Indice:
- Il fatto
- I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
- Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
- Conclusioni
- Volume consigliato
Il fatto
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva disposto la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena concesso all’imputato con una sentenza di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. pronunciata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Venezia, evidenziando il mancato pagamento della somma di euro 35.642,84 al quale il beneficio era stato subordinato, giudicando irrilevanti lo stato di disoccupazione e la situazione familiare del condannato poiché non diversi da quanto si prospettava al giudice della cognizione al momento della concessione del beneficio espressamente richiesto dall’imputato nel giudizio di merito.
Sull’argomento, vedasi: Antonio Di Tullio D’Elisiis, Nel caso in cui la sospensione condizionale della pena sia subordinata al pagamento di una somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, quando il mancato pagamento non comporta la revoca automatica del beneficio?
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento summenzionato era proposto ricorso per Cassazione con cui si chiedeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata perché, ad avviso della difesa, il giudice dell’esecuzione non aveva considerato come già risultasse l’impossibilità ad adempiere al momento della concessione del beneficio, sicché non poteva procedersi oggi alla revoca dello stesso, non essendo mutate le condizioni personali e patrimoniali del condannato.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso era ritenuto fondato per le seguenti ragioni.
Si riteneva a tal proposito opportuno premettere che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, «in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento dei danni, l’assoluta impossibilità di adempiere, accertata dal giudice dell’esecuzione, impedisce la revoca del beneficio» (Sez. 1, n. 43905 del 14/10/2013) ben potendo, pertanto, il giudice dell’esecuzione concedere ingresso a tali documentate prospettazioni difensive, dovendo però svolgere su di esse gli opportuni accertamenti, a norma dell’articolo 666, comma 5, cod. proc. pen., rilevandosi al contempo che tale orientamento della giurisprudenza di legittimità, che si riferisce specificamente alla fase esecutiva, si deve confrontare con la posizione assunta dalla giurisprudenza di legittimità nella fase della cognizione dato che, come ripetutamente segnalato dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo, la giurisprudenza è attualmente divisa sulla seguente questione: “Se, in caso di subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno contestualmente liquidato, il giudice della cognizione sia tenuto a svolgere un accertamento circa le condizioni economiche dell’imputato e la sua concreta possibilità di sopportare l’onere del risarcimento pecuniario” visto che, se un primo orientamento esclude la necessità che il giudice della cognizione compia uno specifico accertamento sulla possibilità di adempiere: Sez. 4, n. 4626 del 08/11/2019; Sez. 2, n. 26221 del 11/6/2015; Sez. 5, n. 12614 del 09/12/2015; Sez. 5, n. 15800 del 17/11/2015; Sez. 4, n. 11189 del 08/01/2015; Sez. 5, n. 14205 del 29/01/2015; Sez. 6, n. 33024 del 08/05/2014; Sez. 6, n. 33020 del 08/05/2014; Sez. 3, n. 38345 del 25/05/2013; Sez. 3, n. 3197 del 13/11/2008; Sez. 6, n. 2390 del 31/01/2000; Sez. 4, n. 296 del 28/11/1988; Sez. 4, n. 762 del 15/10/1979, un secondo orientamento è, invece, di opposto avviso: Sez. 5, n. 40041 del 18/06/2019; Sez. 5, n. 21557 del 2/2/2015; Sez. 2, n. 21557 del 02/02/2015; Sez. 2, n. 22342 del 15/02/2013; Sez. 5, n. 4527 del 03/11/2010; Sez. 4, n. 3050 del 11/07/1979; Sez. 4, n. 5085 del 22/02/1978; Sez. 4, n. 1661 del 20/11/1978.
