E’ questo il tenore della risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 35/E del 7 maggio 2018, in risposta ad una istanza di interpello ove è stato posto il quesito in merito alla natura del reddito prodotto dalle società tra avvocati costituite ai sensi della Legge n. 247/2012.
Esame della normativa: requisiti della società tra avvocati
L’art. 4-bis Legge n. 247/2012, in particolare – introdotto dall’art. 1, comma 141 Legge n. 124/2017 – disciplina l’esercizio della professione forense in forma societaria, precisando che la professione forense è consentita in forma societaria, a società di persone, di capitali o cooperative iscritte in apposita sezione speciale dell’albo tenuto dall’ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società, nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all’albo, ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni;
b) la maggioranza dei membri dell’organo di gestione deve essere composta da soci avvocati;
c) i componenti dell’organo di gestione non possono essere estranei alla compagine sociale, i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratori.
Anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria, resta fermo il principio di personalità della prestazione professionale e l’incarico può essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione richiesta dal cliente. Infine, la responsabilità della società e quella dei soci non esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito la prestazione; mentre la sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall’albo, costituisce motivo di esclusione dalla società.
Sul piano civilistico, le società tra avvocati sono costituite secondo i modelli regolati dai titoli V e VI del codice civile. Non costituendo, pertanto, un genere autonomo con causa propria, appartengono alle società tipiche regolate dal codice civile e, come tali, sono soggette integralmente alla disciplina legale del modello societario prescelto.
Si ritiene conseguentemente che, in assenza di una esplicita norma, l’esercizio della professione forense svolta in forma societaria costituisca attività d’impresa, risultando determinante il fatto di operare in una determinata veste giuridica societaria, piuttosto che lo svolgimento di un’attività professionale.
Nuova società tra avvocati, diversa rispetto alla precedente
La nuova società tra avvocati ex art. 4-bis, si discosta dalla precedente, disciplinata dal D.Lgs. n. 96/2001 ed assoggettato ad autonoma disciplina, i cui aspetti di maggior rilievo riguardavano l’oggetto dell’attività, gli obblighi di registrazione, il regime di responsabilità ed i rapporti con i clienti. Un modello societario, in altri termini, in cui il rinvio alle disposizioni che regolano le società in nome collettivo, operava ai soli fini civilistici, in quanto volto a determinare le regole di funzionamento del modello organizzativo, mentre ai fini fiscali occorreva dare risalto al reale contenuto professionale dell’attività svolta.
Sono dovute Ires ed Irap
Ciò premesso – si legge nella nota delle Entrate – si ritiene che, sul piano fiscale, alle nuove società tra avvocati costituite sotto forma di società di persone, di capitali o cooperative, si applichino gli articoli 6, ultimo comma, e 81 del TUIR, per effetto dei quali il reddito complessivo delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, delle società e degli enti commerciali di cui alle lettere a) e b) comma 1 dell’art. 73, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito d’impresa. Per cui una società per azioni costituita per l’esercizio dell’attività di avvocato deve adottare il regime fiscale previsto per le società di capitali ed è pertanto assoggettata ad Ires e ad Irap.
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