Su di esso hanno inciso, da ultimo, le importanti novità che il recentissimo “Codice dei contratti pubblici” ( d.lgs 50/2016) ha determinato sulla disciplina precedentemente contenuta nell’articolo 38, comma due bis, del decreto legislativo 163/2006.
La questione relativa alla possibilità di ammettere il soccorso istruttorio all’interno del nostro ordinamento ha, da sempre, acceso numerosi dibattiti, sia in giurisprudenza che in dottrina, in considerazione delle fondamentali conseguenze pratiche che da esso derivano, soprattutto all’interno delle procedure di evidenza pubblica.
Recentemente il legislatore è intervenuto con il d.lgs 50/2016 recependo sostanzialmente la precedente disciplina, pur se apportando delle fondamentali precisazioni volte a superare alcune problematiche emerse nella prassi applicativa.
Per soccorso istruttorio si fa riferimento a quell’istituto volto a consentire ai concorrenti di una gara pubblica di integrare eventuali domande di partecipazione che risultino essere incomplete o irregolari in modo tale da evitare l’esclusione dalla stessa.
La rilevanza dell’istituto in oggetto emerge dagli interessi, spesso confliggenti, che vengono in considerazione all’interno delle procedure di evidenza pubblica, che rappresentano lo strumento che la pubblica amministrazione deve utilizzare al fine di scegliere il contraente con cui stipulare un contratto pubblico.
In passato si riteneva che l’evidenza pubblica fosse posta esclusivamente a tutela dell’interesse della pubblica amministrazione, in modo da consentire a quest’ultima di identificare il miglior contraente possibile, ovvero colui che potesse offrire la prestazione richiesta al prezzo più basso.
Oggi, invece, soprattutto grazie all’influenza della giurisprudenza sovranazionale, si è iniziato ad affermare che l’evidenza pubblica debba essere utilizzata, non solo per tutelare gli interessi economici della pubblica amministrazione, ma anche, se non soprattutto, per favorire la concorrenza nel mercato.
L’utilizzo del soccorso istruttorio nell’evidenza pubblica agevola la funzione pro-concorrenza nella gara in quanto, attraverso l’utilizzo dell’istituto, la pubblica amministrazione può evitare l’esclusione dalla gara di un concorrente, aumentando così la competitività della stessa.
L’istituto in questione consente di dare attuazione ad alcuni tra i più importanti principi desumibili da fonti nazionali e sovranazionali; si può richiamare in tal senso l’articolo 97 della Costituzione, che impone l’obbligo di buon andamento ed imparzialità nell’azione amministrativa, e l’articolo 6 della CEDU che afferma il principio del giusto procedimento e di leale collaborazione tra pubblica amministrazione e privati.
In estrema sintesi, la ratio principale del soccorso istruttorio è quella di limitare l’esclusione degli operatori economici dalle procedure di gara ai soli casi in cui la domanda presenti gravi carenze dei requisiti di partecipazione, in tal modo aumentando le possibilità di concorrere per l’aggiudicazione del contratto pubblico, come imposto dal principio del favor partecipationis.
Nonostante l’evidente utilità del soccorso istruttorio, la giurisprudenza per lungo tempo non è stata del tutto concorde nell’ammetterlo: due erano le principali contestazioni mosse all’utilizzo di tale mezzo, ovvero la violazione del “principio della par condicio” e la possibile elusione delle regole della gara.
Sotto il primo profilo, si affermava che consentire all’ impresa concorrente, che non avesse rispettato le prescrizioni imposte dalla legge o dal bando per la partecipazione alla gara, di regolarizzare la propria posizione, significava favorirla eccessivamente a discapito di tutte le altre che, invece, tali prescrizioni avevano rispettato, fin da subito.
In secondo luogo, il soccorso istruttorio veniva criticato perché poteva costituire un pericoloso “vulnus” alle regole della gara: si temeva, infatti, che i concorrenti potessero omettere volontariamente determinati adempimenti nella consapevolezza di potervi rimediare in un momento successivo.
Se utilizzato in male fede, il soccorso istruttorio sarebbe risultato un pericoloso strumento a disposizione dei concorrenti.
La prima norma che ha ammesso espressamente il soccorso istruttorio è stata quella contenuta nell’articolo 46, comma 1, del d.lgs 163/2006 in forza della quale, nei limiti stabiliti dall’articolo 38 e 45 dello stesso decreto, le stazioni appaltanti avevano il compito di invitare, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni già presentati.
