Sangue no vax per l’intervento del figlio, obiezione di coscienza e diritto

Un minore deve essere sottoposto ad intervento chirurgico e bisognoso di trasfusione di sangue.
I genitori, no vax, pretendono che l’ospedale disponga di sacche di sangue provenienti da donatori no vax.
Si rivolgono al Tribunale di Modena, il quale, per mezzo del giudice Tutelare, rigettano la domanda, a quanto si è potuto capire, con una decisione salomonica: il sangue fornito dall’Ospedale di Sant’Orsola di Bologna è sicuro e non necessita di fare una differenza tra quello dei vaccinati e non.

Indice:

  1. Normativa
  2. Giurisprudenza
  3. Obiezione di coscienza
  4. Art. 32 della Costituzione
  5. Conclusioni

Normativa

Vediamo, in breve, che cosa succede nel mondo del diritto.

Credo si tratti di un caso inedito. Finora avevamo sentito parlare del rifiuto alle trasfusioni, indipendentemente dal tipo di donatore, da parte dei Testimoni di Geova, i quali, notoriamente ritengono che sia meglio rischiare la morte che essere sottoposti ad una trasfusione di sangue per motivi strettamente religiosi.

Le norme di riferimento sono l’art. 19 della Costituzione: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”; art. 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”; art. 21 Costituzione: libertà di manifestare il proprio pensiero quale estrinsecazione della propria personalità.

Ora bisogna aggiungere l’art. 8 CEDU: “Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza…”; l’art. 9 CEDU: “Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti….”.

Art. 5 Codice Civile: “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge (579 c.p.), all’ordine pubblico o al buon costume” (troppo spesso dimenticato nelle sentenze).

Infine, la Legge 22 dicembre 2017, n. 219, contenente “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” (Biotestamento e DAT), secondo la quale: “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”.

Prima di procedere è bene avvertire il lettore che la parte più importante di tutte queste norme non sono le disposizioni positive, bensì, quella finale o eccezionale: se non per disposizione di legge o, comunque, se la legge non dispone diversamente.

Giurisprudenza

Per tornare ai casi di cui si è occupata tutta la giurisprudenza, cioè quella relativa ai Testimoni di Geova, la Corte di Cassazione, recentemente, con la sentenza n. 29469 del 23.12.2020, della I Sezione Civile, ha ribaltato ciò che avevano deciso Tribunale e Corte di Appello ed ha affermato un principio destinato a durare nel tempo.

Una donna rifiutava il consenso ad essere sottoposta a trasfusione nel caso si fosse resa necessaria e si trattava di un caso ante legge 219/2017.

La signora venne sottoposta a trasfusione di sangue a seguito di una grave emorragia che minacciava la sua sopravvivenza. Il medico optò per la trasfusione.

Il Tribunale e la Corte di Appello meneghina rigettarono la sua richiesta di risarcimento dei danni nei confronti del medico e della struttura sanitaria.

Giunti davanti la Suprema Corte finalmente il diritto di autodeterminazione e della libertà religiosa della donna vennero riconosciuti e tutelati.

Possiamo affermare, senza dubbi, che chiunque, per motivi religiosi, certamente noti o acclarati nel tempo, come i Testimoni di Geova, hanno il diritto di evitare una trasfusione di sangue anche nel caso in cui il rischio morte sia più che certo.

Il medico che sottopone a trasfusione un testimone di Geova verrebbe condannato al risarcimento del danno insieme alla struttura sanitaria oltre alla eventuale responsabilità penale, almeno in riferimento all’art. 610 c.p. (Tribunale penale di Tivoli, sent. 1179/2020).

Nel caso in esame, invece, i genitori “no vax” avrebbero motivato la decisione, affinché il loro figlio ricevesse solo sangue proveniente da un donatore non vaccinato, anche per motivi religiosi.

Premesso che la questione è complicata dal fatto che il governo non ha mai voluto decidere sull’obbligatorietà del vaccino anti Covid, cosa che avrebbe chiuso ogni discussione (forse), al momento il problema è di tutt’altra decisione semplice.

Se è palesemente chiaro che non può trattarsi di una scelta religiosa in senso stretto, sul piano del diritto, la questione è tutt’altro che chiusa con la decisione del giudice tutelare per i motivi appresso esposti.

Il problema giuridico riguarda l’obiezione di coscienza.


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Obiezione di coscienza

L’obiezione di coscienza, che qui interessa, riguarda il rifiuto di obbedire alla legge per motivi legati alla coscienza. Si sostanzia in un rifiuto di rispettare la legge e, l’ordinamento, acconsente a tale rifiuto.

La realtà ci ha portato a considerare con molta prudenza alcuni problemi, non solo etici, ma sociali.

Mi riferisco ai c.d nuovi diritti, alle nuove tecnologie che sono in grado di tenere in vita una persona per anni quando, solo poco tempo fa, sarebbe morto.

