Sospensione dalla frequenza scolastica per alunna non vaccinata: la mancata osservanza è reato?

La mancata osservanza del provvedimento di sospensione dalla frequenza scolastica emanato dal dirigente scolastico può integrare il reato di cui all’art. 650 c.p.?

(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 650)

Indice:

  1. Il fatto
  2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
  3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
  4. Conclusioni

Il fatto

A seguito di richiesta di emissione di decreto penale di condanna formulata dal pubblico ministero, il GIP del Tribunale di Pesaro pronunciava, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., una sentenza con cui gli imputati erano prosciolti, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, dalla violazione di cui all’art. 650 cod. pen. agli stessi contestata in concorso, in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sulla figlia minore, e consistita nell’inosservanza del provvedimento di sospensione dalla frequenza scolastica emesso nei confronti della minore dal dirigente competente, al fine di assicurare la tutela della salute pubblica e il mantenimento delle condizioni di sicurezza epidemiologica, mediante la condotta realizzata dall’ottobre 2018 al giugno 2019 continuando ad accompagnare a scuola la figlia.

In particolare, il GIP rilevava che l’inosservanza dell’obbligo vaccinale previsto dalle leggi n. 119 del 2017 e n. 108 del 2018 con riguardo a taluni vaccini costituisce illecito amministrativo, e non illecito penale, mentre, solo in caso di urgenza e in occasione di epidemie in atto, l’art. 117 D.Lgs. n. 112 del 1998 legittima l’emissione di provvedimenti contingibili e urgenti di esecuzione coattiva dell’obbligo vaccinale, richiamandosi il principio, immanente nell’ordinamento costituzionale, dell’autodeterminazione in materia di salute, rilevando al contempo che il dirigente scolastico è tenuto, in caso di inottemperanza dei genitori all’obbligo di presentare la documentazione attestante l’assolvimento dei doveri vaccinali nei confronti dei figli, ad effettuare una segnalazione all’azienda sanitaria competente finalizzata all’instaurazione di un procedimento suscettibile di concludersi con l’irrogazione di una sanzione amministrativa e l’attivazione dei controlli sul corretto esercizio della potestà genitoriale; riteneva che la sospensione della frequenza scolastica si atteggiava invece a mero atto amministrativo non trovante la propria fonte in una norma di legge, in assenza di epidemia o contagio in corso, con conseguente irrilevanza penale della condotta ascritta agli imputati.


Leggi l’articolo:
Per la sussistenza del reato previsto dall’art. 650 c.p., quando un provvedimento dell’autorità può ritenersi legalmente dato per ragioni di giustizia nel caso in cui l’invito a presentarsi è rivolto alla persona informata dei fatti per essere sentita dalla polizia giudiziaria in un procedimento penale, di Antonio Di Tullio D’Elisiis
Diritto.it, 20 gennaio 2021


I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento summenzionato la pubblica accusa proponeva ricorso per Cassazione con cui era dedotta violazione di legge, in relazione all’art. 3, comma 3, del D.L. n. 73 del 2017, convertito nella legge n. 119 del 2017, che stabilisce, come requisito di accesso ai servizi educativi per l’infanzia e le scuole di infanzia, la presentazione della documentazione attestante l’assolvimento degli obblighi vaccinali, rilevandosi a tal proposito che: 1) proprio in forza di tale norma primaria, le circolari ministeriali attuative hanno previsto la comunicazione con provvedimento formale, adeguatamente motivato, del diniego di accesso ai genitori inottemperanti alla presentazione della ridetta documentazione; 2) il provvedimento di sospensione dalla frequenza scolastica conseguentemente emanato dal dirigente scolastico costituisce presidio dell’interesse collettivo al bene della salute pubblica, tutelato mediante l’obbligo vaccinale al fine di prevenire il rischio di epidemie e contagi, in particolare con riguardo agli alunni della classe frequentata; 3) la natura di atto amministrativo del provvedimento del dirigente scolastico di diniego di accesso non esclude la punibilità ex art. 650 cod. pen. della relativa violazione in quanto la condotta incriminata non è quella rappresentata dall’omessa vaccinazione del minore (sanzionata solo in via amministrativa), ma quella costituita dall’inosservanza dell’ordine legalmente dato di non accompagnare e introdurre il soggetto non vaccinato nell’istituto scolastico.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso era ritenuto fondato per le seguenti ragioni.