Detto questo, pur a fronte di ciò, gli Ermellini osservavano tuttavia come tale contrasto sia, però, privo di conseguenze con riguardo alla fase esecutiva poiché, per la Suprema Corte, ciò che interessava nel caso di specie era la verifica della attualità dell’impedimento, essendo stato chiarito che, «di fronte all’inadempienza dell’obbligazione condizionante la sospensione della pena, il giudice deve dare conto, ai fini della eventuale revoca del beneficio, della impossibilità o della estrema difficoltà di adempiere, non potendo disattendere lo stato di indigenza dedotto dall’obbligato con formule stereotipe del tipo “avrebbe potuto trovarsi un lavoro” o “darsi da fare”» (Sez. 1, n. 24714 del 08/05/2003) avendo il giudice dell’esecuzione, in effetti, dato atto unicamente della stabilità della condizione economica che risultava ampiamente illustrata nell’istanza di applicazione della pena poi accolta dal giudice di merito, ma non aveva concretamente verificato l’esistenza di una situazione impeditiva all’adempimento dell’obbligo cui il beneficio della sospensione condizionale è stato subordinato.
Ebbene, quale che fosse la situazione economica e personale dell’imputato al momento della pronuncia della sentenza che aveva concesso il beneficio subordinandolo al pagamento della somma a titolo di risarcimento del danno, secondo la Corte di legittimità, è preciso dovere del giudice dell’esecuzione di procedere, quando l’impossibilità ad adempiere sia allegata dal condannato, di effettuare gli opportuni accertamenti, essendo irrilevante l’eventuale errore compiuto dal giudice della cognizione che ha concesso il beneficio nonostante l’allegazione di condizioni economiche e patrimoniali precarie fermo restando che, a fronte dell’allegazione di un incolpevole impedimento ad adempiere, è compito del giudice dell’esecuzione di svolgere gli accertamenti ritenuti necessari, potendo essere valutata, ai fini di verificare la fondatezza della istanza promossa in sede esecutiva, la volontaria assunzione da parte dell’imputato dell’obbligo risarcitorio pur in presenza di una già esistente e nota difficoltà economico – patrimoniale, ciò in quanto, alla stregua dei principi generali di buona fede e correttezza (artt. 1175 e 1375 cod. civ.), non è consentita la consapevole assunzione di una obbligazione che si ha la consapevolezza di non volere o potere adempiere, versandosi nell’ipotesi dell’inadempimento anticipato dell’obbligazione assunta (Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 23823 del 21/12/2012).
L’ordinanza era, dunque, annullata con rinvio allo stesso giudice dell’esecuzione perché si procedesse, nell’assoluta libertà delle proprie determinazioni di merito, agli accertamenti ritenuti necessari per verificare l’attualità del dedotto impedimento ad adempiere all’obbligazione cui è stato condizionato il beneficio della sospensione condizionale, rilevandosi al contempo come il giudice di rinvio si sarebbe dovuto attenere al seguente principio di diritto: «in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento dei danni, l’assoluta impossibilità di adempiere, che impedisce la revoca del beneficio, deve essere accertata dal giudice dell’esecuzione, ove allegata dal condannato, potendosi a tal fine tenere conto della volontaria dell’assunzione dell’obbligo risarcitorio pur in presenza di una già esistente e nota difficoltà economico -patrimoniale».
Conclusioni
La decisione in oggetto desta un certo interesse essendo ivi chiarito che, in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento dei danni, il giudice dell’esecuzione deve accertare l’assoluta impossibilità di adempiere che impedisce la revoca del beneficio.
Difatti, in tale pronuncia, è postulato il principio di diritto secondo cui, in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento dei danni, l’assoluta impossibilità di adempiere, che impedisce la revoca del beneficio, deve essere accertata dal giudice dell’esecuzione, ove allegata dal condannato, potendosi a tal fine tenere conto della volontaria dell’assunzione dell’obbligo risarcitorio pur in presenza di una già esistente e nota difficoltà economico –patrimoniale.
Tale provvedimento, dunque, deve essere preso nella dovuta considerazione allo scopo di appurare se il giudice dell’esecuzione abbia correttamente compiuto questo accertamento, o meno.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica giuridica, quindi, non può che essere positivo.
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