Il sistema dei controlli interni delle aziende sanitarie

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Quadro normativo di riferimento

Il decreto legislativo 502/1992 ha delineato il sistema di controllo sugli atti, sugli organi e sulle attività delle aziende sanitarie distinguendo i controlli esterni esercitati principalmente dalla regione e dalla Corte dei Conti da quelli interni esercitati principalmente dal direttore generale e dal collegio sindacale. In relazione all’oggetto del controllo:

  • i controlli sugli atti sono diretti a valutare la legittimità o l’opportunità di un atto amministrativo;
  • i controlli  sulle  attività sono attuati       per verificare i risultati raggiunti in termini di efficienza ,efficacia ed economicità;
  • i controlli sui soggetti sono diretti a valutare l’operato delle persone preposte agli uffici e la funzionalità di un

Ai sensi degli artt. 2 e 8 del Dlgs 502/92 spetta alla regione disciplinare le modalità  di vigilanza e controllo delle aziende sanitarie; questo concetto e’ stato rafforzato dalla riforma costituzionale del titolo V che riserva alle regioni specifiche funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera. In particolare nel comma 2 dell’art. 2 si affida alla regione la determinazione delle attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle aziende sanitarie, anche in relazione al controllo di gestione ed alla valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie. Ulteriori attività di controllo regionale consistono:

59 Descrizione delle modalità attraverso le quali si attuano le attività di verifica (documentazioni, riunioni, interviste, ecc).58 Valutazione sull’efficacia delle azioni poste in essere dall’amministrazione relativamente ai risultati conseguiti nel precedente ciclo della performance. Analisi dell’effettiva utilità della misurazione della performance per il progressivo miglioramento della gestione

  • nella possibilità di risoluzione del contratto del direttore generale in caso di grave disavanzo, violazione di leggi o dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione;
  • nel monitoraggio sulla definizione ed il rispetto degli accordi contrattuali di cui all’art. 8 quinquies da parte delle strutture sanitarie accreditate60 ;
  • nella possibilità di commissariamento o di revoca dell’autonomia aziendale nel caso in cui si verifichino ingiustificati disavanzi di gestione o la perdita delle caratteristiche strutturali e di attività prescritte ad esclusione delle università alle quali è riconosciuta una propria

A queste attività di controllo si aggiungono le verifiche per tutte le strutture pubbliche del SSN del rispetto degli indirizzi di programmazione regionale. Il risultato di tale verifica rappresenta un ulteriore elemento di conferma degli incarichi di direttore generale; in questa ottica anche il raggiungimento degli obiettivi dei direttori di dipartimento e dei dirigenti di struttura complessa oltre ad essere elemento di verifica per la conferma degli incarichi è presupposto per la corresponsione degli incentivi di risultato al personale con funzioni dirigenziali dipendente dalle aziende interessate. Infine la regione svolge i controlli sulla modalità di svolgimento dell’attività libero professionale anche in relazione all’obiettivo di ridurre le liste di attesa. In sostanza le regioni attraverso l’attività di vigilanza e di controllo sull’operato delle aziende sanitarie assicurano l’uso corretto ed efficace delle risorse prendendo a parametro i valori standard nazionali o locali relativi alla qualità, all’appropriatezza, alla accessibilità ed ai costi.

Ciò premesso appare evidente che il sistema di controllo e monitoraggio delle  aziende sanitarie trova fondamento nei documenti di programmazione regionale di Piano Sanitario Regionale61 che si traduce in una serie di obiettivi annuali da raggiungere per il sistema sanitario e per i direttori generali delle Asl e i piani attuativi o strategici locali, adottati dalle Asl e dalle Aziende Ospedaliere. Attualmente le regioni presentano sotto questo aspetto diversi gradi di sviluppo: alcune regioni come la Lombardia e la Toscana hanno un PSR molto aggiornato,  altre come il Lazio, la Campania e la Puglia dispongono di un PSR abbastanza recente, altre ancora si basano su piani sanitari piuttosto datati. Tutte le regioni individuano però obiettivi annuali del SSR62 in vari documenti adottati annualmente o per un triennio e con deliberazione della giunta regionale assegnano ai direttori generali obiettivi annuali sui quali determinare l’incentivazione economica.

