I sequestri nel processo penale: probatorio, conservativo, preventivo

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Il sequestro consiste nello spossessamento di un bene, mobile o immobile, sottratto alla disponibilità di un soggetto.
A seconda delle esigenze sono previste diverse tipologie di sequestro.


Per approfondire si consiglia: Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia

Indice

1. Sequestro probatorio

Anche se i sequestri sono catalogati nel codice di procedura penale tra le misure cautelari reali, il sequestro probatorio è una tipologia che non rientra in questo insieme: si tratta di un mezzo di ricerca della prova che ha l’obiettivo di assicurare il bene mobile o immobile per fini probatori.
La sua ubicazione nel codice, infatti, è proprio nel Libro terzo, Titolo III, nel quale sono disciplinati i mezzi di ricerca della prova. La norma di riferimento è l’art. 253 c.p.p., secondo il quale “l’autorità giudiziaria dispone con decreto motivato il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato necessarie per l’accertamento dei fatti.
Sono corpo del reato le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo.
Al sequestro procede personalmente l’autorità giudiziaria ovvero un ufficiale di polizia giudiziaria delegato con lo stesso decreto.
Copia del decreto di sequestro è consegnata all’interessato, se presente
“.
Di norma il sequestro probatorio viene disposto a seguito di una perquisizione, cioè un altro mezzo di ricerca della prova “la cui finalità è quella di consentire l’acquisizione di un elemento probatorio che sarà destinato a diventare una prova solo se e quando verrà assunto in contraddittorio tra le parti nel corso della fase dell’istruttoria dibattimentale” (art. 247 c.p.p.). Questa può essere personale o locale e deve avvenire nel rispetto dei diritti tutelati dalla Costituzione, nello specifico, la libertà personale (art. 13 Cost.) e il domicilio (art. 14 Cost.). L’inviolabilità di questi diritti lascia il posto alle esigenze investigative dell’autorità giudiziaria la quale potrà procedere solo attraverso un decreto motivato, concetto ribadito più volte anche dalla giurisprudenza, in particolare dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione le quali hanno sancito il principio di diritto secondo cui “il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti” (Cass. SS.UU. sent. n. 36072/2018).

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2. Sequestro conservativo

Il sequestro conservativo rientra nei binari delle misure cautelari reali ed ha una finalità prevalentemente economica.
Questo è stato oggetto di modifiche in seguito all’entrata in vigore della riforma Cartabia.
Lo rinveniamo nell’art. 316 c.p.p., a norma del quale “se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato, il pubblico ministero, in ogni stato e grado del procedimento, chiede il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili dell’imputato o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento“. Prima della riforma, erano previste nella norma anche le garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, ora rimosse.
Naturalmente, il sequestro conservativo giova anche alla parte civile regolarmente costituita nel processo penale, che può far valere le sue ragioni risarcitorie nei confronti dei beni dell’imputato sequestrati e la relativa richiesta può essere chiesta direttamente dalla stessa parte civile.
Se, però, l’imputato (o il responsabile civile) offre cauzione idonea a garantire i crediti, il giudice dispone, ex art. 319 c.p.p., che non si faccia luogo al sequestro conservativo.
Oggetto di modifica è stato anche l’art. 320 c.p.p., il quale ora dispone “il sequestro conservativo si converte in pignoramento quando diventa esecutiva la sentenza che condanna l’imputato e il responsabile civile“, fatto salvo quanto disposto dall’art. 539, co. 2-bis c.p.p..
Al riguardo, la Cassazione ha sancito che “in tema di sequestro conservativo dei beni dell’imputato richiesto dalla parte civile, ai fini del ‘periculum in mora’ occorre valutare esclusivamente la garanzia patrimoniale del destinatario del provvedimento cautelare, mentre non rileva la eventuale garanzia patrimoniale offerta dal responsabile civile, la cui condanna alla restituzione ed al risarcimento del danno è solo eventuale e in solido, a condizione che venga riconosciuta la sua responsabilità” (Cass. sent. n. 14637/2018).

3. Sequestro preventivo

Il sequestro preventivo, infine, ha una finalità di protezione.
Anch’esso misura cautelare reale, è disciplinato dall’art. 321 c.p.p. il quale dispone che “quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato“.
Se le condizioni richieste sono mancanti, il sequestro è immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero o dell’interessato.
Inoltre, nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro è disposto con decreto motivato dal pubblico ministero.
L’imputato può comunque proporre richiesta di riesame a norma dell’art. 322 c.p.p. e, in ogni caso, con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, ancorché soggetta a impugnazione, il giudice ordina che le cose sequestrate siano restituite a chi ne abbia diritto (art. 323 c.p.p.).
Le Sezioni Unite si sono pronunciate anche al riguardo sancendo che “la mancata tempestiva proposizione, da parte dell’interessato, della richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare reale non ne preclude la revoca per la mancanza delle condizioni di applicabilità, neanche in assenza di fatti sopravvenuti; ne consegue che è ammissibile l’appello cautelare avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca, non potendosi attribuire alla mancata attivazione del riesame la valenza di una rinuncia all’impugnazione” (Cass. sent. n. 46201/2018).

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Riccardo Polito

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