Somministrazione e vendita di bevande alcoliche ai minorenni – profili giuridici e sanzionatori

Marco Rossi 15/03/23

Il legislatore – in un’ottica della tutela della salute del minore – è intervenuto più volte negli anni prevedendo strumenti utili a sanzionare, penalmente e amministrativamente, le varie condotte di somministrazione e vendita di bevande alcoliche a soggetti di età inferiore ai 18 e ai 16 anni e commisurando il trattamento sanzionatorio all’effettiva portata lesiva della condotta.

Indice

1. Distinzione tra le condotte di somministrazione e vendita di bevande alcoliche

Prima di addentrarci nella disamina delle fattispecie di reato, previste dall’art. 689 del codice penale, e degli illeciti amministrativi che attorniano le riprovevoli condotte oggetto di questo approfondimento, è bene analizzare la differenza che intercorre tra la vendita e la somministrazione di bevande alcoliche.
Nell’ambito di un esercizio commerciale, il termine “somministrazione” indica la vendita di bevande in modo tale che queste possano essere consumate confortevolmente sul posto – ossia nei locali o nelle pertinenze dell’esercizio – mediante un servizio assistito. Si può parlare di “servizio assistito di somministrazione” anche in assenza di camerieri e di personale addetto, purché le bevande siano disposte in un modo tale da rendere agevole la loro consumazione in situ (si pensi ai c.d. bar “self-service”).
La vendita di bevande alcoliche, invece, può essere definita come l’attività commerciale attraverso cui un soggetto, ad esempio un’azienda o un individuo, scambia bevande contenenti alcol con un cliente per un corrispettivo monetario o di altro tipo. Tale attività può essere svolta in vari contesti, quali bar, ristoranti, negozi specializzati, supermercati, e – allo stesso modo della somministrazione – può comportare l’osservanza di leggi e regolamentazioni specifiche riguardanti l’età dei consumatori, l’ora di vendita, la quantità massima acquistabile, e altre restrizioni volte a prevenire l’abuso di alcol.
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2. Analisi del reato di somministrazione di bevande alcooliche a minori o a infermi di mente ex art. 689 c.p.

Sulla somministrazione di bevande alcoliche ai minorenni, il trattamento sanzionatorio più aspro – previsto dall’art. 689 c.p. – è limitato ai casi in cui l’esercente un’osteria o un altro pubblico spaccio di cibi o di bevande, somministri, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcoliche a un minore degli anni sedici o ad un soggetto infermo di mente. Trattandosi di una contravvenzione, la pena che la legge prevede per questa fattispecie di reato è l’arresto fino ad un anno e, qualora il fatto venga commesso più di una volta, si aggiunge la sanzione amministrativa pecuniaria nell’importo che va dai 1.000 ai 25.000 euro e la sospensione dell’attività per tre mesi. Alla medesima pena soggiace l’esercente che effettui la somministrazione mediante distributori automatici “che non consentano la rilevazione dei dati anagrafici dell’utilizzatore mediante sistemi di lettura ottica dei documenti” (Art. 689, comma 2, c.p.) e in assenza di personale incaricato di effettuare il controllo dell’età degli utilizzatori.
Come è possibile intuire, l’oggetto della tutela penale è la salute dei minori e degli infermi di mente. Inoltre, trattandosi di un reato di pericolo, il legislatore ha deciso di non voler subordinare la punibilità dell’esercente all’effettiva consumazione della bevanda alcolica da parte del minore, ma di far sì che il reato possa dirsi integrato nell’esatto momento in cui sia posta in essere la condotta di somministrazione.
Il reato di somministrazione di bevande alcooliche a minori o a infermi di mente è un reato proprio, ossia che richiede, tra i suoi elementi costitutivi, una determinata qualifica in capo al soggetto attivo. In questo particolare caso, è richiesto che la persona somministri la bevanda alcolica in qualità di esercente un’osteria o un altro pubblico spaccio di cibi o bevande. Pertanto, pur trattandosi di una condotta eticamente discutibile, sulla base delle disposizioni di legge, non risulta possibile applicare la norma penale nei casi in cui la somministrazione a minori di 16 anni venga effettuata da soggetti privati (come nel caso del soggetto maggiorenne che, presso la sua abitazione, offra delle bevande alcoliche a degli ospiti di età inferiore a 16 anni).
Secondo consolidata giurisprudenza, del reato risponde sempre il titolare dell’esercizio poiché, rivestendo una posizione di garanzia, è tenuto obbligatoriamente a “vigilare affinché i propri dipendenti svolgano con cura i compiti loro assegnati ed osservino scrupolosamente le istruzioni impartite per l’accertamento dell’età del consumatore”[1]. Oltre al titolare, risponde del reato anche chi “in maniera legittima o abusiva, gestisce per lui l’esercizio, sicché anche la dipendente di un esercizio che vende alcolici è penalmente responsabile della vendita a minori”[2].
Sull’accertamento dell’età anagrafica dei clienti, qualora questa non sia manifesta, non può ritenersi in alcun modo esclusa la responsabilità penale del titolare di un pubblico esercizio nel quale sia avvenuta la somministrazione per mezzo del dipendente che “si sia limitato a recepire l’affermazione dell’avventore di aver superato i sedici anni di età”[3]. Sulla base di disposizioni di leggi analoghe – tra cui l’art. 7 del D.L. 158/2012 inerente alla vendita di bevande alcoliche – il gestore è, pertanto, autorizzato a chiedere all’acquirente l’esibizione di un documento di identità, tranne nei casi in cui l’età sia manifesta. L’obbligatoria conseguenza della mancata esibizione di un documento è il legittimo rifiuto della prestazione da parte dell’esercente.

