precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. Un., Sentenza n. 7449 del 07/07/1993
La vicenda
L’assemblea deliberava lavori di straordinaria manutenzione del tetto. Quest’ultimo era costituito da due distinti corpi di fabbrica, uno composto da falde di laterocemento e l’altro composto da falde lignee (che non aveva bisogno di manutenzione). Sono una parte del tetto, quindi, era da ristrutturare. Di conseguenza venivano convocati alla riunione assembleare solo i condomini coperti dalla parte di copertura da rifare. Alcuni condomini impugnano la delibera che ritenevano invalida per mancata convocazione di tutti i condomini. Secondo gli attori infatti il tetto non era costituito da due corpi autonomi ma da un’unica unità strutturale con la conseguenza che tutta la collettività condominiale era interessata alle opere di manutenzione deliberate. In ogni caso gli stessi attori ritenevano che la delibera fosse viziata anche per eccesso di potere perché l’obiettivo dell’assemblea era anche quello di creare una mansarda. A conferma di quanto sopra notavano come fosse previsto anche l’inserimento nel tetto di finestre.
Il Tribunale respingeva la domanda osservando che i condomini non convocati erano estranei alle opere in quanto proprietari di unità immobiliari non coperte dalla parte di tetto da riparare.
La Corte d’Appello confermava l’esistenza di una struttura a due corpi separati del tetto e quindi respingeva l’appello. In ogni caso escludeva che i lavori mirassero a realizzare una mansarda.
La questione
Se il tetto è costituito da due corpi distinti e uno solo di essi deve essere ristrutturato devono essere convocati solo i condomini con unità immobiliari sottostanti la parte di copertura da rifare o devono essere comunque convocati tutti i condomini?
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La soluzione
La Cassazione ritiene che la delibera sia pienamente valida.
I giudici supremi ricordano che nel giudizio di legittimità non è possibile mettere in discussione le valutazioni sulla struttura del tetto a cui sono pervenuti i giudici di secondo grado.
Il ragionamento della Cassazione quindi parte dal presupposto che la copertura del caseggiato fosse composto da due porzioni autonome; di conseguenza applica i principi del cd. condominio parziale configurabile “ex lege” tutte le volte in cui un bene risulti, per obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio e/o al godimento in modo esclusivo di una parte soltanto dell’edificio in condominio; in tal caso viene meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene.
Alla luce di questo principio la Cassazione ha affermato che se solo una porzione autonoma del tetto deve essere rifatta non devono essere convocati tutti i condomini ma solo quelli che fruiscono di quella parte di copertura.
Del resto i giudici supremi ricordano che il condomino assente in assemblea, ma regolarmente convocato, non può impugnare la delibera per difetto di convocazione di altro condomino, trattandosi di vizio che riguarda l’altrui sfera giuridica.
Infine escludono che l’inserimento nel tetto di finestre, presumibilmente per assicurare luce e ventilazione, possa costituire un danno per tale parte comune e far ritenere affetta da eccesso di potere la decisione dei condomini.
Le riflessioni conclusive
Per molto tempo la giurisprudenza ha ritenuto che il condominio fosse come un aggregato svolgente un’unica funzione, rispondente all’interesse collettivo di tutti condomini, a prescindere dall’effettiva utilizzazione o anche dalla possibilità di utilizzazione in concreto da parte di tutti i condomini. In altre parole, si è affermato sempre e comunque la comproprietà dei beni, servizi ed impianti, previsti ed elencati dall’art. 1117 c.c. da parte di tutti i partecipanti.
Con una fondamentale decisione delle Sezioni Unite però vi è stato un radicale cambiamento di rotta; infatti si è chiarito che l’art. 1117 c.c. può essere invocato solo in relazione alle cose, destinate a servire l’intero edificio condominiale.
Si è sottolineato quindi che la destinazione particolare di un bene esclude sin dall’origine che lo stesso manufatto rientri nella categoria delle cose comuni e che ad esso possa riferirsi la norma dell’art. 1117 c.c.
Con tale affermazione, le S.U. hanno definitivamente abbandonato il principio secondo cui il condominio deve necessariamente avere carattere unitario (Cass. civ., sez. un., 07/07/1993, n. 7449).
Si è così cominciato ad affermare che sussiste condominio parziale “ex lege”, in base alla previsione di cui all’art. 1123, comma 3, c.c., ogni qualvolta un bene, rientrante tra quelli ex art. 1117 c.c., sia destinato, per obiettive caratteristiche strutturali e funzionali, al servizio e/o godimento esclusivo di una parte soltanto dell’edificio condominiale. Per fare un esempio pratico si può affermare che se in un cortile adiacente al caseggiato vi sono posti auto di proprietà esclusiva di alcuni condomini, il detto cortile e relativo cancello non è di tutti i condomini ma solo di quelli che sono proprietari di parcheggi. Allo stesso modo i proprietari delle mansarde che, per ragioni di conformazione dell’edificio, non siano servite dall’impianto di riscaldamento centralizzato, non possono legittimamente vantare un diritto di condominio sull’impianto medesimo, perché questo non è legato alle dette unità immobiliari da una relazione di accessorietà (che si configura come il fondamento tecnico del diritto di condominio) e cioè da un collegamento strumentale, materiale e funzionale consistente nella destinazione all’uso o al servizio delle medesime.
Il presupposto per l’attribuzione della proprietà comune in favore di tutti i compartecipi viene meno, difatti, se le cose, gli impianti, i servizi di uso comune, per oggettivi caratteri strutturali e funzionali, siano necessari per l’esistenza o per l’uso (ovvero siano destinati all’uso o al servizio) di alcune unità immobiliari; un’ipotesi “classica” di “condominio parziale” si configura anche nel caso in cui vi sia un complesso residenziale formato da un insieme d’edifici (“blocchi” costituenti distinti corpi di fabbrica), con parti comuni relative solo a tali singoli “corpi”, le quali quindi appartengono solo ai proprietari delle unità immobiliari comprese in ciascuno di essi (Cass. civ., sez. II, 18/04/2005, n. 8066).
In tali ipotesi le spese di gestione riguardanti la manutenzione e l’utilizzo dei beni e degli impianti rientranti nel condominio parziale debbono essere attribuite solo ai condomini “interessati”, mentre tutti gli altri vanno esclusi; del resto secondo l’articolo 1123, comma 3, qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità; di conseguenza, al fine di evitare il sorgere di controversie tra condomini, nella pratica è auspicabile che i tecnici, preposti alla formazione delle tabelle millesimali, adottino una nuova impostazione, che dia il giusto rilievo al precetto del terzo comma dell’articolo 1123, così da consentire una chiara ripartizione delle spese tra coloro, che partecipano al condominio parziale e da escludere chi vi è estraneo. Infatti non sussiste il diritto di partecipare all’assemblea relativamente alle cose, ai servizi, agli impianti, da parte di coloro che non ne hanno la titolarità, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarità delle parti comuni oggetto di delibera (Cass. civ., sez. II, 27/09/1994, n. 7885).
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