Quando la sopravvenienza di una sentenza di condanna fa venir meno l’interesse dell’indagato alla procedura di riesame instaurata riguardo la verifica dell’originaria sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza?
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale propone al Professionista indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti: Appello e ricorso per Cassazione penale dopo la Riforma Cartabia
Indice
1. La questione: sopravvenienza condanna fa cadere interesse al riesame
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce applicava la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di una persona accusata in relazione ai reati di cui agli artt. 416 bis cod. pen. e 110-629, comma secondo, e 416 bis.1cod. pen..
Ciò posto, dal canto suo, il Tribunale di Lecce, Sezione per il riesame, rigettava il riesame e per l’effetto confermava siffatta misura.
A sua volta, la Corte di Cassazione, Sezione prima, annullava con rinvio l’ordinanza del Tribunale di Lecce in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Il Tribunale di Lecce, Sezione per il riesame, quale giudice di rinvio, invece, rigettava il riesame e confermava per l’effetto la misura cautelare della custodia in carcere.
La Corte di Cassazione, Sezione quinta, dal canto suo, annullava con rinvio l’ordinanza impugnata in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Infine, il Giudice per le indagini preliminari, all’esito del giudizio abbreviato assolveva l’imputato per l’imputazione di cui agli artt. 629. comma 2 e 416 bis.1cod. pen. “limitatamente alla stipulazione di contratti di fornitura di energia elettrica e gas” e lo condannava in relazione ai reati di cui agli all’art. 416 bis cod. pen. e alle residue ipotesi di cui agli artt. 110-629, comma secondo, 416 bis.1 cod. pen. mentre, a sua volta, il Tribunale di Lecce, Sezione per il riesame, quale giudice di rinvio a seguito dell’ultimo annullamento, dichiarava inammissibile e, comunque, rigettava la richiesta di riesame e per l’effetto confermava l’ordinanza originaria che aveva disposto la misura della custodia cautelare in carcere.
Detto questo, avverso questo provvedimento confermativo il difensore proponeva ricorso per Cassazione deducendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 623, comma 1, lett. a) e 627 cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 273, commi 1 e 1 bis cod. proc. pen. e 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen..
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale propone al Professionista indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti: Appello e ricorso per Cassazione penale dopo la Riforma Cartabia
Appello e ricorso per cassazione penale dopo la Riforma Cartabia
Alla luce delle novità introdotte dalla Riforma Cartabia (D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150), il volume propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti.La prima parte è dedicata all’appello: dove va depositato? Chi può depositarlo, ed entro quando? Quali requisiti devono sussistere? E molte altre questioni di ordine pratico a cui gli autori offrono risposte attraverso richiami alla più significativa giurisprudenza di settore e con il supporto di utili tabelle riepilogative.La seconda parte si sofferma invece sul ricorso per cassazione, dai motivi del ricorso ai soggetti legittimati, dai provvedimenti impugnabili alle modalità di redazione del ricorso e degli atti successivi, con l’intento di fornire indicazioni utili ad evitare l’inosservanza o erronea applicazione della normativa e la scure dell’inammissibilità. Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato in Larino, giornalista pubblicista e cultore della materia in procedura penale, è autore di numerosi articoli su riviste giuridiche telematiche.Gabriele EspositoAvvocato penalista patrocinante in Cassazione. Autore di manuali di diritto penale sostanziale e procedurale, dal 2017 è Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte considerava il ricorso suesposto infondato.
In particolare, gli Ermellini addivenivano a siffatto esito decisorio, prima di tutto facendo presente che, una volta intervenuta la sentenza di condanna anche non definitiva, la valutazione degli elementi rilevanti ai fini del giudizio incidentale, anche in sede di riesame o di appello, deve mantenersi nell’ambito della ricostruzione operata dalla pronuncia di merito, non solo per quel che attiene all’affermazione di colpevolezza e alla qualificazione giuridica, ma anche per tutte le circostanze del fatto, non potendo essere queste apprezzate in modo diverso dal giudice della cautela (così Sez. 4, n. 12890 del 13/02/2019).
Precisato ciò, si ribadiva al contempo che tra il procedimento cautelare, incidentale, e quello principale vi è un rapporto di strumentalità per cui la decisione cautelare non può porsi in contrasto con il contenuto della sentenza emessa in ordine ai medesimi fatti nei confronti dello stesso soggetto in quanto, proprio in virtù della diversa funzione attribuita ai due procedimenti e dei due differenti criteri decisori applicati, la verifica circa la sussistenza originaria dei gravi indizi di colpevolezza è superata dalla pronuncia della decisione di merito, anche se non ancora definitiva (Sez. 2, n. 29209 del 04/09/2020; Sez. 4, n. 12890 del 13/02/2019; Sez. 1, n. 55459 del 15/06/2017).
Oltre a ciò, se ne faceva discendere da quanto sin qui enunciato, come ulteriore conseguenza, che la sopravvenienza di una sentenza di condanna fa venir meno l’interesse dell’indagato alla procedura di riesame instaurata con riferimento al profilo concernente la verifica dell’originaria sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, salvo che risultino dedotti elementi di prova nuovi, suscettibili di dare ingresso ad una possibile diversa lettura degli indizi al momento dell’adozione della misura cautelare (Sez. 1, n. 55459 del 15/06/2017; Sez. 6, n. 41104 del 19/06/2008), fermo restando che la stessa soluzione deve essere applicata nel caso in cui il giudice della cautela proceda in sede di rinvio in quanto la decisione cautelare che questo è chiamato a emettere è inserita nel medesimo procedimento incidentale e non può pertanto porsi in contrasto con il contenuto della sentenza emessa, anche dopo l’annullamento, nel processo principale dato che, anche in questa ipotesi, l’autonomia della decisione cautelare (in conformità anche con quanto enunciato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 71 del 1996) deve essere letta in funzione del rapporto strumentale esistente tra i due procedimenti (cfr. specifica sul punto e relativa a una situazione sostanzialmente sovrapponibile a quella in esame Sez. 1, n. 55459 del 15/06/2017; Sez. 3, n. 45913 del 15/10/2015; Sez. 5, n. 22235 del 07/05/2008; Sez. 1, n. 13040 del 23/01/2001).
Orbene, per i giudici di piazza Cavour, nel caso di specie, il giudice della cautela si era conformato in sede di rinvio a codesti principi visto che, a fronte della sentenza di condanna sopravvenuta dopo l’annullamento, a loro avviso, il Tribunale aveva correttamente ritenuto come fosse ormai preclusa in sede cautelare una nuova valutazione della consistenza indiziaria.
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3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando la sopravvenienza di una sentenza di condanna fa venir meno l’interesse dell’indagato alla procedura di riesame instaurata riguardo la verifica dell’originaria sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che,
se viene emessa una sentenza di condanna, l’interesse dell’indagato nel riesame dei gravi indizi di colpevolezza per la misura cautelare viene meno, a meno che non emergano nuove prove che possano influenzare la valutazione degli indizi al momento della decisione della misura cautelare, e questo ragionamento vale anche se il giudice della cautela procede in seguito al rinvio, poiché la decisione cautelare è parte dello stesso procedimento e non può entrare in conflitto con la sentenza emessa nel processo principale, anche dopo un annullamento.
Tale provvedimento, quindi, può essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si verifichi una situazione processuale di questo genere.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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