Gli Ermellini osservavano a tal proposito prima di tutto che, come risultava chiaramente dalla lettura dell’imputazione in relazione alla quale il pubblico ministero aveva formulato al GIP la richiesta di decreto penale di condanna, la condotta inottemperante a un provvedimento legalmente dato per ragioni di salute dalla pubblica autorità (nella persona del dirigente scolastico competente), contestata agli imputati come idonea a integrare il reato di cui all’art. 650 cod. pen., non era costituita dall’inadempimento degli obblighi di vaccinazione della figlia minore, sotto il profilo della mancata sottoposizione della stessa alla somministrazione dei vaccini previsti come obbligatori dalla legge, ma bensì – testualmente – dall’inosservanza del “provvedimento di sospensione dalla frequenza scolastica” emanato a seguito della mancata presentazione della documentazione attestante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie che l’art. 3 comma 3 del D.L. n. 73 del 2017, convertito nella legge n. 119 del 2017, prescrive come requisito di accesso ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie: inosservanza che si era sostanziata, secondo l’accusa, nell’aver continuato ad accompagnare la figlia minore presso l’istituto scolastico, dal mese di ottobre del 2018 al mese di giugno del 2019, facendole frequentare le lezioni, nonostante il diniego di accesso in vigore.

Orbene, a fronte di ciò, i giudici di piazza Cavour ritenevano come fossero del tutto inconferenti, rispetto alla fattispecie in esame, perciò i richiami operati dalla sentenza impugnata, al fine di motivare il proscioglimento degli imputati, al principio di autodeterminazione in materia di salute accolto nell’ordinamento, alla inesistenza nell’ordinamento di un obbligo vaccinale penalmente sanzionato (contemplando la legislazione vigente soltanto l’irrogazione di sanzioni amministrative in caso di mancata sottoposizione alle vaccinazioni obbligatorie), all’assenza di una situazione di epidemia in atto (con riguardo alle patologie coperte da obbligo vaccinale) tale da legittimare l’adozione di un ordine urgente di esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie visto che la condotta ascritta agli imputati non riguardava il mancato assolvimento degli obblighi vaccinali nei riguardi della figlia minore, che avrebbe trovato un discrimine nei principi, nelle norme e nelle considerazioni appena esposte, ma l’inosservanza di un dovere comportamentale completamente diverso – quello di non accompagnare e introdurre a scuola la figlia minore – discendente da un provvedimento amministrativo statuente un diniego di accesso in assenza di presentazione della documentazione vaccinale prescritta dalla legge.

E’, dunque, ad avviso della Suprema Corte, con esclusivo riguardo alla natura, ai contenuti e alle ragioni di questo provvedimento dirigenziale di diniego di accesso che il GIP doveva verificare l’esistenza dei requisiti di legalità di emissione e la sussistenza dell’inottemperanza al relativo contenuto precettivo, idonee a integrare il reato di cui all’art. 650 cod. pen..

