Detta attuale disciplina – andando a sostituire quella previgente, contenuta negli artt. 16 e ss. D.Lgs. n. 96/2001 – consente la costituzione di società di persone, di capitali o cooperative i cui soci siano, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, avvocati iscritti all’albo, ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni; società il cui organo di gestione deve essere costituito solo da soci e, nella sua maggioranza, da soci avvocati.
E’ quanto in sintesi affermato dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, con sentenza n. 19282 del 19 luglio 2018, parzialmente accogliendo il ricorso di alcuni avvocati, cui era stata negata l’iscrizione all’albo della società tra di essi costituita, assieme ad una dottoressa laureata in economia (quest’ultima con partecipazione del 20%).
Secondo il Cnf, che confermava la decisione del Coa di competenza, non poteva applicarsi al caso de quo la disciplina di cui al previgente art. 10 Legge n. 183/2011, stante la vigenza del divieto di società multidisciplinari per gli avvocati, contenuto nell’art. 5 Legge n. 247/2012 (Legge professionale).
Art. 4 bis Legge 247/2012, ammessi soci non avvocati fino a un terzo del capitale
La Corte di Cassazione, dopo ampia disamina normativa in tema di società tra avvocati – dando conto delle previgenti disposizioni in materia, ossia la Legge n. 183/2011 ed il più specifico D.Lgs. n. 96/2001 – afferma come al momento attuale i termini della questione siano mutati, attraverso l’inserimento, ad opera dell’art. 1 comma 141 Legge n. 124/2017, del nuovo art. 4 bis Legge n. 247/2012, espressamente dedicato all’esercizio della professione forense in forma societaria. Tale ultima disposizione, dettando una compiuta e speciale disciplina delle società tra avvocati, esplicitamente al comma 2, consente anche la partecipazione di soci non avvocati, seppur in misura non superiore ad un terzo del capitale sociale.
La Corte Suprema ritiene pertanto che lo ius superveniens di cui al cit. art. 4 bis in tema di esercizio in forma associata della professione forense, introducendo la nuova disciplina di un rapporto sociale ancora in corso, vada applicato d’ufficio anche al caso di specie. Si impone pertanto la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al Cnf, affinché valuti in concreto se i connotati della società ricorrente siano compatibili con detto ius superveniens.
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