Le regioni molto più che in passato    partecipano e governano questo processo di programmazione e controllo direzionale che si snoda essenzialmente in tre fasi:

impostazione del bilancio di previsione, esplicitazione degli obiettivi regionali ai Direttori Generali delle Asl e delle A.O. e loro condivisione;

monitoraggio periodico trimestrale del conto economico (CE);

verifica finale a consuntivo.

Il processo è condiviso quando le regioni permettono ai direttori generali di discutere e negoziare sugli obiettivi, altrimenti risulta come una comunicazione in qualche modo impositiva quando il rapporto regione/direttori generali è di tipo discendente63 . Nella fase di monitoraggio, che prevede una verifica formale sui rendiconti trimestrali, i direttori generali sono spesso coinvolti con incontri periodici per discutere di problematiche emergenti.

Il decreto 229/99 prevede la redazione da parte delle regioni di una relazione annuale sullo stato sanitario e sui risultati di gestione: questo adempimento a cui le regioni attribuiscono scarso rilievo è invece eseguito più frequentemente dalle singole aziende sanitarie che tendono a pubblicare la loro relazione annuale o il loro bilancio sociale sul proprio sito web.

Le variabili che le regioni sono interessate a monitorare con attenzione sono la spesa per il personale, la spesa farmaceutica e gli acquisti di beni e servizi che costituiscono le principali voci di bilancio; alcune regioni hanno predisposto anche dei piani di rientro dai deficit aziendali. I principali strumenti per il controllo di gestione a livello aziendale resi possibili con il passaggio dalla contabilità finanziaria alla contabilità economico-patrimoniale sono costituiti dalla contabilità analitica per centri di costo e responsabilità, dal sistema di budgeting e dal monitoraggio delle prescrizioni farmaceutiche dei medici di base.

Inoltre il Dlgs 502/92 nell’articolo 4 prevede l’obbligo per le ASL di esporre nell’ambito del bilancio aziendale la contabilità separata per i singoli presidi ospedalieri costruita per costi e ricavi: questa ulteriore disposizione consente un controllo finalizzato ad evidenziare eventuali situazioni di squilibrio economico dei presidi e quindi valutare la convenienza a produrre in gestione diretta prestazioni di ricovero e specialistiche rispetto alla scelta di acquistare tali prestazioni da altri erogatori pubblici o privati accreditati.

Sistema informativo sanitario regionale e strutturazione organizzativa

Il sistema informativo rappresenta lo strumento più idoneo allo sviluppo di fondamentali capacità di governo: la programmazione, il controllo, la valutazione dei risultati , la scelta tra alternative possibili e l’assunzione di decisioni dipendono dalle conoscenze messe a disposizione dal sistema informativo; dati sulle prestazioni, sulla spesa, caratteristiche degli assistiti, distribuzione dei farmaci, mobilità interregionale ed extra-regionale dei pazienti, tempi di attesa per le prestazioni specialistiche ambulatoriali, esenzioni dal ticket per patologie costituiscono quegli elementi sui quali, nella fase di pianificazione strategica, è possibile determinare i limiti interni ed esterni. Da questo può dipendere in sostanza lo stile di governance delle regioni, il coinvolgimento e la partecipazione delle aziende sanitarie.

