Tentata truffa: l’entità modesta del danno non esclude la punibilità del fatto (Cass. pen., n. 48433/2013)

Redazione 04/12/13

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 11/12/2012, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano, in data 29/11/2011, esclusa l’aggravante di cui all’art. 640 c.p., comma 2, n. 1, rideterminava in mesi 2 e giorni 20 di reclusione ed Euro. 130,00 di multa la pena inflitta a F.G. per il reato di truffa tentata.

2. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, salvo quella relativa all’insussistenza dell’aggravante del fatto commesso in danno di ente pubblico, escludendo che l’azienda AMSA S.p.a. avesse natura di ente pubblico e riducendo conseguentemente la pena.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando un unico motivo di gravame con il quale deduce mancanza di motivazione in ordine al motivo d’appello con il quale la difesa aveva dedotto l’insussistenza del fatto per mancanza di offensività della condotta. Al riguardo eccepisce che la mancata truffa, se consumata, avrebbe comportato un danno patrimoniale complessivamente inferiore ai 30 Euro. Avendo l’AMSA (Azienda Milanese Servizi Ambientali) un patrimonio netto ammontante a Euro 79.665.000,00, il fatto si rivelava privo di offensività.

4. Il difensore della parte civile AMSA S.p.a. ha depositato memoria resistendo al ricorso e chiedendo la conferma delle statuizioni civili.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Nel caso di specie la sentenza impugnata ha preso in considerazione il tema della mancanza di “necessaria offensività” del fatto (fol.4) e l’ha respinto con motivazione priva di vizi logici, osservando che nella fattispecie la condotta dell’agente era idonea a cagionare un danno patrimoniale al datore di lavoro, che è stato quantificato al centesimo di Euro. Quindi la Corte territoriale ha rilevato che l’entità modesta o medestissima del danno patrimoniale non esclude la punibilità del fatto.

3. Nè potrebbe essere diversamente poichè il principio stabilito dall’art. 129 del progetto di Costituzione approvato dalla Commissione bicamerale nell’ottobre del 1997, che recitava “non è punibile chi ha commesso un fatto previsto come reato nel caso in cui esso non abbia determinato una concreta offensività”, è stato travolto dal fallimento della bicamerale e non è penetrato nell’ordinamento costituzionale neanche con la riforma dell’art. 111 Cost., attuata con la L. Cost. n. 23 novembre 1999, n. 2.

4. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè alla rifusione in favore della parte civile AMSA s.p.a. delle spese del grado, che liquida in complessivi Euro 2.000,00, oltre IVA e CPA.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione in favore della parte civile AMSA s.p.a. delle spese del grado, che liquida in complessivi Euro 2.000,00, oltre IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 21 novembre 2013.

Redazione