Precisato ciò, per la Corte di legittimità, sul punto, la sentenza impugnata era effettivamente incorsa nella violazione di legge denunciata dal ricorrente non apparendo controvertibile che il provvedimento adottato dal dirigente scolastico trovasse la sua fonte legale nella norma primaria di cui al disposto dei commi 1 e 3 del citato art. 3 D.L. n. 73 del 2017, convertito nella legge n. 119 del 2017, in quanto la previsione del dovere gravante (“sono tenuti”) sui dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e sui responsabili dei servizi educativi per l’infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie di richiedere, all’atto dell’iscrizione del minore, ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, la presentazione di idonea documentazione comprovante l’esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie indicate dalla legge (ovvero le ragioni di esonero, omissione o differimento delle stesse, nei casi previsti), come requisito di accesso all’istituto scolastico, postula e legittima il conseguente esercizio del potere di escludere, con provvedimento motivato, l’ammissione del minore i cui genitori non abbiano adempiuto alla prescrizione di documentare il possesso del requisito a cui la legge subordina la frequentazione scolastica, così come precisato dalla normazione secondaria di cui alle circolari ministeriali richiamate nel ricorso del pubblico ministero, aventi natura essenzialmente esplicativa di comportamenti doverosi già ricavabili dalle citate norme di legge, così come appariva essere altrettanto indiscutibile la legittimità del contenuto del provvedimento, corrispondente a un diniego di accesso logicamente consequenziale alle evidenziate previsioni di legge e alle finalità con esse perseguite, nonché le ragioni di tutela della salute e dell’igiene pubblica che ne avevano giustificato l’emissione, in quanto oggettivamente funzionale agli scopi di prevenzione del rischio epidemiologico che connota tutta la disciplina vaccinale, con particolare riguardo alle comunità scolastiche.

La verificata corrispondenza del provvedimento del dirigente scolastico allo schema legale dell’art. 650 cod. pen. determinava quindi, per il Supremo Consesso, l’annullamento, sul punto, della sentenza impugnata con rinvio per un nuovo esame della richiesta di emissione di decreto penale al GIP del Tribunale di Pesaro, in diversa persona fisica, sul quale residuava il compito di accertare, sulla scorta degli atti trasmessi dal pubblico ministero, la sussistenza delle condotte inosservanti ascritte agli imputati riguardanti non già la sottoposizione della figlia minore alle vaccinazioni obbligatorie, ma l’accompagnamento a scuola e la frequentazione delle lezioni in violazione del diniego di accesso.

Conclusioni

La decisione in esame desta un certo interesse in quanto, al di là del peculiare caso ivi trattato (mancata osservata del provvedimento con cui il dirigente scolastico aveva disposto la sospensione della frequenza scolastica), essa può involgere, argomentando a simili, la problematica circa se, e in che termini, la mancata osservanza di un provvedimento amministrativo, che ponga delle limitazioni causa covid, possa integrare il reato contravvenzionale preveduto dall’art. 650 cod. pen..

Come è noto, il richiamo a questa norma incriminatrice venne fatto dal legislatore, proprio in relazione al varo di misure volte a contrastare il diffondersi del coronavirus e segnatamente l’art. 3, co. 4 del d.l. n. 6/2020 il quale disponeva che, “salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale”.

Pur tuttavia, come autorevolmente rilevato in sede scientifica (GATTA), il rinvio a tale precetto giuridico doveva ritenersi solo quoad penam stante il fatto che, secondo giurisprudenza costante, non “integra l’ipotesi di reato prevista dall’art. 650 c.p. l’inosservanza di un ordine amministrativo avente carattere regolamentare e contenente una disposizione dettata in via preventiva ed indirizzata ad una generalità di soggetti” (ex multis, Cass. pen., sez. I, 19/03/2013, n. 15936).

Nel caso qui in esame, però, la problematica è del tutto diversa trattandosi di verificare, come appena visto, se la mancata osservanza di un provvedimento amministrativo possa integrare, ove ricorrano gli altri elementi costitutivi, il reato di cui all’art. 650 c.p. che, come è noto, dispone quanto segue: “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro”.