La giurisprudenza però interpretava restrittivamente tale norma affermando che il soccorso istruttorio potesse essere esclusivamente utilizzato per “regolarizzare” documenti già presentati dall’operatore economico e concernenti i requisiti di partecipazione richiesti dalla legge di gara; non poteva, invece, servire a sanare la totale carenza di documenti perché sarebbe, altrimenti, stato leso il principio della par condicio tra i concorrenti.
In tale quadro di riferimento è risultata successivamente decisiva la novità prevista dal legislatore con il d.l. 78/2011 che, introducendo il nuovo comma 1 bis nel corpo dell’articolo 46 del decreto legislativo 163, ha rivoluzionato il tema della tassatività delle clausole di esclusione ed ha nuovamente messo in dubbio l’ammissibilità del soccorso istruttorio nel nostro ordinamento.
Attraverso il comma 1 bis dell’art 46, il legislatore ha, infatti, superato l’orientamento tradizionale della giurisprudenza che ammetteva che ogni stazione appaltante potesse inserire nel bando qualsiasi tipo di clausola escludente, con l’unico limite rappresentato dall’obbligo di rispettare i principi di ragionevolezza e proporzionalità.
La libertà di inserire qualsiasi clausola escludente riduceva, però, la competitività della gara in contrasto con il principio del favor partecipationis previsto dall’ordinamento sovranazionale: per superare tale criticità il legislatore ha imposto il principio della “tassatività delle clausole di esclusione” vietando di inserire nel bando clausole escludenti diverse da quelle previste dalla legge. In particolare, al fine di rendere maggiormente incisivo tale strumento, il legislatore ha collegato la sanzione della nullità alla violazione di detta prescrizione.
L’introduzione di tale principio di tassatività delle clausole di esclusione ha nuovamente posto l’attenzione sull’ammissibilità del soccorso istruttorio.
Secondo l’orientamento prevalso all’interno del Consiglio di Stato (Adunanza Plenaria n. 9/2014), alla luce della suddetta novità normativa, si sarebbe dovuto restringere il campo di applicazione del soccorso istruttorio: un utilizzo eccessivo della tassatività delle clausole di esclusione sarebbe, infatti, stato contrastante con la par condicio tra gli operatori economici e con i principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa.
In altri termini, se il legislatore o il bando avessero previsto una determinata prescrizione a pena di esclusione dalla gara, consentire a chi non vi avesse adempiuto, di farlo successivamente, avrebbe significato rimetterlo in termini, pregiudicando chi aveva, invece, operato correttamente fin da sùbito.
Alla luce di questo restrittivo orientamento, pertanto, il soccorso istruttorio poteva operare solamente per regolarizzare o integrare documenti già presentati, il cui adempimento non fosse, però, previsto a pena di esclusione dalla gara.
In seguito, è nuovamente intervenuto il legislatore con il d.l. 90/2014 che ha introdotto il nuovo comma 2 bis nell’articolo 38 del decreto legislativo 163 nel 2006.
Si tratta di una norma che, non solo ha definitivamente ammesso il soccorso istruttorio, ma che in alcuni casi lo ha reso obbligatorio manifestando la volontà del legislatore di dare prevalenza al principio del favor partecipationis rispetto a quello di par condicio.
In sostanza, a seguito di tale intervento normativo, il legislatore ha distinto tra irregolarità essenziali ed irregolarità non essenziali, a cui conseguivano obblighi diversi per la pubblica amministrazione.
Nel primo caso, la mancanza degli elementi indicati dal comma 2 dello stesso articolo, obbligava la stazione appaltante ad assegnare al concorrente un termine, non superiore a 10 giorni, per integrare o per regolarizzare le dichiarazioni necessarie. Faceva, tuttavia, da contrappeso, l’introduzione, in capo alla stazione appaltante, dell’obbligo di comminare nei confronti del concorrente una sanzione amministrativa di notevole importo.
Viceversa, quando l’irregolarità aveva ad oggetto una dichiarazione non indispensabile, la stazione appaltante non aveva alcun dovere di soccorso istruttorio ed il concorrente poteva sempre procedere a regolarizzare la sua posizione senza incorrere in sanzioni.
Pertanto, con il D.L. 90/2014 il soccorso istruttorio è stato definitivamente ammesso all’interno del nostro ordinamento in quanto si riteneva che potesse consentire il raggiungimento di finalità di interesse generale.