Per quel che concerne la struttura organizzativa preposta al governo del SSR, la Regione Lazio si struttura in una Direzione Regionale salute ed integrazione socio sanitaria e in una Cabina di Regia. Le competenze della direzione generale sono estese :

alla cura del governo tecnico ed economico finanziario del sistema sanitario;

alla pianificazione e organizzazione del sistema sanitario regionale;

  • all’attuazione e regolamentazione dei livelli essenziali di assistenza per quanto di propria competenza;
  • all’elaborazione e monitoraggio dei programmi di ricerca;
  • all’elaborazione di direttive per la predisposizione dei budget e dei piani strategici delle aziende sanitarie, nonché per la predisposizione dei bilanci di esercizio;
  • alla definizione di sistemi e modalità di remunerazione dei soggetti accreditati;
  • alla cura del governo della spesa farmaceutica e alla attività connessa alla farmacovigilanza;
  • all’attività di monitoraggio e controllo di gestione della spesa sanitaria mediante elaborazione di direttive in materia di contabilità generale e

Le competenze della Cabina di Regia sono estese:

  • alla verifica dell’attuazione delle politiche regionali e del programma di governo in accordo con le strutture dipartimentali ai fini del miglioramento della qualità e dell’efficienza degli interventi posti in essere per la razionalizzazione e la riqualificazione delle spese del SSR;
  • al monitoraggio   della   realizzazione    degli   interventi      previsti             da       leggi, regolamenti e atti adottati dalla giunta nelle modalità previste dagli atti stessi;
  • all’analisi successiva dell’impatto di tali interventi;
  • alla verifica se e in quale misura gli obiettivi prefissati sono stati perseguiti e i risultati attesi sono stati raggiunti;
  • alla presentazione alla giunta di relazioni articolate periodiche sulle risultanze di tali attività di analisi con l’individuazione delle criticità più

Controlli di qualità

L’art. 10 del D.Lgs 502/1992 prescrive che i soggetti erogatori di prestazioni sanitarie devono garantire la qualità dell’assistenza attraverso l’adozione di adeguati modelli organizzativi ed adeguati flussi informativi; a tale scopo quindi è necessario che le aziende sanitarie provvedano alla verifica ed alla revisione della qualità e delle quantità delle prestazioni, nonché al loro costo. Spetta alla regioni mediante i propri servizi ispettivi, nell’esercizio dei poteri di vigilanza di cui all’articolo 8 del succitato decreto, verificare il rispetto delle disposizioni in materia di requisiti minimi e classificazione delle strutture erogatrici con particolare attenzione alla introduzione e alla utilizzazione dei sistemi di sorveglianza, di strumenti e di metodologie per la verifica di qualità dei servizi e delle prestazioni da parte delle aziende sanitarie. Al Ministero della Salute compete invece :

  • l’esercizio dei poteri di alta vigilanza;
  • stabilire, con decreto emanato d’intesa con la Conferenza Stato – Regioni e sentiti gli organi e collegi competenti, contenuti e modalità di utilizzo degli indicatori di efficienza e qualità;
  • riferire riguardo alle verifiche dei risultati conseguiti nel corso della relazione sullo stato sanitario del Paese .

Gli indici qualitativi e quantitativi individuati, presi in considerazione dalle aziende sanitarie e dai loro sistemi informativi,  devono  essere  ritenuti determinanti anche per quanto concerne i rapporti fra soggetti pubblici e privati e per quel che riguarda i contratti di lavoro.

Per quanto concerne la Regione Lazio, il sistema regionale dei controlli esterni è strutturato sulla base delle disposizioni legislative di cui alla DGR 996/2001 a alla successiva DGR 1178 del 14 novembre 2003 che approvando un documento sul sistema dei controlli esterni, ha instaurato una stretta integrazione funzionale tra l’Agenzia di Sanità Pubblica e le ASL della regione. All’Agenzia di Sanità Pubblica sono affidati precisi compiti ovvero coordinare il sistema regionale dei controlli esterni; gestire il sistema informativo dei controlli ; aggiornare annualmente gli eventi oggetto dei controlli analitici; sperimentare metodologie e strumenti per l’attività di controllo; svolgere adeguata attività di formazione. Nell’ambito di tale sistema, i controlli analitici vengono svolti in maniera mirata su una serie di eventi individuati annualmente a livello regionale. Per alcuni di questi eventi l’Agenzia calcola periodicamente degli specifici indicatori al fine di favorire l’attività di campionamento.