Orbene, procedendo per gradi, per quanto concerne l’esistenza di un “provvedimento legalmente dato dall’Autorità”, non vi sono dubbi di sorta sul fatto che possa rilevare un provvedimento amministrativo posto che per “la configurabilità del reato di cui all’art. 650 c.p. per “provvedimento legalmente dato dall’autorità” deve intendersi l’estrinsecazione di una potestà amministrativa ad incidere direttamente su situazioni soggettive con forza innovativa” (Cass. pen., sez. I, 1/12/1995, n. 2195) il quale coincide con il provvedimento adottato nel caso di specie, ossia, come scritto prima, un provvedimento con cui il dirigente scolastico aveva disposto la sospensione della frequenza scolastica.

Qualche dubbio, invece, sembra sussistere per quanto invece concerne la fonte legale in base al quale è stata adottata siffatta misura visto che se è vero, come fatto presente nella pronuncia qui in commento, che la fonte legale di tale provvedimento è rinvenibile nella norma primaria di cui al disposto dei commi 1 e 3 del [citato] art. 3 D.L. n. 73 del 2017, convertito nella legge n. 119 del 2017, in quanto la previsione del dovere gravante (“sono tenuti”) sui dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e sui responsabili dei servizi educativi per l’infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie di richiedere, all’atto dell’iscrizione del minore, ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, la presentazione di idonea documentazione comprovante l’esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie indicate dalla legge (ovvero le ragioni di esonero, omissione o differimento delle stesse, nei casi previsti), come requisito di accesso all’istituto scolastico, postula e legittima il conseguente esercizio del potere di escludere, con provvedimento motivato, l’ammissione del minore i cui genitori non abbiano adempiuto alla prescrizione di documentare il possesso del requisito a cui la legge subordina la frequentazione scolastica, così come precisato dalla normazione secondaria di cui alle circolari ministeriali richiamate nel ricorso del pubblico ministero, aventi natura essenzialmente esplicativa di comportamenti doverosi già ricavabili dalle citate norme di legge, così come appariva essere altrettanto indiscutibile la legittimità del contenuto del provvedimento, corrispondente a un diniego di accesso logicamente consequenziale alle evidenziate previsioni di legge e alle finalità con esse perseguite, nonché le ragioni di tutela della salute e dell’igiene pubblica che ne avevano giustificato l’emissione, in quanto oggettivamente funzionale agli scopi di prevenzione del rischio epidemiologico che connota tutta la disciplina vaccinale, con particolare riguardo alle comunità scolastiche, è altrettanto vero però che tale normativa, in relazione a quanto sancito al comma primo dell’art.1, non sembra annoverare, tra le patologie per cui si deve ricorrere alla vaccinazione ex lege, quella richiesta per fronteggiare il diffondersi del coronavirus.

A fronte di tale criticità, si potrebbe però procedere ad una interpretazione analogica di tale disciplina giuridica in quanto, come nei casi contemplati da essa, anche nel caso di specie, si perseguirebbe l’obiettivo di “assicurare la tutela della salute pubblica e il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale” (così recita l’incipit del comma primo dell’articolo uno).

D’altro canto, operando una interpretazione ermeneutica di tal fatta, sarebbe osservato quell’approdo ermeneutico secondo cui, ai fini della configurabilità dell’illecito penale de quo, è richiesta “la sussistenza di motivi di sanità pubblica concreti e determinati” (Cass. pen., sez. III, 25/03/1994, in Cass. pen., 1996, 297) in grado di integrare una delle ragioni per cui il provvedimento emesso, se inosservato, comporta la configurabilità di tale illecito contravvenzionale.

Infine, trattandosi di un provvedimento con cui non viene sanzionato il fatto che i genitori non hanno vaccinato i figli, ma solo di una misura con la quale era stata disposta la sospensione della frequenza scolastica, non può ritenersi che non sia configurabile siffatto illecito penale sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, stante la natura sussidiaria dell’art. 650 c.p., tale disposizione “si applica solo quando la violazione del provvedimento amministrativo non sia altrimenti sanzionata” (ex multis, Cass. pen., sez. III, 12/02/2021, n. 10773), dal momento che il decreto legge, 7 giugno 2017, n. 73, convertito nella legge, 31 giugno 2017, n. 119, stante quanto preveduto dall’art. 1, comma quarto, si limita a prevedere, a carico dei genitori esercenti la responsabilita’ genitoriale, dei tutori o dei soggetti affidatari ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, una sanzione amministrativa pecuniaria da euro cento a euro cinquecento solo in caso di mancata osservanza dell’obbligo vaccinale secondo quanto previsto dall’art. 1 di questo decreto legge[1].

