati a seguito delle trasfusioni subite in vari ospedali pubblici. Un orientamento giurisprudenziale, consolidatosi proprio avanti le SS.UU. della Corte di Cassazione, ha ritenuto il Ministero della Salute responsabile sin dagli anni Sessanta; pertanto, il legislatore, con leggi 29/11/2007 n. 222 e 31/12/2007 n. 244, ha sollecitato il Ministero della Salute a concludere transazioni con i soggetti danneggiati “che hanno instaurato, anteriormente al 1° gennaio 2008, azioni di risarcimento danni e che siano tuttora pendenti“.
A seguito di tale intervento normativo, in data 07/0/2008, il Ministero della Salute ha ritenuto opportuno emanare una propria circolare, indirizzata a tutte le Avvocature Distrettuali dello Stato, nella quale invitava le stesse “a curare in occasione di trattazione di udienze istruttorie, o per le vie brevi, l’informativa della presente lettera ai legali delle controparti affinché valutino l’opportunità di chiedere in giudizio un congruo rinvio della trattazione delle cause, prospettando ai giudici incaricati la possibilità di definizione transattiva delle controversie medesime“.
Successivamente, con D.M. del 28/04/2009 n. 132 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23 settembre 2009) il Ministero della Salute ha fissato i criteri in base ai quali definire le transazioni e la procedura per l’acquisizione delle domande di adesione alla procedura transattiva.
Con una successiva circolare del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del 20/10/2009 n. 28, sono state fissate le modalità di presentazione delle predette domande di adesione.
La normativa sopra menzionata ha in particolare previsto che i presupposti per la stipula delle transazioni fossero:
a) l’esistenza di un danno ascrivibile alle categorie di cui alla Tab. A del DPR 30.12.1981 n. 834, accertato dalla CMO o da sentenza;
b) l’esistenza del nesso causale tra il predetto danno e la trasfusione da sangue infetto, accertata dalla Commissione o da sentenza.
Questa disciplina prevedeva inoltre che: per i soggetti talassemici e per i soggetti emofiliaci si adottassero i medesimi criteri ed i corrispondenti moduli transattivi già fissati per i soggetti emofiliaci dall’art. 1, comma 1, del D.M. 03/11/2003, ivi compresi gli importi fissati; per i danneggiati appartenenti ad altre categorie si adottassero criteri specifici e si tenesse conto dell’eventuale sentenza favorevole ottenuta, dell’entità del danno subito e dell’età del soggetto al momento della manifestazione del danno; i soggetti interessati alla stipula della transazione dovessero presentare domanda di adesione al Ministero entro la data del 19/01/2010 (90 giorni dalla data di pubblicazione della circolare applicativa); la domanda costituisse manifestazione di interesse ed avesse valore di istanza per l’accesso alla successiva fase di stipula delle singole transazioni; a seguito dell’esame delle singole domande e quindi della ammissione alla successiva fase, il Ministero avrebbe adottato un decreto di natura non regolamentare per la definizione dei singoli moduli transattivi.
Di lì a poco, il TAR Lazio si è pronunciato con varie sentenze (n. 5178/2012; n. 7073/2013; n. 7928/2013) in sede di sindacato sulla legittimità dei DD.MM. del 2009 e del 2012.
In seguito, molti dei soggetti lesi che avevano avviato le procedure transattive si sono visti opporre dall’Amministrazione un rifiuto ad addivenire ad una conclusione “bonaria” della lite, e così, alla stregua della radicata giurisdizione del Giudice Amministrativo in materia, pertanto, numerosi danneggiati, destinatari delle suddette comunicazioni di rigetto alle istanze di cui trattasi, hanno proposto ricorso al TAR Lazio, Sede di Roma, al fine di impugnare l’illegittimo diniego operato dal Ministero della Salute, soprattutto, e specificamente, con riferimento al difetto di motivazione.
