La predetta disposizione vuole da un lato corroborare il divieto di trasferimento di denaro contante, rivisto dal D. Lgs. 25 maggio 2017, n. 90, che ha limitato il trasferimento di contanti per importi pari o superiori a 3 mila euro e, dall’altro lato, mira a contrastare il sommerso economico e ad arginare il fenomeno delle false buste paga, ossia quei casi in cui i datori di lavoro o committenti, sotto minaccia di licenziamento o mancata assunzione, elargiscono ai lavoratori una retribuzione inferiore a quanto previsto in busta paga e dovuta per contratto collettivo.
Sebbene l’ultima direttiva antiriciclaggio convenga sulla possibilità di effettuare pagamenti in contanti di importi inferiori alla soglia, sarà tuttavia precluso l’utilizzo di contante per il pagamento delle retribuzioni ma con alcune eccezioni.
A far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti dovranno corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:
a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
b) strumenti di pagamento elettronico;
c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
- d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato (il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni).
Il divieto dell’utilizzo di denaro contante si applicherà a qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ad ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 142.
Fattispecie escluse e sanzioni
Tuttavia non mancano le eccezioni e pertanto restano fuori dall’ambito di applicazione del divieto di pagamento in contanti:
– i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
– rapporti di lavoro disciplinati dalla legge 2 aprile 1958, n. 339 (lavoro domestico) e quelli comunque rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (colf e badanti).
In caso di violazione della succitata disposizione al datore di lavoro o al committente si applicherà la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma che varia da 1.000 euro fino a 5.000 euro.
Fondamentale, infine, la precisazione contenuta nel comma 912 secondo la quale la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento dello stipendio.
Ciò dovrebbe assicurare una maggiore efficacia dell’articolo 36 comma 1 della Costituzione, uno dei principi imprescindibili della disciplina del lavoro e dunque salvaguardare il diritto del lavoratore ad una giusta retribuzione.
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