Sospensione di 2 mesi per l’Abogado che usa il titolo di Avvocato

Allegati

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno confermato la sospensione di due mesi per l’Abogado che usa il titolo di Avvocato e che, in giudizio, agisce in assenza della dichiarazione di intesa.

Corte di Cassazione – Sez. Un. – Sent. n. 2068 del 19/01/2024

2024-2068.pdf 19 MB

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Indice

1. La vicenda del titolo di avvocato

L’avvocato stabilito deve usare il titolo professionale di origine, evitando di ingenerare confusione con il titolo di avvocato, ed, in sede giudiziale, deve agire d’intesa con un Avvocato.
E’ questo il principio espresso dalle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione nella sentenza n. 2068/2024 del 19 gennaio u.s., con la quale è stata confermata la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per la durata di mesi due all’Abogado  che, in sostituzione di un Avvocato,  aveva partecipato ad un’udienza senza specificare la propria qualità di avvocato stabilito ed in assenza di dichiarazione di intesa.

2. Sospensione abogado: cosa dice il codice deontologico

La Corte ha confermato la sentenza resa dal CNF in applicazione delle norme di cui agli artt. 7 ed 8 del D.leg.vo 96/2001 e della disposizione di cui all’art. 36 Codice Deontologico Forense.
Gli articoli 7 ed 8 del D.leg.vo 96/2001 (recante “Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale”) stabiliscono che:
<<Nell’esercizio della professione l’avvocato stabilito è tenuto a fare uso del titolo professionale di origine (indicato per intero nella lingua o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di origine), in modo comprensibile e tale da evitare confusione con il titolo di avvocato, specificandosi, in via rafforzativa, che all’ indicazione del titolo professionale l’avvocato stabilito è tenuto ad aggiungere l’ iscrizione presso l’organizzazione professionale ovvero la denominazione della giurisdizione presso la quale è ammesso a patrocinare>> (art. 7);
<< Nell’esercizio delle attività relative alla rappresentanza, assistenza e difesa nei giudizi civili, penali ed amministrativi, nonché nei procedimenti disciplinari nei quali è necessaria la nomina di un difensore, l’avvocato stabilito deve agire di intesa con un professionista abilitato ad esercitare la professione con il titolo di avvocato, il quale assicura i rapporti con l’autorità adita o procedente e nei confronti della medesima è responsabile dell’osservanza dei doveri imposti dalle norme vigenti ai difensori. L’intesa di cui al comma 1 deve risultare da scrittura privata autenticata o da dichiarazione resa da entrambi gli avvocati al giudice adito o all’autorità procedente, anteriormente alla costituzione della parte rappresentata ovvero al primo atto di difesa dell’assistito>> (art. 8).
L’art. 36 n. 1 CDF stabilisce che l’uso di un titolo professionale non conseguito costituisce illecito disciplinare.
La Corte Suprema, verificata la natura documentale dell’illecito, ha escluso la invocata, da parte del’incolpato, buona fede sul presupposto che, pur potendo farlo, egli ha omesso di richiedere la correzione dell’asserito errore di verbalizzazione.
Di qui la conferma della decisione del CNF in punto sia di affermazione della responsabilità deontologica che di dosimetria della sanzione nella misura attenuata.

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Vincenza Fabrizio

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