Oltre a questi controlli mirati, possono essere effettuati anche dei controlli liberi che possono interessare specifici eventi individuati dalle ASL. I controlli analitici di congruità e di appropriatezza riguardano sia i ricoveri per acuti che quelli di riabilitazione: i controlli di congruità sono rivolti a valutare l’effettiva  corrispondenza tra le informazioni codificate nella scheda di dimissione ospedaliera e quanto documentato nella cartella clinica; i controlli di appropriatezza, invece, valutano se il livello assistenziale di erogazione delle prestazioni sia quello che permette l’uso più efficiente delle risorse, quindi riguardano l’appropriatezza organizzativa. 64 Per le valutazioni di appropriatezza gli strumenti utilizzati sono :

  • il PRUO (Protocollo di revisione dell’utilizzo dell’ospedale)65 relativamente ai ricoveri ordinari per acuti e per i ricoveri in day hospital;
  • i criteri di erogazione previsti dalla normativa regionale (DGR 713/2000 e successive modifiche e integrazione).

I controlli analitici di appropriatezza in riabilitazione riguardano i ricoveri prolungati (con degenza superiore ai 90 giorni ) ed i ricoveri in day hospital. Nella Regione Lazio è attivato il Sistema Informativo dei controlli (SIC) che permette la raccolta a livello centrale dei dati relativi alla tipologia, ai risultati ed alle conseguenze economiche di tutti i controlli analitici effettuati. Il SIC integra il sistema informativo ospedaliero SIO-SIAS-SIES66 e permette un’analisi e una valutazione dell’andamento delle attività.

Controlli della Corte dei Conti.

Ai sensi della Legge Finanziaria n. 266 del 23/05/2005 le sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti verificano, sulla base delle relazioni dei rispettivi organi di revisione, il rispetto da parte di province, comuni ed enti del SSN degli obiettivi posti dal patto di stabilità interno e dell’osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall’art. 119 ultimo comma della Costituzione. In caso siano accertati comportamenti difformi da una corretta gestione finanziaria o in caso di mancato rispetto degli obiettivi posti dal patto di stabilità interno, le sezioni della Corte dei Conti adottano una specifica pronuncia e vigilano sull’adozione da parte dell’ente delle necessarie misure correttive sul rispetto dei vincoli e limitazioni stabilite dal patto medesimo.

La Corte definisce i criteri e le linee guida cui devono attenersi gli organi di revisione economico-finanziaria che sono obbligati a trasmettere alle competenti sezioni regionali della Corte dei Conti una relazione sul bilancio di esercizio.

I controlli interni

Il dlgs 150 del 27 ottobre 2009 recante norme sull’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, introduce alcune modifiche rispetto al preesistente quadro dei controlli disciplinato dal Dlgs 286/99. Ai fini della efficienza e della trasparenza delle pubbliche amministrazioni affida i controlli agli organismi indipendenti di valutazione delle performance OIV che devono essere costituiti presso ciascuna amministrazione e che sostituiscono i servizi di controllo interno comunque denominati di cui al Dlgs 286/99, esercitando le attività di controllo strategico. Al direttore generale rimane comunque attribuita la verifica della corretta gestione economica delle risorse mediante valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati. Nell’espletamento di questa attività il direttore generale può avvalersi di una apposita unità organizzativa di staff operante alle dirette dipendenze della direzione generale e di tutti gli strumenti di gestione aziendale quali la contabilità analitica, il sistema di budgeting, nuclei di valutazione interni ecc.

Il collegio sindacale quale organo fondamentale in materia di controllo interno degli atti delle aziende sanitarie, è tenuto ad esprimersi periodicamente sulla regolare tenuta della contabilità e la conformità del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili, nonché alle leggi e ai principi contabili. L’obiettivo è quello di verificare l’affidabilità delle informazioni67 e di salvaguardare il patrimonio  mediante scelte di protezione e valorizzazione delle risorse a disposizione dell’azienda sia in senso statico che dinamico.