Terminata la disamina di questo caso particolare, ritornando a trattare la problematica trattata in questo scritto, ossia quella inerente se, e in che misura, la mancata osservanza di un provvedimento amministrativo volto a contenere il diffondersi del coronavirus, nelle sue diverse mutazioni genetiche, integri il reato di cui all’art. 650 c.p., non resta che affermare come, ad avviso dello scrivente, la risposta non possa essere univoca, ma dovrà essere fornita caso per caso tenuto conto della normativa vigente e della giurisprudenza elaborata in subiecta materia.

 


Note:

[1]Ai sensi del quale: “1. Al fine di assicurare la tutela della salute pubblica e il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale, nonche’ di garantire il conseguimento degli obiettivi prioritari del Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017/2019, di cui all’intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in data 19 gennaio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 41 del 18 febbraio 2017, ed il rispetto degli obblighi assunti a livello europeo ed internazionale, per i minori di eta’ compresa tra zero e sedici anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati sono obbligatorie e gratuite, in base alle specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita, le vaccinazioni di seguito indicate: a) anti-poliomielitica; b) anti-difterica; c) anti-tetanica; d) anti-epatite B; e) anti-pertosse; f) anti-Haemophilus influenzae tipo b. 1-bis. Agli stessi fini di cui al comma 1, per i minori di eta’ compresa tra zero e sedici anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati sono altresi’ obbligatorie e gratuite, in base alle specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita, le vaccinazioni di seguito indicate: a) anti-morbillo; b) anti-rosolia; c) anti-parotite; d) anti-varicella. 1-ter. Sulla base della verifica dei dati epidemiologici, delle eventuali reazioni avverse segnalate in attuazione delle vigenti disposizioni di legge e delle coperture vaccinali raggiunte nonche’ degli eventuali eventi avversi segnalati in attuazione delle vigenti disposizioni di legge, effettuata dalla Commissione per il monitoraggio dell’attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, istituita con decreto del Ministro della salute 19 gennaio 2017, il Ministro della salute, con decreto da adottare decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e successivamente con cadenza triennale, sentiti il Consiglio superiore di sanita’, l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), l’Istituto superiore di sanita’ e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, puo’ disporre la cessazione dell’obbligatorieta’ per una o piu’ delle vaccinazioni di cui al comma 1-bis. In caso di mancata presentazione alle Camere degli schemi di decreto, il Ministro della salute trasmette alle Camere una relazione recante le motivazioni della mancata presentazione nonche’ i dati epidemiologici e quelli sulle coperture vaccinali. 1-quater. Agli stessi fini di cui al comma 1, per i minori di eta’ compresa tra zero e sedici anni, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano l’offerta attiva e gratuita, in base alle specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita, delle vaccinazioni di seguito indicate: a) anti-meningococcica B; b) anti-meningococcica C; c) anti-pneumococcica; d) anti-rotavirus. 1-quinquies. Entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e successivamente con cadenza semestrale, il Ministero della salute, sentito l’Istituto superiore di sanita’, fornisce indicazioni operative per l’attuazione del comma 1-quater, anche sulla base della verifica dei dati epidemiologici e delle coperture vaccinali raggiunte, effettuata dalla Commissione per il monitoraggio dell’attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, istituita con decreto del Ministro della salute 19 gennaio 2017. 2. L’avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale, comprovata dalla notifica effettuata dal medico curante, ai sensi dell’articolo 1 del decreto del Ministro della sanita’ 15 dicembre 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 6 dell’8 gennaio 1991, ovvero dagli esiti dell’analisi sierologica, esonera dall’obbligo della relativa vaccinazione. Conseguentemente il soggetto immunizzato adempie all’obbligo vaccinale di cui al presente articolo, di norma e comunque nei limiti delle disponibilita’ del Servizio sanitario nazionale, con vaccini in formulazione monocomponente o combinata in cui sia assente l’antigene per la malattia infettiva per la quale sussiste immunizzazione. 