ABSTRACT
Il presente contributo esamina le connessioni tra il procedimento autorizzativo unico per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica (di potenza superiore a 300 MW termici) coordinato dal Ministero dello Sviluppo Economico ai sensi della legge 9 aprile 2002, n. 55, con particolare riferimento a quelli installati all’interno delle raffinerie di petroli, e il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) di competenza statale rilasciata ai sensi del decreto legislativo n. 59 del 18 febbraio 2005.
In particolare, vengono esaminati gli aspetti emersi a seguito di recenti sentenze della Corte Costituzionale, del Consiglio di Stato e dei TAR anche in relazione al diritto di accesso del pubblico all’informazione ambientale .
PREMESSA
Sia le raffinerie di petrolio che gli impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW sono soggetti al rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (di seguito AIA) di competenza statale ai sensi del decreto legislativo n. 59 del 18 febbraio 2005; per le raffinerie di petrolio (categoria IPPC 1.2 –Integrated Pollution Prevention and Control- sono state pubblicate le linee guida BAT –Best Aivalable Techniques- con decreto 29 gennaio 2007[1].
La costruzione e l’esercizio delle centrali elettriche (di potenza superiore a 300 MW termici) vengono autorizzate con procedimento unico coordinato dal Ministero dello Sviluppo Economico (già Ministero delle Attività Produttive) ai sensi della legge 9 aprile 2002, n. 55.
Le AIA di competenza statale sono rilasciate a seguito di Conferenza di Servizi (cfr. art. 5, comma 10, del decreto n. 59/2005 – di seguito decreto AIA-IPPC-) convocata dal Ministero dell’Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare, in qualità di Autorità competente, ai sensi della legge 7 agosto 1991, n. 241 e s.m.i..
I gestori delle raffinerie di petrolio sono soggetti alla presentazione del rapporto di sicurezza ai sensi del decreto legislativo n. 334 del 17 agosto 1999 e s.m.i.( di seguito decreto Seveso)[2] ; tale decreto – che ha recepito la direttiva 96/82/CE -, come modificato dal decreto legislativo 21 settembre 2005, n.238 – che ha recepito la direttiva 2003/105/CE -, stabilisce che il gestore degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante deve adottare tutte le misure idonee a prevenire gli incidenti rilevanti e a limitarne le conseguenze per l’uomo e per l’ambiente nel rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza ed igiene del lavoro e di tutela della popolazione e dell’ambiente.
Con la sentenza n.399 del 1 dicembre 2006, la Corte Costituzionale ha sancito il diritto di accesso del pubblico all’”informazione ambientale”, come stabilito dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 che ha recepito la direttiva comunitaria 2003/4/CE del Parlamento e del Consiglio del 28 gennaio 2003.
1) ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 96/61/CE RELATIVA ALLA PREVENZIONE E RIDUZIONE INTEGRATE DELL’INQUINAMENTO
Il decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59[3] disciplina il rilascio, il rinnovo e il riesame dell’AIA degli impianti di cui all’allegato I (quelli di competenza statale sono indicati nell’allegato V) nonché le modalità di esercizio degli impianti medesimi, ai fini del rispetto dell’autorizzazione integrata ambientale; tale autorizzazione sostituisce ad ogni effetto ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere in materia ambientale previsti dalle disposizioni di legge e dalle relative norme di attuazione, fatte salve le disposizioni di cui al decreto Seveso.
Al riguardo, si evidenziano i legami tra il procedimento di valutazione di impatto ambientale (di seguito VIA), l’AIA , che non può essere comunque rilasciata prima della VIA, e il procedimento di valutazione del rapporto di sicurezza ex art. 21 del decreto Seveso, con particolare riferimento a quanto disposto dallo sesso decreto in caso di modifica con aggravio del preesistente livello di rischio (art. 10, comma 2, lettera c).
Ai fini del rilascio dell’AIA per gli impianti di competenza statale, il Ministero dell’Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare, in qualità di Autorità competente, convoca apposite Conferenze di Servizi alle quali sono invitate le amministrazioni competenti in materia ambientale, i Ministeri della salute, dello sviluppo economico, dell’interno nonché il Presidente de comitato tecnico regionale istituito ai sensi dell’art. 19 del decreto Seveso.
2) ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 2003/4/CE SULL’ INFORMAZIONE AMBIENTALE
Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195[4], che ha recepito la direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico –
una o più persone, fisiche o giuridiche, e le associazioni, le organizzazioni o gruppi di persone fisiche o giuridiche – all’informazione ambientale e alla sua diffusione, stabilisce i principi generali per garantire il diritto d’accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche e per definire, ai fini della più ampia trasparenza, i termini, le condizioni fondamentali e le modalità per il suo esercizio.
Con sentenza n. 399 del 1 dicembre 2006[5], la Corte Costituzionale ha stabilito che la disciplina delle informazioni in tema di ambiente non appartiene alla materia “tutela dell’ambiente”, di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art.117, secondo comma, lettera s), Cost. ma si inserisce nel vasto ambito della tutela del diritto di accesso del pubblico ai documenti amministrativi. Ciò non vale tuttavia ad escludere la competenza legislativa dello Stato in materia, giacchè l’accesso ai documenti amministrativi attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, di cui all’art.117, secondo comma, lettera m), Cost. In questo senso si esprime l’art.22, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n.241 e s.m.i. che fa salva “
la potestà delle regioni e degli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela”.