Per quanto riguarda la gestione del rischio clinico, questa comprende una serie di attività volte ad identificare ed eliminare i rischi reali e potenziali all’interno delle strutture sanitarie allo scopo di assicurare qualità e sicurezza delle prestazioni assistenziali. La preoccupante incidenza di eventi avversi nella pratica clinica ha impegnato le aziende sanitarie a ricercare soluzioni adeguate finalizzate a ridurre la possibilità di errore e ad innalzare il livello di sicurezza delle cure. Le iniziative di gestione del rischio clinico vengono sviluppate in considerazione sia delle direttive regionali che ministeriali68 in tema di qualità e sicurezza e si concretizzano con l’adozione di una serie di procedure e percorsi diagnostico-terapeutici volti a migliorare la gestione del paziente in condizioni critiche e più in particolare nelle sale operatorie e nell’area di emergenza. La prevenzione dell’errore è determinante tanto più se si considera la ricaduta economica che i danni iatrogeni determinano sull’intera collettività, quando la responsabilità giuridica della struttura sanitaria e  dell’operatore sanitario sono sottoposti a giudizio.

Il contenzioso in sede civile legato a questi eventi è in aumento così come sono in aumento gli oneri economici relativi ai risarcimenti. L’onere è assorbito dalle compagnie assicuratrici , ma non completamente, date le circostanze  , mentre i  premi assicurativi tendono ad aumentare visti i meccanismi contrattuali che regolano franchigie e scoperti determinando un impegno economico particolarmente elevato per le strutture pubbliche ed in ultima analisi per la collettività69.

I controlli come strumento di cambiamento

La pubblica amministrazione oggi

L’evoluzione del contesto socio economico della fine del XX secolo ha determinato la trasformazione del modello di stato da “sociale” a “ regolatore” quest’ultimo caratterizzato da una riduzione dell’intervento pubblico allo scopo di lasciare maggior spazio al privato e al non profit. Nell’ambito di tale modello la pubblica amministrazione si caratterizza sulla base di alcuni elementi fondamentali.

  • La sua di legittimazione è la garanzia dell’ordinato sviluppo delle comunità e dei sistemi produttivi, attraverso la correzione dei fallimenti di
  • Pubblico privato e cittadini organizzati partecipano con pari dignità all’elaborazione ed implementazione delle politiche pubbliche secondo un processo di
  • Lo stile decisionale è di tipo
  • I livelli di vertice del personale pubblico sono costituiti da manager invece che da

In tale contesto l’amministrazione pubblica dovrebbe essere in grado di coordinare e governare la società attraverso l’incentivazione di determinati comportamenti da  parte dei vari attori sociali ed economici al fine di garantire il perseguimento dell’interesse pubblico ed in buona sostanza lo sviluppo ordinato della comunità. Nella realtà la situazione presenta un quadro piuttosto confuso in quanto i confini che distinguono le responsabilità pubbliche da quelle private sono approssimativi. L’apparato statale chiamato in causa prepotentemente viene spesso caricato di responsabilità generali ampie e pervasive nonostante la sua incapacità di affrontare adeguatamente le questioni che sono determinate da logiche globali afferenti a situazioni di tipo sociale e all’economia.

La mission

La pubblica amministrazione è in primo luogo un’organizzazione, un’unità sociale in cui le persone interagiscono le une con le altre nell’esercizio di funzioni orientate al conseguimento di uno scopo comune. Lo scopo comune o la mission organizzativa è quindi un elemento di cruciale importanza perché rappresenta la ragione stessa della sua esistenza e al tempo stesso ciò che la distingue dalle altre. La missione è alla base delle strategie e del processo decisionale compresa la valutazione delle azioni e dei risultati. Oggi le pubbliche amministrazioni sono legittimate non più sull’esercizio di una autorità formale, ma sulla propria capacità di soddisfare le istanze della collettività. Ne consegue che è necessario definire con chiarezza quali istanze un’ amministrazione intende soddisfare in uno specifico contesto spazio temporale. Inoltre la mission costituisce presupposto per l’identificazione dei membri e per definire i comportamenti individuali in modo che risultino allineati con gli obiettivi organizzativi. Secondo H.A. Simon l’incontro della volontà individuale con la mission dell’organizzazione definisce il comportamento organizzativo, questo incontro non avviene in modo automatico e se ciò non dovesse accadere si determinerebbe un disallineamento che potrebbe generare un comportamento organizzativo irrazionale.