Servizio militare obbligatorio, obiezione all’interruzione della gravidanza, obiezione di coscienza alla sperimentazione animale, obiezione di coscienza alla procreazione medicalmente assistita, questi alcuni dei casi più noti di obiezioni secondo coscienza.

Brevemente, l’obiezione secundum legem può essere oltremodo contraddittorio: l’obiezione di coscienza è necessariamente e in ogni ipotesi contra legem; ma la legge riconosce determinate ipotesi di obiezione di coscienza ma questo riconoscimento non elimina il contrasto tra la sfera morale dell’obiettore e l’obbligo giuridico erga omnes fissato ex lege, ma immunizza le conseguenze giuridiche della condotta obiettoria.

In termini più concreti, la previsione di una obiezione di coscienza presenta infatti una ragione d’essere laddove superiori istanze etiche, rimaste ai margini della legge, impongono di rifiutare l’adempimento di un dovere fondato appunto sulla legge.

Il nostro ordinamento giuridico non ha una norma che contempli l’obiezione di coscienza i cui presupposti si devono ricavare dai Principi generali.

A livello internazionale e sovranazionale lo si trova espressamente all’art. 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani, all’art. 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e all’art.9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Nel tempo si è andati a stabilire che lo Stato non può imporre un qualunque atto, sia pure previsto dalla legge, ma deve altresì prevedere per i cittadini la possibilità di sottrarsi da quegli atti non qualificabili come religiosi, ma che tuttavia coinvolgono la coscienza individuale ad un livello tale di profondità da non risultare tollerabili al singolo.

Questa considerazione, all’inizio della sua ideazione, di puro principio generale, è andato nel tempo, a stratificarsi e divenuto norma non scritta ma in vigore prima con le sentenze e poi con le leggi che nel tempo si sono adeguate ai tempi.

Si può parlare di un diritto a non essere costretti a tenere comportamenti in contrasto con i dettami della propria coscienza.

Leggiamo in una sentenza: “l’obiezione di coscienza al servizio militare (fatta salva l’esistenza di cause ostative ex art. 2 l. cit.) costituisce un vero e proprio diritto soggettivo del cittadino (e non più un semplice beneficio come disegnato nel sistema di cui alla L. 15 dicembre 1972, n. 772), in quanto collegato alla libertà di pensiero di coscienza e di religione”, T.A.R. Lazio Roma, Sez. I bis, 25/05/2007, n.4821.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 271 del 2000, ha affermato che il fondamento costituzionale della tutela della coscienza deve essere individuato nell’ «univoco convergere degli artt. 2, 3, 19, e 21 primo comma della Costituzione”.

Tralasciando gli altri articoli, come si può notare, è presente l’art. 19 Costituzione, anche per la c.d. obiezione di coscienza al servizio militare.

Non ci sono dubbi sul ritenere che gli obiettori civili non erano adepti di alcuna religione.

Non si deve rinvenire alcun credo o dogma che poteva giustificare la volontà di evitare il servizio militare (quando questo era obbligatorio), eppure, i giudici hanno ritenuto applicare quel diritto ad un caso del tutto lontano e avulso da una religione.

Nella sentenza citata del Tar Lazio, si può leggere il ragionamento chiaro e semplice: “nel sistema delineato dalla L. n. 230 del 1998 (in seno alla quale è stata eliminata la Commissione- “filtro” che aveva il compito di sindacare nel merito i motivi di coscienza allegati dall’obiettore; è stato sancito il riconoscimento ad espletare il servizio sostitutivo civile nell’”area vocazionale” prescelta; è stata eliminata la giurisdizione dei Tribunali militari per i reati commessi dall’obiettore ed, infine, è stata istituita la giurisdizione del giudice ordinario, avverso i provvedimenti di diniego dell’ammissione al servizio civile)”. I giudici si dichiararono incompetenti perché riguardava, oramai, la lesione di un diritto soggettivo di competenza dei giudici ordinari.

Si nota come l’art. 19 Costituzione, norma che tutela la libertà di culto, sia alla base per definire il connotato dell’obiezione secondo la coscienza del soggetto che non è in grado di rispettare una norma o un comportamento dettato dalla legge per gravi contrasti con le proprie convinzioni etiche.

Così messa la questione sembra molto vicina a quanto richiesto dai genitori in questione.

Il problema, però, deve essere ora affrontato seguendo la questione c.d. dei “no vax”.

Art. 32 della Costituzione

Premesso che l’art. 32 della Costituzione obbliga lo Stato italiano a tutelare la salute come bene fondamentale dell’individuo, il quale, essendo inserito nella società, questo bene diviene anche bene sociale, cioè, di tutti noi.