Dalla norma costituzionale e dalla legge statale citate emerge un sistema composito di tutela del diritto all’accesso, che si articola nella necessaria disciplina statale dei livelli essenziali e nella eventuale disciplina regionale o locale di livelli ulteriori. Su questi presupposti, la sentenza argomenta che si deve escludere che non spettasse allo Stato dare attuazione alla direttiva comunitaria 2003/4/CE in materia di informazione ambientale, proprio perché sullo Stato incombe il dovere di fissare i livelli essenziali di tutela, validi per l’intero territorio nazionale, anche in questo settore.
3) COSTRUZIONE ED ESERCIZIO DELLE CENTRALI ELETTRICHE
La legge 9 aprile 2002, n. 55[6] si pone il fine di evitare il pericolo di interruzione di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale, sino alla determinazione dei principi fondamentali della materia in attuazione dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
Ai sensi della legge in argomento, la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi, sono dichiarati opere di pubblica utilità e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico), la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, costituendo titolo a costruire e ad esercire l’impianto in conformità al progetto approvato.
L’autorizzazione de qua è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, svolto con Conferenza di Servizi nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i., d’intesa con la Regione interessata; essa indica le prescrizioni e gli obblighi di informativa posti a carico del soggetto proponente per garantire il coordinamento e la salvaguardia del sistema elettrico nazionale e la tutela ambientale, nonché il termine entro il quale l’iniziativa è realizzata.
I gestori degli impianti destinati alla produzione di energia e calore – impianti funzionanti in assetto cogenerativo che comportano emissioni di gas ad effetto serra- hanno l’”obbligo di presentare all’autorità nazionale competente domanda di autorizzazione ad emettere gas serra” (art. 5, comma 1, del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 2006
[7].
Il principio generale in materia di ottemperanza alle prescrizioni poste con i decreti autorizzativi è quello per cui ciascuna Amministrazione è responsabile circa il rispetto delle prescrizioni da essa imposte, fatta salva la comunicazione dell’esito finale di tale verifica al competente Ministero sviluppo economico, al fine dell’adozione delle necessarie azioni di coordinamento. Per il riesame dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 17, comma 4, del decreto AIA-IPPC e della lettera d) dell’art. 9, comma 4, si deve tenere presente “Fino al recepimento della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, tale autorizzazione comprende l’autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le singole autorizzazioni ambientali di competenza delle Amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali. L’esito positivo della VIA costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio” (art. 1, comma 2).(cfr. sentenza TAR Puglia n. 171/2004 e sentenza Consiglio di Stato n.7387 /2005).
Con sentenza n. 5481 del 5 luglio 2005, il TAR LAZIO –Sez.II – ha precisato che il D.L. n. 7 del 7.2.2002, nel testo modificato in sede di conversione con la L. n. 55/2002, ha introdotto una normativa speciale derogatoria delle ordinarie competenze amministrative nella materia. Esso, all’art. 1, c. 3, ha individuato, tra i soggetti da coinvolgere nell’espletamento della Conferenza di Servizi, il Comune nel cui territorio devono essere realizzate le opere previste in progetto, nonché la provincia interessata, individuata sulla base del medesimo criterio territoriale. Gli interessi delle popolazioni residenti nei territori dei Comuni limitrofi a quello nel cui territorio ricadono le opere, sono adeguatamente tutelati dalla partecipazione di Provincia e Regione. La locuzione “Amministrazioni interessate” di cui all’articolo 1, comma 2, non può pertanto legittimamente estendersi ai comuni limitrofi (fattispecie relativa alla conversione a carbone della centrale elettrica di Civitavecchia, la cui ricaduta di emissioni inquinanti, secondo la prospettazione attorea, avrebbe inevitabilmente interessato il territorio dei comuni limitrofi).
Con sentenza n. 140 del 27 aprile 2007[8], la Corte Costituzionale ha sancito la costituzionalità dell’art. 1 del decreto- legge n. 7 del 2002, convertito dalla legge n. 55 del 2002.
Al riguardo, nella sentenza viene precisato che “ Secondo l’art. 1, comma 1, del citato decreto-legge, emanato in conformità con la direttiva n. 96/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 dicembre 1996, (concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica), attuata con il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, «la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi, sono dichiarati opere di pubblica utilità e soggetti ad una autorizzazione unica rilasciata dal Ministero delle attività produttive, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti [….] costituendo titolo a costruire e ad esercitare l’impianto in conformità al progetto approvato». Per effetto del comma 2, l’autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata «a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, d’intesa con la regione interessata». Il procedimento seguito nel caso di specie s’inquadra perfettamente nella formulazione della norma denunciata che parla di «procedure e […] provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica», proprio per indicare quel procedimento complesso, in ragione del coinvolgimento di più soggetti pubblici, il quale si conclude con i provvedimenti specifici riguardanti le singole modalità attuative degli interventi inerenti gli impianti in questione.
