La Corte di Cassazione, con sentenza n.51293 del 22 dicembre 2023, ha chiarito che per la movimentazione manuale dei carichi la sorveglianza sanitaria è sempre obbligatoria.
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Indice
1. Il fatto
In un supermercato gli addetti ai reparti salumeria/gastronomia/panetteria svolgevano, tra l’altro, attività di movimentazione manuale dei carichi con un rischio di svilpppare patologie occupazionali valutato dal datore di lavoro di livello medio o basso; era stato contestato che il delegato del datore di lavoro non ne aveva previsto la sottoposizione alla sorveglianza sanitaria di cui all’art.41, c.2, D.Lgs.81/08, e che il medico competente non aveva attuato la stessa sorveglianza – compito suo proprio: “programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all’art.41 attraverso protocolli santari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati” (art.25, c.1, lett.b).
Con sentenza del 19/01/23, il Tribunale di […], assolveva i due imputati, nelle rispettive qualità di delegato del datore di lavoro e di medico competente – il primo, della contravvenzione di cui al D.Lgs.81/08, artt.168, c.2, lett.d); 170, c.1, lett.a) e 18, c.1, lett.c); art.55, c.5, in combinato con l’ art. 41, c.2, lett. e-ter; il secondo dalla contravvenzione di cui agli artt.25, c.1, lett.h) e m); 25, c.1, lett.a); 28, c.2, alinea; 29, c.1; 41, c.1-2; 168, c.2, lett.d) – con la formula “perchè il fatto non sussiste”, ritenendo provata la “non doverosità delle visite mediche […] alla luce della classe di rischio attribuita nel documento di valutazione”.
Ricorreva il Procuratore della Repubblica, deducendo inosservanza ed erronea applicazione del D.Lgs.81/08, art.168, c.2, in relazione col punto 1 della sezione “Fattori rischi individuali di rischio” dell’all.XXXIII, in combinato disposto con gli artt.21, c.1, lett.m); 15, c.1, lett. l) e m); 18, c.1, lett.c); 25, c.1, lett.a) e b); 41, c.1, lett.a), c.2, lett. a), b), e-ter, c.6. L’assoluzione si fondava per il ricorrente sulla non corretta interpretazione e lettura degli artt. 167 e 168, che prevedevano obblighi tassativi organizzati con ordine di priorità, tra i quali l’obbligo di sottoporre i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all’art.41 sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio di cui all’allegato XXXIII, a titolo di obbligo assoluto.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, con le seguenti motivazioni.
“La ratio dell’art.41 […] è quella di prevenire qualunque forma morbosa provocata dal lavoro ed è mirata alla formulazione di un giudizio di idoneità […] che tenga conto di tutte le caratteristiche psico-fisiche del lavoratore confrontate con il peculiare contesto ambientale (Sez.4, n.19856 del 2020, non massimata)”.
La sorveglianza sanitaria “secondo il combinato disposto del D.Lgs.n.81 del 2008, art.41 e art.168, comma 2, lett. d) […] deve essere effettuata nel caso […] della ‘movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori’; […] comprende le viste mediche ed i correlati accertamenti secondo le cadenze e la periodicità” di cui all’art.41, c.2, e “può essere ulteriormente modulata ‘sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio di cui all’allegato 33^’ ”.
La sentenza constata che l’interpretazione del giudice di merito “non è corretta, in quanto la disposizione di cui all’art.168, comma 2, lett.d), che dispone al datore di lavoro di sottoporre ‘i lavoratori alla sorveglianza sanitaria […] sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio di cui all’allegato 33^’ impone […] una condotta obbligatoria, correlata alla previsione normativa che le attività di ‘movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori’ possono comportare per i lavoratori ‘rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico’ ”.
Il comma 1, infatti, “impone chiaramente al datore di lavoro di adottare, in via prioritaria, le misure organizzative necessarie e di ricorrere ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori, attività che comporta il rischio delle patologie summenzionate. Ove tanto non sia possibile, il comma 2 […] fa obbligo al datore di lavoro di adottare le misure organizzative necessarie, di ricorre ai mezzi appropriati e di fornire ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale […], tenendo conto dell’ allegato 33^, elencando specificamente, in maniera tassativa e cumulativa, le relative condotte, tra le quali rientra espressamente anche la sorveglianza sanitaria”.
“Il solo margine discrezionale, affidato dalla norma al medico competente (e all’organo di vigilanza), attiene alla frequenza della visita periodica, in funzione della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio, che potrà essere ulteriormente modulata, ampliando, ove ritenuto necessario, le cadenze e la periodicità […]”.
“[…] Questa Corte ha affermato, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, che in caso di movimentazione manuale di carichi, il datore di lavoro deve sottoporre il lavoratore a visita medica preventiva e operare una specifica valutazione dei rischi per la sua salute, sia in relazione a patologie che potrebbero derivare dall’attività sia per la verifica delle condizioni di attitudine allo svolgimento della specifica mansione (Sez.4, n.1465 del 04/10/2018)”.
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2. Sorveglianza sanitaria e movimentazione manuale dei carichi: l’analisi della Cassazione
Preme qui sottolineare innanzitutto come la sentenza scomponga l’obbligo di sorveglianza sanitaria per il rischio in esame in due distinti aspetti:
– l’apprezzamento, in sede di visita preventiva, dei fattori individuali di rischio, compito esclusivo del medico competente;
– la valutazione del rischio (VdR) propriamente detta, compito del datore di lavoro, con la necessaria collaborazione del medico competente.