In primo luogo, perché svolgeva una funzione deflattiva del contenzioso in quanto consentiva di evitare ricorsi giurisdizionali da parte dell’impresa esclusa. Inoltre, oltre a svolgere una funzione pro-concorrenziale, tale istituto garantiva un beneficio economico alla pubblica amministrazione appaltante derivante dal pagamento della sanzione amministrativa prevista per la regolarizzazione.
La disciplina del soccorso istruttorio è stata nuovamente riformata dal d.lgs 50/2016 con cui il legislatore ha mostrato di recepire l’orientamento precedente, pur apportando delle modifiche volte a superare alcune questioni emerse nella prassi applicativa.
Dall’analisi del nuovo comma 9 dell’art. 83, è possibile evidenziare una ripartizione tra le irregolarità che possono essere sanate attraverso il soccorso istruttorio e quelle che, invece, ne rimangono escluse.
La prima categoria è costituita da quelle che concernono la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del Documento di Gara Unico Europeo che vanno regolarizzate dal concorrente che vi ha dato causa, previo pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria prevista dal bando di gara.
Invece, nei casi di irregolarità formali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non essenziali, la stazione appaltante è tenuta a chiedere in ogni caso la regolarizzazione della domanda al concorrente senza però che sia prevista alcuna sanzione.
Infine, costituiscono irregolarità essenziali, in alcun modo sanabili, le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della domanda.
In sostanza, in primo luogo, oggi non è possibile utilizzare il soccorso istruttorio per sanare qualsiasi tipo di irregolarità, essendo tale istituto escluso per le carenze più importanti ossia quelle che non consentono in alcun modo di discernere il contenuto della domanda o, addirittura, di individuare il soggetto responsabile della medesima.
In secondo luogo, oggi, la distinzione tra irregolarità essenziali e quelle non essenziali, non si fonda più sul dovere del concorrente di sanare le irregolarità, ma sull’onerosità o meno della regolarizzazione.
In altri termini, attualmente, tutte le irregolarità devono essere sanate e, qualora ciò non avvenga, si determina automaticamente l’esclusione del concorrente dalla gara. Ciò diversamente da quanto previsto dalla precedente disciplina che, per le irregolarità non essenziali, non pretendeva la sanatoria.
Recentemente il Consiglio di Stato con la sentenza n. 627 del 2016 ha ribadito i limiti entro cui può operare il soccorso istruttorio.
Tale strumento non può, infatti, essere utilizzato per supplire a carenze dell’offerta, con la conseguenza che non può essere consentito al concorrente il completamento di un’offerta oltre il termine stabilito dal bando, salvi i casi di mera rettifica di errori materiali o refusi.
La nozione di errore materiale viene, però, intesa in modo restrittivo: si fa riferimento esclusivamente alla fortuita divergenza fra la volontà e la sua espressione letterale, cagionata da una svista o da una disattenzione che emerga ictu oculi: affinché sia permessa, la correzione dell’errore materiale non deve richiedere alcuna attività cognitiva, dovendosi semplicemente modificare il testo per consentire di riallineare la volontà alla sua manifestazione.
Tra le mancanze ritenute non sanabili tramite soccorso istruttorio vi è, in particolare, quella della presentazione del c.d. “cronoprogramma”: si tratta secondo la giurisprudenza di un elemento essenziale dell’offerta tecnica, attraverso cui il concorrente specifica i tempi delle singole fasi lavorative e certifica la serietà della complessiva offerta contrattuale in relazione ai tempi di esecuzione. Pertanto, ove il cronoprogramma non sia stato presentato, la stazione appaltante non potrà che procedere all’esclusione dell’impresa concorrente inadempiente.
Una recente applicazione giurisprudenziale rilevante dell’istituto del soccorso istruttorio, si riviene nella possibilità di regolarizzare il DURC negativo.
Recentemente sia l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che la Corte di Giustizia si sono espresse in merito alla compatibilità tra il soccorso istruttorio e il cosiddetto “preavviso di DURC negativo” previsto nel decreto legge 69 del 2013.
Il DURC rappresenta l’attestato di conformità rispetto alla situazione contributiva relativa agli oneri previdenziali che ogni impresa deve possedere per poter partecipare ad una gara pubblica.
In giurisprudenza ci si è chiesto se la stazione appaltante, che riscontri irregolarità in merito all’accertamento del DURC, sia costretta ad invitare l’impresa concorrente a regolarizzare la propria situazione contributiva, esercitando in tal modo il soccorso istruttorio.