Si tratta in sostanza di dare ai membri dell’organizzazione la possibilità di  contribuire in qualche modo agli obiettivi aziendali; si tratta di stimolare il coinvolgimento inteso come apprezzamento dell’importanza e del valore del proprio lavoro quotidiano. Così come strutturato l’apparato amministrativo pubblico, gli incentivi materiali restano necessari per stimolare il coinvolgimento del personale pubblico tuttavia la riuscita della mission è strettamente legata alla chiarezza degli obiettivi e alla percezione individuale del leader e del suo gruppo di contribuire al conseguimento dell’obiettivo organizzativo.

Cultura del risultato – cambiamento cognitivo

Le grandi riforme degli anni novanta con le loro architetture razionali e con le loro norme di dettaglio hanno prodotto tutto sommato risultati modesti questo perché solitamente l’approccio diretto non è di per sé sufficiente a garantire il cambiamento, in quanto le riforme in genere finiscono per scontrarsi con la resistenza e l’ opposizione della cultura amministrativa ancorata a schemi rigidi ed impermeabili a qualsiasi innovazione. Per questo è necessario far crescere una cultura diversa dal passato e che non riguarda esclusivamente chi agisce all’interno della pubblica amministrazione , ma tutti coloro che si relazionano con essa e che possono influenzarla: i dipendenti pubblici, i cittadini e tutto l’apparato politico.

I dipendenti pubblici con i loro interessi personali e modalità lavorative particolari, vanno considerati anche come membri di un apparato organizzativo che agiscono e si relazionano tra loro e con l’esterno secondo logiche di sistema .

I cittadini, portatori di interessi individuali, possono rappresentare una forza importante che esprimendo bisogni e attese può orientare le scelte pubbliche . Il cittadino va considerato anche nelle sue forme associative .

La politica con l’apporto sia dei singoli mediante la loro cultura e i loro comportamenti sia del corpo collettivo che esprime strategie poste in essere dal governo, dal parlamento, dai partiti dai mass media.

Appare del tutto evidente come il capitale umano rappresenti l’elemento centrale nel processo di rinnovamento della pubblica amministrazione perché anche se le norme sono fondate su buone regole hanno la necessità di agire in un contesto che sia ricettivo tale da rendere il percorso di trasformazione praticabile. E’ opportuno sottolineare che il cambiamento di una organizzazione non avviene semplicemente perché ciascun soggetto che ad essa appartiene decide di cambiare, ma quanto l’insieme di soggetti che la compongono decidono di fare gioco di squadra per proiettarsi verso il cambiamento.

Gli interventi legislativi volti al cambiamento si trovano ad essere sviati in primo luogo proprio da chi ne è investito direttamente (dipendente pubblico) perché il cambiamento alimenta il senso di incertezza, perché è difficile prevederne gli esiti e si sviluppa un senso di sfiducia e scetticismo. Di fatto l’applicazione della norma risulta alterata e gli esiti cui si perviene spesso non corrispondono a quelli sperati dal legislatore. La dirigenza, poco coinvolta nella scelte assunte dalla politica si trova a diventare promotore della riforma stessa. Quando poi le riforme si focalizzano sulla lotta agli sprechi e sul contenimento della spesa piuttosto che puntare sul cambiamento culturale e organizzativo e sulla riorganizzazione complessiva degli apparati pubblici, vengono recepite esclusivamente come forme punitive, generando ancor più quel senso di resistenza soprattutto dal livello impiegatizio che nell’immaginario collettivo rappresenta la causa principale dell’inefficienza della pubblica amministrazione.