La Cassazione ci dice che è il primo, e non il secondo, a fondare l’obbligo – a questo punto non derogabile – di sorveglianza sanitaria, mentre la VdR sarà utile al medico competente a definire meglio le modalità e la tempistica delle successive visite periodiche, in relazione al rischio concretamente associato alle mansioni e alle condizioni di salute di ciascun lavoratore.
Le condizioni di rischio individuali sono in estrema sintesi costituite da patologie (osteo-mio-articolari, neurologiche, reumatologiche,…) del lavoratore che rappresentano controindicazioni alla movimentazione manuale; a queste la letteratura (1) aggiunge eventuali inadeguatezze nelle dotazioni (es. scarpe, indumenti), o nell’addestramento/formazione, di cui il datore di lavoro deve in ogni caso farsi carico.
Non è quindi possibile omettere la sorveglianza sanitaria di cui all’art.41, neanche laddove il rischio sia ritenuto “accettabile” (2), o espresso con altre formulazioni testuali simili.
È invece diverso l’approccio del D.Lgs.81/08 ad altri rischi, per i quali espressamente prevede la possibilità di omettere la sorveglianza sanitaria in base all’esito della VdR (ad esempio: -chimico: art.224, c.2 – “rischio irrilevante per la salute”; -biologico: art.279, c.1 – viceversa prevista “quando la valutazione dei rischi ne evidenzia la necessità”). Di tali discrasie non è sempre facile dare conto sulla base di elementi scientifici, o criteri razionali: condizioni di ipersuscettibilità sussistono per tutti i rischi espressamente normati, ed anche per gli altri per cui non è prevista la sorveglianza sanitaria (uno per tutti, lo stress lavoro correlato).
Più in generale, le condizioni di ipersuscettibilità (in termini pratici, di maggiore rischio individuale di sviluppare una patologia professionale in relazione ai rischi occupazionali, o di aggravarne una non professionale pre-esistente) hanno sempre rappresentato un tema sensibile, ad esempio per le malattie oncologiche: è il giudice delle leggi a portarlo oggi all’attenzione della comunità dei giuristi, ma anche – doverosamente – a quella scientifica della medicina del lavoro.
Nel processo di valutazione dei rischi spesso non viene correttamente percepito che l’effettivo oggetto finale di prevenzione è l’evento dannoso, laddove dal pericolo/rischio si è passati all’ effettivo verificarsi di una lesione del bene protetto, la salute.
Guardare all’evento finale, così come si è realizzato, può essere utile, oltre che all’accertamento di eventuali responsabilità penali, anche alla prevenzione, perché tiene conto degli elementi concreti di un certo evento, che consentono poi di formulare generalizzazioni utili a fini preventivi.
La giurisprudenza penale esprime lo stretto legame concettuale tra rischio e danno attraverso il costrutto della “concretizzazione del rischio”.
3. Conclusioni
La sentenza in commento, oltre ad offrire le indicazioni interpretative appena esposte per la corretta applicazione delle norme in riferimento (artt.41 e 168, D.Lgs.81/08), introduce allora – a partire dalla stessa citazione di IV sezione, n.1465/18 (4) – il tema della possibile responsabilità per reato di evento, ossia infortuni sul lavoro o malattie professionali (5), nel caso di omessa sorveglianza sanitaria, laddove si dovesse concludere che tale condotta, anche a titolo di concausa, avesse contribuito con elevata probabilità, prossima alla certezza, alla genesi dell’evento per mancata rilevazione di una condizione di maggiore suscettibilità in sede di visita preventiva, all’insorgenza o all’aggravamento della lesione per cui si procede, o – nel caso di malattia professionale – anche ad una anticipazione dell’estrinsecazione clinica del quadro.
Si pensi al contenzioso che può generare l’omissione della sorveglianza sanitaria nel caso di una discopatia lombare insorta in un soggetto di giovane età addetto alla movimentazione manuale di carichi, pur in presenza di un rischio valutato di lieve entità, portatore di patologie preesistenti che pure presentano tendenzialmente una naturale evoluzione in peius (si pensi alla scoliosi dorso-lombare di una certa gravità): si dovrà accertare, in concreto, che il medico competente avrebbe dovuto esprimere un eventuale giudizio di inidoneità (art.41, c.5, lett.d), o di idoneità parziale con prescrizioni o limitazioni (ivi, lett.b), e/o considerare la possibilità di cogliere precocemente l’evoluzione peggiorativa di un quadro laddove fosse stata attuata la sorveglianza sanitaria periodica, allontanando così il lavoratore dall’esposizione ad ulteriori noxae patogene professionali.
Le considerazioni sulle visite periodiche valgono a maggior ragione per la prevenzione secondaria (ovvero: la diagnosi precoce) di tecnopatie da movimentazione manuale. Tali considerazioni non sono affatto automatiche, e devono essere formulate anche a partire da fonti extragiuridiche, come le indicazioni delle società competenti per disciplina (6), o di enti di autorità riconosciuta (7), e gli approdi – se generalmente condivisi dalla comunità scientifica – della letteratura.
A tanto conduce la puntuale applicazione della sentenza Franzese (8) in tema di reato omissivo improprio, che – non a caso – rappresenta un modello costantemente adottato dalla giurisprudenza per l’accertamento sia della colpa professionale del medico chirurgo che della colpa datoriale, laddove la causalità lavorativa si estrinseca non solo nella insorgenza ex novo di una patologia, ma anche nel suo aggravamento o nella anticipazione della espressione clinica.
In questi casi, saranno due i soggetti (datore di lavoro e medico competente) che si vedranno addebitata l’omissione, con riferimento a obblighi distinti stabiliti dal D.Lgs.81/08 (9), ed il modello di responsabilità sarà quello dell’art.113 c.p. (cooperazione colposa), in presenza di due distinte posizioni di garanzia.
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