In favore della tesi positiva si richiamava la disciplina prevista dal comma 8 dell’articolo 31 del decreto legge 69 del 2013, che impone all’Istituto Previdenziale di preavvisare l’interessato dell’imminente rigetto del DURC (cosiddetto “preavviso di DURC negativo”), in modo tale che l’interessato possa provvedere a regolarizzare la sua posizione.
Secondo i sostenitori di tale orientamento, la norma in esame esprimerebbe lo stesso obbligo desumibile dall’articolo 10 bis della legge 241/1990 che impone al responsabile del procedimento di comunicare al richiedente i motivi che ostano all’accoglimento della domanda, prima di emettere il relativo provvedimento di rigetto.
Tuttavia, sul punto è recentemente intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la pronuncia numero 5 del 2016 che, aderendo all’orientamento opposto, ha affermato il divieto di esercitare il soccorso istruttorio in caso di accertamento della violazione di regole in materia di versamento di contributi previdenziali e assistenziali richiesti per la partecipazione ad una gara di appalto.
Secondo l’Adunanza Plenaria, anche dopo l’entrata in vigore dell’articolo 31 del decreto legge 69 del 2013, non è in alcun modo consentita la regolarizzazione postuma della posizione previdenziale, in quanto l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento dei relativi obblighi fin dalla presentazione dell’offerta e deve conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione.
Come più volte ribadito dalla giurisprudenza, infatti, il soccorso istruttorio non può essere utilizzato per sanare la mancanza di requisiti di validità come il DURC.
L’istituto dell’invito alla regolarizzazione (il cosiddetto preavviso di DURC negativo) può, invece, operare solo nei rapporti tra l’impresa e l’ente previdenziale ma non anche con riferimento al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica dei presupposti di partecipazione alla gara di appalto.
Quest’ultima conclusione è stata recentemente confermata anche dalla Corte di Giustizia dell’unione europea ( Sez IX, 10 novembre 2016, C-199/15) secondo cui non vi sarebbe alcun contrasto con il diritto europeo in una normativa, qual è la nostra, che obbliga l’amministrazione aggiudicatrice a considerare quale motivo di esclusione dalla gara la violazione di una regola in materia di versamento di contributi previdenziali e assistenziali risultanti da un certificato richiesto d’ufficio dall’amministrazione aggiudicatrice e rilasciato dagli Istituti Previdenziali, qualora tale violazione sussistesse alla data della partecipazione gara, anche se non sussisteva più alla data dell’aggiudicazione o della verifica d’ufficio da parte dell’amministrazione aggiudicatrice.
Recentemente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ( sentenza n. 8117 del 2017) si sono occupate del tema relativo alla giurisdizione in materia di DURC.
In primo luogo, le Sezioni Unite hanno ribadito quanto affermato in precedenza dall’Adunanza Plenaria, ovvero che l’istituto dell’invito alla regolarizzazione non può operare quando il DURC è richiesto dalla stazione appaltante per la veridicità dell’autodichiarazione sulla conformità della situazione contributiva rispetto alle prescrizioni previste dalla legge.
In secondo luogo, le SS.UU. della Cassazione hanno dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di DURC.
In conclusione ed in sintesi, il soccorso istruttorio è espressamente ammesso all’interno del nostro ordinamento dall’articolo 83 del Decreto Legislativo 50 del 2016.
La ratio dell’istituto è di favorire la partecipazione di più concorrenti-imprenditori possibili alle procedure di gara, in base all’assunto secondo cui, più soggetti concorrono alla gara, più la competizione sarà ampia, concorrenziale, maggiore sarà la qualità delle prestazioni offerte e migliore il prezzo.
Grazie al soccorso istruttorio, quindi, si consente di limitare l’esclusione degli operatori economici alle sole ipotesi in cui la domanda di partecipazione presenti irregolarità talmente gravi da non poter essere in alcun modo sanate.
Tuttavia, attraverso il soccorso istruttorio non possono essere colmate le lacune relative ai requisiti di validità che devono, invece, essere correttamente presenti nella domanda fin dalla sua proposizione, come confermato dalla recentissima giurisprudenza nazionale e sovranazionale che ha escluso in radice la possibilità di regolarizzare successivamente la posizione previdenziale ed assistenziale (DURC) dell’impresa concorrente.
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