Massima |
C’è la responsabilità del legale rappresentante di una impresa edile (appaltatrice di lavori) per l’infortunio occorso ad un prestatore di lavoro, il quale, allo scopo di riparare una breccia sul muro di un edificio (che si trovava a circa 7 mt. dal suolo) era montato sopra una scala – precaria – in alluminio estensibile, precipitando, così, al suolo, a causa della instabilità del terreno. |
1. Premessa
Nella decisione in commento del 13 dicembre 2012, n. 48228 i giudici della Corte di Cassazione, nella quarta sezione penale, hanno precisato che il comportamento del prestatore di lavoro avventato ed esorbitante rispetto quelle che sono le normali attribuzioni, porta alla interruzione del cd. nesso di causalità, ponendosi come serie causale autonoma rispetto alla precedente condotta del datore di lavoro, il quale non abbia adempiuto ai proprio obblighi (1).
Al contrario il comportamento, pur sempre avventato, del prestatore di lavoro posto in essere mentre lo stesso è dedito al lavoro che gli sia stato affidato e che, quindi, non esorbita da ciò che gli compete, può essere invocato come imprevedibile oppure quale abnorme, solamente nel caso in cui il datore di lavoro abbia adempiuto a tutti gli obblighi posti a proprio carico in materia antinfortunistica.
2. La fattispecie
L’imputato, nel proprio ricorso in cassazione, ha riproposto la critica svolta avverso la sentenza di primo grado, soddisfatta dalla corte territoriale.
Per quanto concerne il comportamento abnorme del prestatore di lavoro, i giudici di legittimità hanno precisato che il nesso di causalità tra omissione colposa, evento lesivo e conseguenti lesioni, non viene spezzato da nessun elemento esterno oppure comportamento imprevedibile del lavoratore stesso o di terzi.
Nel caso concreto l’infortunio è occorso durante una fase ordinaria di lavoro.
.. “Anche se può assumersi come possibile che allo stesso possa aver concorso una manovra erronea del lavoratore deve escludersi, secondo la logica comune, che nel caso in esame una tale manovra possa considerarsi avulsa dalle mansioni lavorative svolte, abnorme e, pertanto, imprevedibile da parte del soggetto tenuto alla garanzia. Esattamente al contrario dell’assunto trattasi, invece, di una lesione fisica occorsa nell’esercizio e a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa, come tale del tutto prevedibile e prevenibile”.
Nella decisione in commento si legge, ancora, testualmente che ……… “Può sul punto richiamarsi, fra le ultime, la sentenza di questa Sezione del 28/4/2011, n. 23292, in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità (tra le tante, v. Sez. 4, 10 novembre 2009, n. 7267; Sez. 4, 17 febbraio 2009, n. 15009; Sez. 4, 23 maggio 2007, n. 25532; Sez. 4, 19 aprile 2007, n. 25502; Sez. 4, 23 marzo 2007, n. 21587; Sez. 4, 29 settembre 2005, n. 47146; Sez. 4, 23 giugno 2005, n. 38850; Sez. 4, 3 giugno 2004), la quale ha precisato che la colpa del lavoratore, eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti a osservarne le disposizioni, non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poichè l’esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l’evento morte o lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento; abnormità che, per la sua stranezza e imprevedibilità si ponga al di fuori delle possibilità di controllo dei garanti”.
3. Conclusioni
Nella decisione in commento la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.
4. Giurisprudenza
In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, le norme dirette ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso;
il datore di lavoro è responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente; l’esonero totale dell’imprenditore da ogni responsabilità si verifica quando il comportamento posto in essere dal dipendente infortunatosi presenta i caratteri della abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo “tipico” e alla direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento; l’onere del datore di lavoro di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno è assolto con la dimostrazione che il lavoratore preposto ad una determinata operazione sia un soggetto di indubbia professionalità e con specifiche conoscenze dei sistemi di sicurezza, sì da non rendersi necessaria una sorveglianza assidua da parte del datore di lavoro o di altri dipendenti. Cass. civ., sez. lav., 13 giugno 2012, n. 9661
Il datore di lavoro che in violazione delle norme dettate per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ometta di apprestare le dovute cautele per garantire la sicurezza dei suoi dipendenti, risponde, a titolo di colpa, delle lesioni personali dagli stessi riportate nello svolgimento dell’attività cui siano addetti. Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro violi le norme poste a garanzia della sicurezza sul lavoro, neppure l’eventuale colpa del lavoratore è idonea ad escluderne la responsabilità trattandosi di norme dirette a tutelare il lavoratore contro gli incidenti ascrivibili alla sua negligenza, imperizia o imprudenza. Trib. Campobasso, 21 marzo 2011, n. 44
La responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. – in base al quale il potere imprenditoriale, volto alla massimizzazione della produzione, incontra un’imprescindibile limite nella necessità di non arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana e nel far sì che nell’attività richiesta ai dipendenti venga predisposta una serie di misure, oltre quelle legali, che appaiono utili ad impedire l’insorgere o l’ulteriore deteriorarsi di situazioni patologiche idonee a causare effetti dannosi alla salute del lavoratore – ha natura contrattuale”. In sede processual-probatoria, l’obbligo di sicurezza inteso come obbligo a carattere contrattuale, avvantaggia il lavoratore rispetto ad una lettura in chiave extracontrattuale della responsabilità ex art.2087cc.: infatti, “una volta che il lavoratore ha provato, oltre il danno ed il nesso causale, l’inadempimento del datore di lavoro consistito nella mancata attuazione di tutte le misure necessarie, compreso l’adeguamento dell’organico, volte ad assicurare livelli compensativi di produttività senza tuttavia compromettere l’integrità psicofisica dei lavoratori soggetti al suo potere organizzativo di dimensionamento delle strutture aziendali, incombe sul datore l’onere di provare che l’evento lesivo è dipeso da un fatto a lui non imputabile e cioè, da un fatto che si presenti abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive impartite”. Cass. civ., 5 febbraio 2000
Il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore o che sia stato posto in essere da quest’ultimo del tutto autonomamente in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – o che rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto non abnorme, ma al più imprudente, l’uso di un carrello inidoneo da parte del lavoratore nell’esercizio delle mansioni affidategli, non essendo imprevedibile che un lavoratore, incaricato di sistemare dei rotoli di tessuto di particolare altezza, e quindi particolarmente ingombrante se posati orizzontalmente, possa decidere di metterli in posizione verticale). Cass. pen., sez. IV, 5 febbraio 1997, n. 952
Manuela Rinaldi
Avvocato foro Avezzano Aq – Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale e Master; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq; Docente in Master e corsi di Alta Formazione per aziende e professionisti.
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(1) Sul punto cfr. Cass. civ. n. 19494/2009.
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