La c.d. riforma Cartabia risponde alla necessità di velocizzare i tempi del processo. In materia di famiglia, la novità più evidente è sintetizzata nell’art 473 bis n. 49 c.p.c, laddove viene data la possibilità alle parti di presentare la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, unitamente alla domanda di separazione.
Tuttavia, leggendo la norma, ci rendiamo conto che la fine del matrimonio non avviene in maniera diretta ed immediata, perché, anche se la domanda è unica, occorre comunque che tra la data della separazione e quella del divorzio o dello scioglimento del matrimonio, intercorra il lasso di tempo di sei mesi o di un anno, a seconda dell’assenza o presenza dei figli minori (o maggiorenni non autosufficienti). Infatti il legislatore ha specificato che le domande sono procedibili “decorso il termine a tal fine previsto dalla legge e previo passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia la separazione personale”
La novità allora non è nel presupposto, ma nelle modalità in cui il giudizio che porta alla fine del matrimonio si svolge.
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Indice
1. Il procedimento di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio
Nell’art 473 bis 49 c.p.c leggiamo che le parti hanno la facoltà di (“possono”) presentare un’unica domanda oppure agire prima per la separazione e successivamente per il divorzio. Inoltre hanno la facoltà di presentare una domanda congiunta oppure agire singolarmente. In tal caso, se il ricorrente ha agito per ottenere solo la separazione, il convenuto potrà, nella propria comparsa di costituzione e risposta, chiedere anche la pronuncia sullo scioglimento o cessazione degli effetti del matrimonio.
La procedura è più snella, rispetto al passato, sia con riguardo ai tempi che intercorrono tra il deposito del ricorso e la fissazione dell’udienza, sia con riguardo ai tempi previsti per la costituzione del convenuto ed il successivo scambio di memorie tra le parti. Ma la novità più eclatante è l’eliminazione dell’udienza presidenziale, che in definitiva obbligava le parti a presentare una successiva memoria davanti al giudice istruttore, con un contenuto identico a quello dell’atto introduttivo depositato innanzi al Presidente del Tribunale. Oggi tutto il procedimento è affidato alle cure del giudice istruttore.
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2. Rilievi critici
Se quindi il procedimento è stato velocizzato, ci chiediamo se la riforma abbia veramente raggiunto lo scopo prefissato.
Oggi è sicuramente presto per rispondere a questa domanda, poiché la novità legislativa è entrata in vigore per i giudizi instaurati dopo il 28 febbraio 2023.
Tuttavia, in qualità di avvocati, rileviamo che probabilmente la difficoltà maggiore, che le parti incontreranno nel costituirsi in giudizio, sarà relativa al deposito della documentazione richiesta dalla legge. E ciò sia per quanto attiene al profilo economico patrimoniale, sia per quello relativo al rapporto coi figli.
Nel giudizio di separazione personale consensuale senza figli, non sorgono questioni rilevanti. Anzi, le parti potrebbero addirittura fare istanza al giudice per non partecipare personalmente all’udienza e limitarsi al deposito delle note di trattazione. Ma nel caso in cui la separazione sia giudiziale, e per di più con figli minorenni, ci saranno sicuramente problemi. Le parti infatti che decidono di separarsi giudizialmente stanno affrontando un periodo delicato tra loro caratterizzato da grande animosità. La legge chiede loro di dichiarare pubblicamente quali siano i beni di loro proprietà, quali i conti correnti intestati, e, addirittura, in quali conti correnti non risultino unici intestatari o abbiano solo una delega di firma. Riconosce altresì alla parte destinataria del contributo al mantenimento la facoltà di chiedere al Giudice di predisporre idonea garanzia, qualora paventi il pericolo che l’obbligato non adempia spontaneamente. E’ dunque poco credibile che una parte, in queste condizioni, voglia far sapere all’altra come il suo patrimonio sia aggredibile. Sarà di conseguenza difficile per l’avvocato che li assiste reperire tale documentazione. Viceversa è auspicabile che venga emanata una normativa integrativa della legge per regolare tale materia, anche nel rispetto della legge sulla privacy di ciascuno di noi.
Risulterà poi anche difficile che i due coniugi, in una giudiziale, si accordino sulla gestione dei figli, presentando il c.d “piano genitoriale”, che tenga conto di molteplici esigenze dei figli, quali gli impegni scolastici, l’attività sportiva, ricreativa e quant’altro. La definizione del prospetto comporterà inevitabilmente il protrarsi della trattativa fra i coniugi assistiti dai loro legali.
Si consideri inoltre che ogni provvedimento adottato dal giudice è reclamabile e le condizioni sempre rivedibili e modificabili. La conseguenza allora potrebbe essere la vanificazione dello scopo per cui la normativa è stata introdotta.
Se quindi le parti sono chiamate ad accordarsi prima di andare di fronte al giudice, sarà forse per loro più conveniente intraprendere la via della negoziazione assistita.
3. Conclusioni
Ci chiediamo allora se non sia il ricorso alle soluzioni alternative al giudizio l’unico rimedio che il legislatore sta trovando per rispondere all’esigenza della celerità del processo.
Infatti il giudizio, così come concepito, si rileverà snello solo se le parti collaborano tra loro e presentano una domanda congiunta. Ma se (e l’ipotesi è frequente, visto che è venuta meno la comunione spirituale e di intenti, altrimenti non ponevano fine al matrimonio) non sono d’accordo sull’educazione dei figli o non trovano accordo su chi terrà con sé i ragazzi, chi li accompagnerà a scuola o a fare sport ecc, il meccanismo progettato si bloccherà immediatamente.
Ricordiamo in ogni caso che lo scopo del ricorso all’Autorità Giudiziaria non deve essere necessariamente la velocità nel trovare una soluzione, mentre deve essere sicuramente quello di trovare la tutela dei propri diritti.
La riforma Cartabia risponde di certo all’esigenza garantista dei diritti dei minori, laddove privilegia l’ascolto degli stessi e chiede al Pm un’attività di controllo sulle condizioni degli accordi. Tuttavia, agli occhi di chi scrive, sembra che per rispondere anche all’esigenza di smaltimento delle lungaggini del processo, spinga i cittadini a ricorrere a mezzi alternativi al ricorso al Tribunale. Ciò sicuramente sarà vantaggioso laddove si voglia sollecitare le parti a collaborare, comunque assistiti dalla professionalità dei propri legali, ma comporterà sicuramente un vulnus al sistema giudiziario, il quale sembra voler sempre meno prendersi le responsabilità di decidere con imparzialità e terzietà, come invece sancito dai principi repubblicani.
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