Sennonché, il TAR Lazio, pur dopo l’adozione di ordinanze cautelari di tipo propulsivo, finalizzate al riesame dei provvedimenti di rigetto posti in essere dal Ministero della Salute, ha ritenuto – in accoglimento all’orientamento espresso dal Consiglio di Stato con sentenze da n. 1501 a n. 1506, tutte depositate il 28/03/2014 – di dichiarare il proprio difetto di giurisdizione in merito alle controversie di cui trattasi, dichiarando la giurisdizione del giudice ordinario, e concedendo di riassumere il giudizio davanti all’A.G.O. con le modalità e i termini di cui all’art. 11 c.p.a.
Infatti, con le richiamate decisioni, sorprendentemente, il Consiglio di Stato, ha affermato “come la soluzione ai problemi di grande rilievo sollevati dagli odierni appellati ed appellanti incidentali debba essere per lo più ricercata proprio dinanzi al giudice civile, il quale, è bene ricordarlo, ha anche il potere di disapplicare gli atti amministrativi qualora risultino indebitamente limitativi dei diritti soggettivi”.
In particolare, è stato precisato che “i decreti ministeriali di cui trattasi non possono incidere sui diritti soggettivi degli interessati, di contenuto sostanzialmente patrimoniale, né possono farli degradare a interessi legittimi, posto che gli stessi sono diretti ad attuare le norme primarie con disposizioni di carattere amministrativo e regolatorie del procedimento, con l’indicazione di criteri generali e specifici rivolti alle strutture ministeriali e che devono essere necessariamente in sintonia con quelle norme”; laddove “Gli stessi hanno di certo rilevanza esterna, ma resta sempre nella disponibilità delle parti interessate aderirvi o meno. Nel caso che vi aderiscano, stipuleranno la transazione (la quale implica per definizione una parziale abdicazione alle proprie pretese: aliquid datum, aliquid retentum). Qualora non vi aderiscano, ritenendo inaccettabili le limitazioni imposte, coltiveranno le azioni risarcitorie in sede civile; così come faranno coloro che, stando ai criteri dettati con i provvedimenti impugnati in primo grado, risultino esclusi dalle procedure di transazione”; finendo per affermare che “le norme speciali (legislative e regolamentari) dettate allo scopo di definire transattivamente le numerose controversie risarcitorie in discorso non hanno avuto l’intento – né comunque producono l’effetto – di obbligare i danneggiati ad aderire alla transazione, pena la perdita dei propri diritti; né tanto meno quello di escludere dal risarcimento i danneggiati che non siano ammessi alle procedure di transazione non rispondendo alle condizioni stabilite negli atti amministrativi impugnati”.
Correggendo il tiro assunto dal Consiglio di Stato in ordine alla valutazione della situazione giuridica dei soggetti interessati all’azione amministrativa di che trattasi, la Corte di Cassazione ha chiarito, con articolata e approfondita motivazione, che assume valore decisivo il contenuto dell’agire dell’Amministrazione descritto direttamente dalla norma regolamentare in disamina, perché, quando una disposizione normativa prevede un agire della p.a. che si presenta per i suoi caratteri lato sensu interferente con una situazione di diritto soggettivo del privato, è il modo in cui l’interferenza dell’agire della p.a. è regolato dalla norma ad assumere valore decisivo per comprendere se rispetto ad esso la posizione di diritto soggettivo del privato si conservi tale oppure, in ragione dell’interferenza indiretta, si atteggi in modo diverso, il che diventa di norma decisivo per comprendere quale giurisdizione attragga una possibile controversia sulle vicende del concreto verificarsi dell’interferenza astratta prevista dalla norma.
Concludendo, lo stabilire se l’agire dell’amministrazione nell’adozione del regolamento e poi del D.M. del 2012 (anche questo relativo agli atti transattivi) con un certo contenuto sia stato legittimo, integra un petitum sostanziale che appare come il tipico petitum demolitorio di atti amministrativi (sebbene il primo atto abbia contenuto normativo), di competenza del giudice amministrativo ed esorbita del tutto dall’ambito del giudizio risarcitorio, che deve accertare se la situazione di diritto soggettivo della ricorrente esista e, in caso positivo, darle la tutela risarcitoria giustificata dalla regole civilistiche.
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