Sanzioni tributarie: quando si applica il cumulo giuridico

In caso di più omissioni relative al versamento in acconto di imposte cui hanno fatto seguito una serie di omessi versamenti a saldo, l’Agenzia delle Entrate non può irrogare tante sanzioni quante sono le omissioni ma obbligatoriamente dovrà applicare la sanzione pecuniaria unica derivante dall’applicazione dell’istituto del cumulo giuridico, ai sensi e per gli effetti dell’art. 12 D.Lgs. n. 472/97.

Infatti, occorre premettere che l’art. 12 del D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997 (come sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. e), del D.Lgs. n. 203 del 5 giugno 1998, e successivamente modificato dall’art.2, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 99 del 30 marzo 2000) ove è definito il concorso di violazione e continuazione nel sistema amministrativo e tributario prevede, in linea generale, l’applicazione di una sanzione unica e ridotta (c.d. cumulo giuridico) in luogo di quella derivante dalla somma delle sanzioni relative ai singoli illeciti (c.d. cumulo materiale).

In particolare, la disposizione citata afferma che: “è punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni, anche relative a tributi diversi” (comma 1, prima parte); e che soggiace alla stessa sanzione “chi, anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo” (comma 2).

La norma citata (art. 12, D.Lgs. n. 472/97) ha riformulato la disciplina generale dell’istituto della continuazione nell’illecito tributario, confermando ed ampliando il principio del cumulo giuridico delle sanzioni, reso obbligatorio e non più facoltativo (come invece disponeva l’art. 8, della precedente legge sulle sanzioni tributarie, n. 4/29), ed ha considerato specificamente l’ipotesi delle violazioni riguardanti periodi di imposta diversi, stabilendo, per questa particolare fattispecie, regole di maggior rigore, fermo restando, tuttavia, l’obbligo di procedere al cumulo giuridico delle sanzioni (Cass. n. 7163 del 2002).

L’art. 13 (ritardati o omessi versamenti diretti) del D.Lgs. n. 471 del 1997 (Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell’articolo 3, comma 133, lettera q), della L. 23 dicembre 1996, n. 662) statuisce che:

«Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato…».

Quest’ultima disposizione identifica l’entità della sanzione in caso di versamenti periodici in acconto e a saldo, ma non esclude il cumulo delle sanzioni, di cui all’art. 12 D.Lgs. n. 472/97, cit., trattandosi di previsione di carattere generale, in quanto costituisce attuazione del principio del favor rei, introdotto dal combinato disposto degli artt. 3, comma 3, 25, comma 2, e 29, comma 1, del D.Lgs. n. 472 e 16, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 (cfr. Cass. n. 411 del 14/01/2015; ex multis, Cass. nn. 2609 del 2000 e 7163 del 2002 emesse in tema di IVA; n. 3265 del 02/03/2012 in tema di ICI).

Né questa conclusione può essere contrastata invocando la specificità della disciplina dettata dall’art. 48, DPR n. 633/72, per le violazioni relative all’IVA, posto che quest’ultima disposizione è stata espressamente abrogata dall’art. 16, D.Lgs. n. 471/97, entrato in vigore contemporaneamente al DPR n. 472/97, giacché la funzione dell’istituto del cumulo giuridico delle sanzioni, che è quella di attenuare il maggior rigore del cumulo materiale, non consente, proprio in ragione di tale principio, che nell’applicazione concreta della continuazione sia comminata al contribuente una pena eguale o maggiore a quella che sarebbe derivata dalla somma delle singole pene irrogabili per ciascuna delle infrazioni (v. Cass. n. 7163/2002).

La nuova nozione di continuazione (recte, progressione) di cui all’art. 12 cit. costituisce in sintesi un superamento delle previgenti figure sotto diversi e rilevanti profili:

–         quello dell’obbligatorietà (si chiarisce che la concessione del beneficio non è facoltativa per gli uffici);

–         quello dell’elemento psicologico (non essendo richiesta una “medesima risoluzione”);

–         quello temporale (non essendo limitata allo stesso periodo di imposta);

–         quello oggettivo (applicandosi alla generalità dei tributi ed anche tra violazioni non riguardanti lo stesso tributo).

Va, pertanto, sempre riconosciuta la continuazione quando, pur mancando un cumulo formale, sussistono tuttavia più violazioni fra loro connesse per le quali, in attuazione del principio del favor rei, è stato correttamente applicato il cumulo giuridico delle sanzioni, come rilevato e stabilito dalla Corte di Cassazione – Sez. Tributaria- con la sentenza n. 21570 depositata il 26 ottobre 2016.

Sentenza collegata

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Avv. Villani Maurizio

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