2-bis. Al fine di cui al comma 2, le procedure accentrate di acquisto di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, e all’articolo 1, comma 548, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, con riferimento all’acquisto dei vaccini obbligatori, riguardano anche i vaccini in formulazione monocomponente. 2-ter. Annualmente l’AIFA pubblica nel proprio sito internet i dati relativi alla disponibilita’ dei vaccini in formulazione monocomponente e parzialmente combinata. 3. Salvo quanto disposto dal comma 2, le vaccinazioni di cui al comma 1 e al comma 1-bis possono essere omesse o differite solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta. 3-bis. L’AIFA, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, provvede, avvalendosi della Commissione tecnico-scientifica, all’uopo integrata da esperti indipendenti e che non si trovino in situazioni di conflitto di interesse, e in collaborazione con l’Istituto superiore di sanita’, a predisporre e a trasmettere al Ministero della salute una relazione annuale sui risultati del sistema di farmacovigilanza e sui dati degli eventi avversi per i quali e’ stata confermata un’associazione con la vaccinazione. Il Ministro della salute trasmette la predetta relazione alle Camere. 4. In caso di mancata osservanza dell’obbligo vaccinale di cui al presente articolo, i genitori esercenti la responsabilita’ genitoriale, i tutori o i soggetti affidatari sono convocati dall’azienda sanitaria locale territorialmente competente per un colloquio al fine di fornire ulteriori informazioni sulle vaccinazioni e di sollecitarne l’effettuazione. In caso di mancata effettuazione delle vaccinazioni di cui ai commi 1 e 1-bis, ai genitori esercenti la responsabilita’ genitoriale, ai tutori o ai soggetti affidatari ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, e’ comminata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cento a euro cinquecento. Non incorrono nella sanzione di cui al secondo periodo del presente comma i genitori esercenti la responsabilita’ genitoriale , i tutori e i soggetti affidatari che, a seguito di contestazione da parte dell’azienda sanitaria locale territorialmente competente, provvedano, nel termine indicato nell’atto di contestazione, a far somministrare al minore il vaccino ovvero la prima dose del ciclo vaccinale, a condizione che il completamento del ciclo previsto per ciascuna vaccinazione obbligatoria avvenga nel rispetto delle tempistiche stabilite dalla schedula vaccinale in relazione all’eta’. Per l’accertamento, la contestazione e l’irrogazione della sanzione amministrativa si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni. All’accertamento, alla contestazione e all’irrogazione di cui al periodo precedente provvedono gli organi competenti in base alla normativa delle regioni o delle province autonome. 6. E’, comunque, fatta salva l’adozione da parte dell’autorita’ sanitaria di interventi di urgenza ai sensi dell’articolo 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modificazioni. 6-bis. I vaccini indicati nel Calendario vaccinale nazionale sono sottoposti alla negoziazione obbligatoria dell’AIFA, ai sensi dell’articolo 48, comma 33, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. 6-ter. La Commissione per il monitoraggio dell’attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, istituita con decreto del Ministro della salute 19 gennaio 2017, verifica il rispetto degli obiettivi del Calendario vaccinale nazionale e avvia le misure di competenza atte a garantire la piena e uniforme erogazione dei livelli essenziali di assistenza previste per i casi di mancata, ritardata o non corretta applicazione. In presenza di specifiche condizioni di rischio elevato per la salute pubblica, il Governo esercita i poteri sostitutivi, ai sensi dell’articolo 120, secondo comma, della Costituzione e secondo le procedure di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131”.

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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