Massima:
Ai fini della legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, intimato per la soppressione del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore, è necessario, ai fini dell’effettività della soppressione stessa, che il datore di lavoro non abbia effettuato per un congruo periodo di tempo successivo al recesso alcuna nuova assunzione per lo svolgimento di mansioni inerenti la posizione lavorativa soppressa.
1. Questione
Il Tribunale ha dichiarato illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato dalla società al dipendente, condannando la società a reintegrarlo nel posto di lavoro nonché al pagamento delle retribuzioni globali di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegra ed al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali. Ha inoltre condannato la società al pagamento di ulteriori somme a titolo di compenso variabile, rimborso spese ed indennità di distacco. è stata confermata dalla Corte d’appello. Ha osservato la Corte di merito, in sintesi, con riguardo al licenziamento, che il lavoratore, responsabile della qualità e del coordinamento delle risorse operative, venne dapprima demansionato, con la sottrazione di tali compiti, e successivamente licenziato per soppressione del posto di lavoro; che tale licenziamento era illegittimo, non avendo il datore di lavoro fornito la prova che il posto era stato soppresso e della contrazione dell’attività commerciale, posto che le mansioni affidate al dipendente erano state attribuite ad altra persona e che la società aveva continuato ad assumere, anche se con contratti atipici, altro personale. Quanto alle altre statuizioni, la sentenza di primo grado, ad avviso della Corte di merito, era da confermare, ma, avendo il dipendente percepito a seguito del licenziamento redditi d’impresa pari ad € 2.515, tale somma doveva essere detratta dal complessivo importo a lui dovuto.
La società propone ricorso in Cassazione, che è stato rigettato.
2. Soppressione del posto di lavoro ed orientamenti giurisprudenziali
Secondo l’orientamento prevalente, “il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell’ art. 3 della L. 604/1966, è determinato non da un generico ridimensionamento dell’attività imprenditoriale, ma dalla necessità di procedere alla soppressione del posto o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore, soppressione che non può essere meramente strumentale ad un incremento di profitto, ma deve essere diretta a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti; il lavoratore ha quindi il diritto che il datore di lavoro (su cui incombe il relativo onere) dimostri la concreta riferibilità del licenziamento individuale ad iniziative collegate ad effettive ragioni di carattere produttivo- organizzativo, e non ad un mero incremento di profitti, e che dimostri, inoltre, l’impossibilità di utilizzare il lavoratore stesso in altre mansioni equivalenti a quelle esercitate prima della ristrutturazione aziendale”, (Cass. civ., 19616/2011). Nell’opera di integrazione giuridica della norma elastica, quale deve considerarsi l’art. 3 citato (cfr. Cass., 434/99), la giurisprudenza ha riempito la causale del giustificato motivo oggettivo richiedendo la soppressione del posto di lavoro, resa necessaria dal ridimensionamento dell’attività imprenditoriale per fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti, l’impossibilità di ricollocare il lavoratore in mansioni equivalenti e il rispetto dei criteri di scelta nella selezione del personale con mansioni fungibili.
Sul punto, interessanti sono:
– l’intimazione del licenziamento individuale, per giustificato motivo oggettivo, presuppone non già un generico ridimensionamento dell’attività imprenditoriale, bensì la necessità di procedere alla soppressione del posto o del reparto cui sia addetto il singolo lavoratore. Detta soppressione non può essere meramente strumentale ad un incremento di profitto ma deve essere diretta a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti. E’ onere del datore di lavoro dimostrare la concreta riferibilità del licenziamento individuale ad iniziative collegate ad effettive ragioni di carattere produttivo organizzativo e l’impossibilità di adibire il lavoratore licenziato ad altre mansioni, equivalenti a quelle esercitate prima della ristrutturazione aziendale (App. Bologna, Sez. lavoro, 13/11/2012);
– ai fini della configurabilità dell’ipotesi di soppressione del posto di lavoro, integrante giustificato motivo oggettivo di licenziamento, non è necessario che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere solo diversamente ripartite ed attribuite secondo insindacabili scelte imprenditoriali relative all’organizzazione aziendale, senza che con ciò venga meno l’effettività di tale soppressione (App. Venezia, 31/10/2012);
– ai fini della configurabilità della soppressione del posto di lavoro integrante giustificato motivo oggettivo di licenziamento non è necessario che vengano soppresse tutte le mansioni in precedenza attribuite al lavoratore licenziato, ben potendo le stesse essere quelle prevalentemente esercitate in precedenza e quindi tali da connotare la posizione lavorativa del prestatore di lavoro. Tuttavia, ove le mansioni diverse da quelle soppresse rivestano, nell’ambito del complesso dell’attività lavorativa svolta, una loro oggettiva autonomia, e non risultino quindi intimamente connesse con quelle prevalenti soppresse, può ravvisarsi la possibilità di un utilizzo parziale del lavoratore nella medesima posizione lavorativa, se del caso ridotta con l’adozione del part-time (Cass. civ., Sez. lavoro, 06/07/2012, n. 11402);
– La domanda giudiziale proposta al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento motivato con la soppressione del posto di lavoro, non può trovare accoglimento nell’ipotesi in cui la parte datoriale, a tal fine convenuta in giudizio, provi il progressivo dissesto economico da essa subito, da ultimo determinante la necessitata decisione di soppressione integrale dell’unità operativa aziendale cui il lavoratore, licenziato nei termini di cui innanzi, era addetto (Trib. Genova, Sez. lavoro, 30/05/2012);
– In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive, compete al giudice – che non può, invece, sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost. – il controllo in ordine all’effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, in ordine al quale il datore di lavoro ha l’onere di provare, anche mediante elementi presuntivi ed indiziari, l’effettività delle ragioni che giustificano l’operazione di riassetto. Nella specie, il recesso era stato motivato sul presupposto della soppressione del posto cui era addetta la lavoratrice, le cui mansioni erano però state assegnate ad altra dipendente, assunta con contratto a termine per più volte, ed avente diverso inquadramento; la S.C., nell’escludere l’effettività delle ragioni indicate dal datore in ragione dell’identità delle mansioni delle lavoratrici, ha ritenuto l’illegittimità del recesso (Cass. civ., Sez. lavoro, 14/05/2012, n. 7474).
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