La norma censurata, d’altronde, è conforme all’orientamento espresso nelle sentenze n. 204 del 2004 e, soprattutto, n. 191 del 2006 di questa Corte. Secondo tali pronunce, l’art. 103 Cost., pur non avendo conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, gli ha riconosciuto il potere di indicare «particolari materie» nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe «anche» diritti soggettivi. Deve trattarsi tuttavia, di materie determinate nelle quali la pubblica amministrazione agisce nell’esercizio del suo potere.
La richiamata giurisprudenza di questa Corte esclude, poi, che la giurisdizione possa competere al giudice ordinario per il solo fatto che la domanda abbia ad oggetto esclusivo il risarcimento del danno (sentenza n. 191 del 2006). Il giudizio amministrativo, infatti, in questi casi assicura la tutela di ogni diritto: e ciò non soltanto per effetto dell’esigenza, coerente con i princípi costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l’intera protezione del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica, ma anche perché quel giudice è idoneo ad offrire piena tutela ai diritti soggettivi, anche costituzionalmente garantiti, coinvolti nell’esercizio della funzione amministrativa”.
Nella stessa sentenza, La Corte Costituzionale precisa “Peraltro, l’orientamento – espresso dalle Sezioni unite della Corte di cassazione – circa la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in presenza di alcuni diritti assolutamente prioritari (tra cui quello alla salute) risulta enunciato in ipotesi in cui venivano in considerazione meri comportamenti della pubblica amministrazione, e pertanto esso è coerente con la sentenza n. 191 del 2006, con la quale questa Corte ha escluso dalla giurisdizione esclusiva la cognizione del risarcimento del danno conseguente a meri comportamenti della pubblica amministrazione. Nel caso in esame, invece, si tratta di specifici provvedimenti o procedimenti «tipizzati» normativamente.
Deve, dunque, concludersi che legittimamente la norma censurata ha riconosciuto esclusivamente al giudice naturale della legittimità dell’esercizio della funzione pubblica poteri idonei ad assicurare piena tutela, e quindi anche una tutela risarcitoria, per equivalente o in forma specifica, per il danno asseritamente sofferto anche in violazione di diritti fondamentali in dipendenza dell’illegittimo esercizio del potere pubblico da parte della pubblica amministrazione.
4) CONCLUSIONI
Il controllo del rispetto delle condizioni poste nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi della legge n. 55/2002 e nelle AIA , comprensive delle prescrizioni indicate a conclusione della VIA e del procedimento di valutazione del rapporto di sicurezza per le attività soggette alla normativa Seveso, impone l’adozione di procedure di raccordo istituzionale per lo svolgimento di procedimenti in capo a diverse amministrazioni afferenti lo stesso stabilimento e/o impianto.
In ogni caso, si ritiene che debbono essere favorite tutte le azioni tese ad agevolare il rapporto con i gestori (art.21, comma 5,del decreto Seveso e art. 5, comma 8, del decreto AIA-IPPC) e con la popolazione interessata per l’attuazione di quanto previsto dalle direttive comunitarie in materia di informazione ambientale al pubblico, consultazione della popolazione, sicurezza dei cittadini e dei lavoratori degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante (es. raffinerie di petrolio).
La corretta informazione dei cittadini e dei lavoratori costituisce il presupposto per l’esercizio dei diritti espressamente riconosciuti dalla normativa nazionale emanata in recepimento di direttive comunitarie.
[1] Decreto del Ministero dell’Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare 29 gennaio 2007 recante “Emanazione linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, in materia di raffinerie, per le attività elencate nell’allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 (pubblicato in S.O.G.U. n. 125 del 31/05/2007).
[2] Decreto legislativo n. 334 del 17 agosto 1999 recante “Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose “ (in G.U.S.O. n. 228 del 28/09/1999).
[3] Decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59 recante “Attuazione Integrale della Direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento” (in G.U. n. 93 del 22 aprile 2005 – S.O. n. 72 -).
[4] Decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 recante “ Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale “ (in G.U. n. 222 del 23 settembre 2005).
[5] Sentenza nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3,4,5,8 e 12 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, promosso con ricorso della Regione Friuli Venezia Giulia.
[6] Legge 9 aprile 2002, n. 55 recante “Misure urgenti per garantire la Sicurezza del Sistema Elettrico Nazionale” (in G.U. n. 84 del 10 aprile 2002).
[7] Decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216 recante “ Attuazione delle direttive 2003/87 e 2004/101/CE in materia di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, con riferimento ai meccanismi di rogetto del protocollo di Kyoto” (pubblicato in G.U. n. 140 del 19/06/2006).
[8] Sentenza nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art.1, comma 552, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato- legge finanziaria 2005) promosso con ordinanza del 16 marzo 2005 del Tribunale di Civitavecchia.
[9] Dirigente Area Rischi Industriali – Ministero Interno – Dipartimento dei Vigili del Fuoco, Soccorso Pubblico e Difesa Civile
Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento