Sentenza estinzione reato per prescrizione senza contraddittorio: ricorribilità Cassazione

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La sentenza d’appello che, in fase predibattimentale e senza contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essersi estinto il reato per prescrizione, è ricorribile per Cassazione.
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Corte di cassazione -sez. VI pen.- sentenza n. 25380 del 17-05-2023

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Indice

1. La questione


La Corte di Appello di Venezia, con sentenza emessa ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. e senza l’instaurazione del contraddittorio, dichiarava l’intervenuta prescrizione del reato di cui all’art. 388, comma terzo, cod. pen..
Ciò posto, avverso questo provvedimento la difesa dell’imputato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo la nullità della stessa per violazione di norma processuale, rilevando che la causa estintiva del reato poteva essere pronunciata solo a seguito della rituale fissazione dell’udienza, in tal modo consentendo all’imputato anche l’eventuale rinuncia alla prescrizione, tenuto conto altresì del fatto che la nullità de qua non può neppure essere superata facendo valere il difetto di interesse dell’imputato ad ottenere una pronuncia nel merito, stante il fatto che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 111 del 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 568, comma 4, del codice di procedura penale, interpretato nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione proposto avverso sentenza di appello che, in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il ricorso suesposto fondato.
In particolare, gli Ermellini osservavano prima di tutto come la questione concernente la legittimità della sentenza predibattimentale resa dalla Corte di Appello in assenza di contraddittorio sia stata oggetto di plurime pronunce del massimo organo nomofilattico, essendosi affermato che nel giudizio d’appello non è consentito pronunciare sentenza predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell’art. 469 cod. proc. pen., in quanto il combinato disposto degli artt. 598, 599 e 601 cod. proc. pen. non effettua alcun rinvio, esplicito o implicito, a tale disciplina, né la pronuncia predibattimentale può essere ammessa ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., poiché l’obbligo del giudice di dichiarare immediatamente la sussistenza di una causa di non punibilità presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio (Sez. U, n. 28954 del 27/4/2017, Sez. U, n. 3512 del 28/10/2021; Sez. U, n. 3027 del 19/12/2001), fermo restando che, nell’ipotesi di sentenza d’appello pronunciata de plano in violazione del contradditorio tra le parti, che, in riforma della sentenza di condanna di primo grado, dichiari l’estinzione del reato per prescrizione, si riteneva che la causa estintiva del reato prevalesse sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza, sempreché non risultasse evidente la prova dell’innocenza dell’imputato, dovendo la Corte di cassazione adottare in tal caso la formula di merito di cui all’art. 129, comma secondo, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 28954 del 27/4/2017).
Chiarito ciò, i giudici di piazza Cavour notavano però come quest’ultimo principio, ritenuto quale consolidato diritto vivente, fosse stato sottoposto allo scrutinio della Corte costituzionale che, con la richiamata sentenza n. 111 del 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’interpretazione dell’art. 568, comma 4, cod. proc. pen. tesa a valorizzare la carenza di interesse a far valere la nullità, qualora risultasse comunque l’intervenuta prescrizione del reato.
Nel dettaglio, il Supremo Consesso faceva presente come la Consulta sia giunta a tale conclusione valorizzando tre aspetti, vale a dire: 1) si è ritenuto che l’interesse ad impugnare per conseguire la declaratoria di nullità di una sentenza di appello di proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione emessa de plano si pone al di fuori di un «giusto processo» ex art. 111 Cost. e non è, pertanto, bilanciabile con le esigenze di ragionevole durata sottese all’operatività della disciplina della immediata declaratoria delle cause di non di cui all’art. 129 cod. proc. pen.; 2) si è evidenziata l’essenzialità del contraddittorio, anche ai fini dell’accertamento della causa estintiva del reato, nonché la rilevanza dell’interesse dell’imputato prosciolto per estinzione del reato a sottoporre la mancata applicazione delle formule più ampiamente liberatorie alla verifica di un giudice di merito, piuttosto che alla Corte di Cassazione; 3) si è reputato che l’essenzialità del contraddittorio discende dalla previsione contenuta all’art. 469 cod. proc. pen., che, nel consentire al giudice di primo grado la possibilità di definire il giudizio con sentenza adottata in camera di consiglio, prevede che detta sentenza sia adottata «sentiti il pubblico ministero e l’imputato e se questi non si oppongono», sicché l’istituto, pur perseguendo la finalità deflattiva di evitare i dibattimenti superflui, non priva le parti del diritto all’ascolto delle loro ragioni.
Orbene, sulla base di questo triplice ordine di considerazioni, il Giudice delle leggi ha affermato che la dichiarazione di estinzione del reato, adottata in assenza di contraddittorio, limita l’emersione di eventuali ragioni di proscioglimento nel merito e, di fatto, comprime la stessa facoltà dell’imputato di rinunciare alla prescrizione, in maniera non più recuperabile nel giudizio di legittimità, la cui cognizione è fisiologicamente più limitata rispetto a quella del giudice di merito.
Ciò posto, dal canto suo, la Cassazione, come è avvenuto anche con la decisione qui in esame, applicando il principio affermato dalla Corte costituzionale, ha rivisto il precedente orientamento, affermando che sussiste l’interesse dell’imputato a proporre ricorso per Cassazione avverso la sentenza d’appello che, in fase predibattimentale e senza contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essersi estinto il reato per prescrizione (Sez. 5, n. 44417 del 5/10/2022).
Alla luce di tali considerazioni, la sentenza impugnata era annullata senza rinvio al fine di consentire un nuovo giudizio nel contraddittorio tra le parti.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi postulato – sulla scorta di un precedente conforme, e dopo che la Consulta, con la sentenza n. 111 del 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 568, comma 4, del codice di procedura penale, interpretato nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse ad impugnare, il ricorso per Cassazione proposto avverso sentenza di appello che, in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, in linea di discontinuità con il precedente orientamento nomofilattico – che sussiste l’interesse dell’imputato a proporre ricorso per Cassazione avverso la sentenza d’appello che, in fase predibattimentale e senza contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per essersi estinto il reato per prescrizione.
Quindi, ove sia emesso un provvedimento di questo genere, ben lo si può impugnare in Cassazione, sussistendo un valido interesse a farlo.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, pertanto, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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