3. L’art. 14-ter della legge n. 125 del 30 marzo 2001

Un ulteriore trattamento sanzionatorio – questa volta di carattere amministrativo – è stato introdotto dal D.L. 158/2012 e convertito in legge nr. 189/2012. Con l’aggiunta dell’art. 14-ter al testo della vecchia legge n. 125 del 30 marzo 2001, si prevede una sanzione pecuniaria che va dai 250 ai 1.000 euro (elevata al doppio nel caso di recidiva, con sospensione dell’attività per tre mesi) da comminare nei confronti di chiunque venda bevande alcoliche a soggetti minori di 18 anni. Ciononostante, trattandosi di “vendita” – concetto ben definito e riferito all’attività di asporto – è evidente la lacuna normativa che renderebbe lecita la condotta di somministrazione di bevande alcoliche ai soggetti di età compresa tra i 16 e i 18 anni.
Con la risoluzione n. 18512 del 4 febbraio 2013, il Ministero dello Sviluppo Economico si è pronunciato, in risposta al dubbio avanzato da un’amministrazione comunale circa l’applicabilità del neo-introdotto art. 14-ter l. 125/2001 nei casi di somministrazione e consumo di alcol sul posto, ritenendo che il termine “vende” debba leggersi con il significato di “fornire”, senza quindi effettuare alcuna distinzione tra le condotte di vendita, somministrazione o consumazione. Aggiunge, inoltre, che se così non fosse “si avrebbe la paradossale conclusione che sarebbe in ogni caso vietato vendere bevande alcoliche per asporto ai minori di 18 anni, mentre sarebbe consentito venderle loro per il consumo sul posto, salvo che ai minori di 16 anni, per i quali vige il divieto di somministrazione di cui all’articolo 689 del codice penale”.
Come per la fattispecie di reato ex art. 689 c.p., anche la normativa in questione non può essere applicata fuori dalle attività commerciali di somministrazione e vendita. Pertanto, non è punibile il maggiorenne che, ad esempio, acquista delle bevande alcoliche al supermercato con il fine di cederle ad un altro soggetto, minorenne.

4. Conclusioni

La tematica della somministrazione e la vendita di alcol ai minori è una questione molto delicata e complessa dal punto di vista normativo e sociale. È importante sottolineare, ancora una volta, che l’obiettivo principale delle sanzioni è quello di proteggere la salute e il benessere dei giovani e giovanissimi, prevenendo comportamenti a rischio e danni a lungo termine.
Sfortunatamente, non esiste ancora rimedio certo alle molte criticità della normativa in vigore, come l’oggettiva difficoltà per il gestore dell’esercizio nel vigilare sul come i suoi dipendenti – talvolta in gran numero e sottoposti a ritmi elevatissimi di lavoro – osservino meticolosamente le disposizioni sull’accertamento dell’età degli avventori.  
Oltre alle questioni meramente applicative delle disposizioni di legge, le difficoltà nel far rispettare la legge sulla somministrazione e sulla vendita di bevande alcoliche ai minori sono molteplici e richiedono un approccio multifattoriale. La prevenzione, l’educazione e l’imposizione di sanzioni appropriate sono tutte azioni che possono contribuire a ridurre il consumo di alcolici da parte dei minori e a far rispettare le normative vigenti. Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo, è necessaria la collaborazione tra tutte le parti interessate, compresi genitori, educatori, venditori di alcolici, autorità e forze dell’ordine.

  1. [1]

    Cass., Sez. V, 17 settembre 2020, n. 31812

  2. [2]

    Cass., Sez. V, 5 maggio 2011, n. 27706

  3. [3]

    Cass., Sez. V, 26 giugno 2013, n. 46334

Marco Rossi

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