Infatti, nel Lavori Preparatori alla Costituzione, era previsto un emendamento dell’on. Meghini “di tutelare la propria sanità fisica, anche pel rispetto della stessa collettività”. L’on. Tupini, per la Commissione, dichiarò che questo principio poteva considerarsi implicito nella formula che poi è stata approvata, e l’on. Merighi rinunziò all’emendamento.

Orbene, se lo Stato deve garantire la salute pubblica quale bene fondamentale di tutti, ci si deve chiedere se, il comportamento dei c.d. no vax, che ora diffondono con maggior rischio l’infezione virale, rispetto ai vaccinati, e statisticamente sono maggiormente presenti nelle terapie intensive, sempre rispetto ai vaccinati, siano ancora soggetti da riconoscere come portatori di un diritto soggettivo da tutelare.

Tra le numerose sentenze della Corte Costituzionale, ricordo la n. 185 del 1998, nella quale è stabilito che: “tale articolo è venuto assumendo il ruolo di norma cardine dell’ordinamento con molto ritardo rispetto all’entrata in vigore della Costituzione, allorché, abbandonato l’orientamento di quanti tendevano ad attribuire a tale articolo carattere programmatico e non precettivo, è stata, invece, riconosciuta dalla dottrina più attenta l’effettiva portata dell’art. 32, e la scomponibilità del diritto alla salute nei due aspetti di diritto dell’individuo e di interesse della collettività, nonché lo stretto intreccio tra i due aspetti, entrambi fondamentali”.

Pertanto il diritto soggettivo del singolo non potrà mai comprimere o ledere il medesimo diritto soggettivo della collettività riguardo la tutela della salute.

Conclusioni

Per concludere, se il singolo ritiene di voler vantare un meritevole diritto da assurgere a obiezione di coscienza in merito a obbligare una struttura sanitaria a fornire solo sangue proveniente da donatori non vaccinati, ecco che ci si dovrebbe chiedere se questo diritto sia meritevole di tutela e riconoscimento giuridico come per altre situazioni già elencate in precedenza.

Mentre l’obiettore che si rifiutava di svolgere il servizio militare per ragioni pacifiste e rifiutava l’uso delle armi, non ledeva e non comprimeva alcun diritto di coloro che, invece, si sottoponevano ad un anno di leva obbligatoria con uso delle armi da fuoco.

Il suo diritto era meritevole al punto che veniva riconosciuto ancor prima che venisse alla luce una norma che disciplinasse questa situazione.

Non possiamo dire lo stesso per coloro che non intendono vaccinarsi.

Essi possono replicare che fintanto che non si rende obbligatorio il vaccino, come tantissimi altri del resto, hanno il diritto di non sottoporsi a tale trattamento sanitario.

Ma è altrettanto inconfutabile che questi sono, al momento, le persone che maggiormente diffondono il virus e occupano maggiormente i posti letto nelle terapie intensive e negli ospedali.

Ed è una inconfutabile realtà che questa situazione, oramai da anni, lede i diritti di centinaia di migliaia di cittadini che si sono visti rifiutare le cure mediche per ragioni di emergenza sanitaria.

Ora l’emergenza è fortemente diminuita ma i posti letto per le cure intensive sono comunque fortemente limitate ai più perché occupate principalmente proprio dai non vaccinati.

L’ordinamento giuridico offre numerosi spunti al riguardo sulla meritevolezza dei nuovi interessi e diritti.

Nella materia contrattualistica, l’ordinamento prevede che i privati possano creare nuovi contratti che, se portatori di interessi meritevoli di tutela, saranno riconosciuti dal diritto.

La stessa obiezione di coscienza è un diritto che, nel tempo, è stato riconosciuto come meritevole di tutela in quanto, in sé, vi sono diritti che meritano l’attenzione dei giudici e del legislatore; infatti, vi sono leggi che hanno riconosciuto tale scelta.

Orbene, la scienza, ci dice che sono proprio coloro che hanno deciso di non vaccinarsi che muoiono e occupano le terapie intensive privandole a coloro che, magari per un incidente, ne avrebbero bisogno.

L’atto di vaccinarsi contro il virus Sars-coV-2, è un atto di responsabilità in favore non solo del singolo ma anche in favore di tutta la collettività che se ne avvantaggia sfruttando la minore diffusione virale, proprio in conseguenza della vaccinazione.

Non sono a conoscenza della ordinanza del giudice Tutelare che ha deciso la questione.

Sarebbe opportuno che prima o poi si ragionasse partendo dalla normativa in vigore, dai casi di obiezione di coscienza meritevoli di tutela e si andasse a verificare fin dove l’obiezione meriti tutela.

Il rischio, altrimenti, è quello che ad ogni norma e obbligo di legge si arrivi, prima o poi, ad un egual diritto contrario che legittimi un’obiezione che blocchi e vanifichi tutto l’ordinamento giuridico.


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Avv. Stefano Rossi

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