Negli anni il legislatore ha esteso la sfera delle responsabilità dei dirigenti con lo scopo di rafforzare l’autonomia dal potere politico più che per promuovere il buon funzionamento dell’amministrazione pubblica. Contemporaneamente le norme sul controllo e la valutazione della dirigenza pubblica, con la loro metodologia, hanno determinato un comportamento di reticenza da parte del dirigente che vuole evitare  di incorrere in sanzioni disciplinari, nelle decurtazioni della retribuzione per  decisioni sbagliate, nella responsabilità erariale e di trovarsi sotto il controllo della Corte dei Conti.

Per rispondere al principio della trasparenza le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di dar conto del proprio operato pubblicando dati relativi a organici, stipendi e assenze (accountability). Queste informazioni se recepite isolatamente rischiano di essere dannose al contrario devono essere collegate alle informazioni sui risultati ottenuti al fine di contenere il rischio di valutazioni parziali o strumentali.

Per migliorare e rendere più efficiente la pubblica amministrazione è importante investire sul capitale umano. Fondamentale è formare il dipendente pubblico affinché il suo comportamento sia imperniato a principi di correttezza, di collaborazione, di fiducia di disponibilità che in linea con l’immagine stessa della Pubblica amministrazione risponda coerentemente ai concetti di imparzialità e buon andamento e sia pertanto credibile. Il dipendente pubblico lavora per produrre un bene pubblico di cui egli stesso come cittadino ne gode. Questi comportamenti devono però essere coltivati e potenziati attraverso la formazione continua : il dipendente deve essere sensibilizzato sulle diverse problematiche legate all’etica pubblica. Deve imparare a percepire l’importanza e l’utilità sociale del proprio lavoro. Si deve sentire e deve essere percepito dall’amministrazione come una risorsa. Lavorare in questo senso significa investire per migliorare la produttività. Di certo non sono le procedure standardizzate e i controlli a incentivare comportamenti virtuosi.

La pubblica amministrazione dovrebbe investire anche sull’integrità delle persone dal momento della selezione alla crescita attraverso le attività formative perché l’integrità è un valore, un fatto culturale che seppure con profondità variabili da persona a persona può rappresentare comunque una garanzia per il buon andamento dell’amministrazione contro il degrado e contro quel male sociale che è la corruzione.

Il personale dovrebbe essere continuamente oggetto di attenzioni formative e di occasioni per sviluppare nuove capacità e per migliorarsi, invece quando non è adeguatamente valorizzato e motivato reagisce negativamente, si sente frustrato e gradualmente si va chiudendo nell’espletamento delle proprie strette mansioni disinteressandosi completamente di condividere gli obiettivi istituzionali. Il risultato è che il capitale costituito da persone potenzialmente capaci e produttive viene sperperato.

Quando il funzionario comprende che una buona programmazione è vantaggiosa innanzi tutto per chi lavora nell’organizzazione sia a livello dirigenziale che  operativo , quando è messo a conoscenza di obiettivi veri allora può organizzare il proprio lavoro con motivazione e soddisfazione. E’ presupposto indispensabile che la politica assuma le proprie responsabilità ed individui precisi obiettivi, programmi veri e non idee vaghe su questioni complesse.

Le modalità di valutazione dovrebbero verificare le conoscenze ma anche le  attitudini le potenzialità e le motivazioni. Gli incentivi non sono solo monetari ma riguardano anche aspetti psicologici come il senso di appartenenza , la partecipazione, la soddisfazione del raggiungimento dei risultati, la  motivazione etica, il senso di responsabilità. Lasciare spazio anche ad una componente di libertà per lo sviluppo di capacità personali. Rafforzare questi elementi significa costruire nuove relazioni, ribaltare completamente i vecchi schemi strutturali per creare vantaggi non solo individuali ma collettivi, sociali.

La valorizzazione del lavoratore in quanto individuo capace di espletare le sue competenze, nel rispetto di norme e regolamenti, anche con un contributo di genialità di personale supporto in vista di un risultato che è in linea con la mission aziendale perché in essa si riconosce.

 

Dott. Corteselli Emilio

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