Sospensione psicologo per mancata vaccinazione Covid-19: disapplicata la normativa

Allegati

Con l’ordinanza del 27 marzo 2023, si assiste ad una nuova occasione, per il Tribunale di Firenze, di ribadire l’irragionevolezza dell’obbligo vaccinale e il potere-dovere del G.O. di disapplicare la normativa in contrasto con i principi e i diritti sanciti dalla Costituzione e dalla Carta di Nizza.

Trib. Firenze-sez. II civ.-ord. del 27-03-2023-iscritta al proc. r.g. 11334 del 2022

Ordinanza-TRIB.FIRENZE-27.3.23.pdf 1 MB

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Indice

1. La vicenda


Con ricorso d’urgenza, n. 11334, lo psicologo proponeva azione di risarcimento per il danno da lesione dei diritti fondamentali della persona, a seguito di sospensione da lavoro comminata dall’Ordine per violazione degli obblighi vaccinali di cui al D.L. n. 44/2021, e s.m.i..
A giugno 2022 interveniva decreto cautelare inaudita altera parte che disapplicava la normativa de qua, con contestuale revoca del provvedimento di sospensione; rimaneva da statuire, nel contraddittorio tra le Parti che avevano concluso per la cessata materia del contendere a seguito del venir meno degli obblighi vaccinali, in punto di spese sulla soccombenza virtuale.

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2. La decisione


Le motivazioni riconoscono innanzitutto pienamente ammissibile la tutela ex art. 700 c.p.c., dal momento che viene chiesta espressamente la disapplicazione delle leggi ordinarie dello Stato confliggenti sia con la Costituzione che con le fonti internazionali dotate di immediata efficacia precettiva, “relativi al divieto di trattamenti sanitari sperimentali contrari alla dignità umana, imposti senza il consenso libero e informato e tali da compromettere la integrità fisica e psichica del cittadino, nonché la norma sul divieto di trattamenti discriminatori.”. Pertanto, il ricorso mira “a vedere affermato “erga omnes” un diritto fondamentale dell’Uomo, quello di lavorare e potersi sostentare senza frapposizione di ostacoli da parte dello Stato (art. 4 c. 1 della Cost.), senza discriminazioni (art. 3 Cost. e 21 Carta di Nizza), e senza subire trattamenti sanitari rispetto ai quali non vuole prestare il consenso (art. 3 Carta di Nizza).”.
Quanto al merito, premesso che il diritto al lavoro “é correlato al diritto al sostentamento e alla dignità dell’uomo, come libertà dal bisogno”, non è mai esistito un farmaco che avesse la pretesa di contenere la diffusione del virus, dal momento che “tre vaccini in commercio anti-covid non hanno come “indicazione terapeutica”la prevenzione dall’infezione da Sars cov 2, ma sono indicati per la “prevenzione della “malattia” Covid 19”, che è cosa ben diversa. In altri termini, è stato reso obbligatorio un trattamento sanitario, con la giustificazione che fosse necessario per contenere i contagi, quando “lo stesso Ministero della Salute, l’Aifa e l’Iss sapevano di averlo autorizzato per tutt’altro scopo, ossia per la mera prevenzione della malattia covid 19.”
Il passaggio successivo concerne l’autodeterminazione per il diritto alla salute: “La cura dei sintomi di una malattia … è un fatto del tutto privato, che non avrebbe potuto giustificare l’imposizione di trattamenti sanitari, con tutti i costi che ne sono derivati per la finanza pubblica… quindi esiste la libertà di curarsi e anche di non curarsi, perché l’art. 32 cost. non prevede un obbligo generalizzato di cura, ma specifici obblighi di specifici trattamenti per casi davvero eccezionali di agenti patogeni che siano in grado di mettere a rischio la collettività e sempre col limite del rispetto della dignitàumana….Nel nostro ordinamento costituzionale non esiste quindi un obbligo generalizzato di curarsi ma esiste un diritto negativo implicito di non curarsi, ricavabile sempre dall’art. 32 cost., 13 e 2 cost.; quindi il diritto al rifiuto delle cure è inteso quale potere del singolo di decidere del proprio corpo, spazio multivaloriale nel quale lo Stato non può entrare;… il cd.“habeas corpus”, costituisce il portato di una lunga evoluzione della cultura occidentale europea che muove i suoi primi passi oltre quattrocento anni orsono, per cui ogni cittadino decide della propria salute senza che lo Stato possa intromettersi in questo campo…”.
Da qui, la prima evidente irragionevolezza dell’obbligo, in quanto i preparati anti covid autorizzati per prevenzione della sola malattia covid 19 – e che poi si é visto essere inefficaci anche per prevenire la malattia (con risvolti sui conti pubblici non indifferenti) – non potevano essere imposti ai cittadini né per poter lavorare, né per esercitare qualsivoglia altro dirittocostituzionalmente garantito, come invece è successo. 
E, oltre all’autorizzazione c.d. condizionata di cui al Reg. CE 507/2006, e perciò con studi  incompleti e con effetti non noti di medio e lungo termine, senza alcun approfondimento reale su certe fasce di popolazione tra cui malati oncologici e guariti (per il caso che qui interessa), donne in gravidanza e allattamento, bambini, fragili, e senza studi di genotossicità e sul loro potenziale cancerogeno, neppure erano giustificati per l’uso autorizzato da AIFA in modalita “off label”, perché nessuno di questi preparati risulta inserito nella specifica lista dei farmaci utilizzabili off label, di cui alla legge n. 648/1996. Dunque, nessuna farmacia e nessun medico avrebbero potuto erogare e somministrare questi preparati per la prevenzione di Sars cov 2.
Il secondo profilo di irragionevolezza è dato dalla guarigione dal Covid del Ricorrente, per cui anche sotto tale aspetto, si profila l’illegittimità dell’imposizione vaccinale. Del resto, gli individui guariti, che hanno sviluppato e conservano gli anticorpi contro il virus, non sono neppure menzionati nella scheda tecnica del farmaco, perché non sono stati inclusi nella sperimentazione che aveva giustificato l’immissione in commercio; e, la ragione di tale esclusione, sta probabilmente nel fatto che costituisce principio elementare della immunologia e della virologia, che la protezione data dall’immunità naturale è maggiore per efficacia e durata, rispetto a quella vaccinale, come comprovato da numerosi studi scientifici proprio su covid 19 e dai dati clinici.
A ciò, aggiungasi che il soggetto interessato aveva avuto una patologia tumorale e dunque come paziente oncologico avrebbe messo a rischio la sua vita e la sua salute e per il fatto che nella scheda tecnica approvata é riportato che Non sono stati condotti studi di genotossicità o sul potenziale cancerogeno. Ne consegue che “appare illecito imporre questi trattamenti ad un paziente oncologico, per esercitare il suo diritto naturale al lavoro”, tanto più “che gli era stato sconsigliato di fare la terza dose per le alterazioni linfonodali provocate dalla seconda dose, cui aveva fatto seguito di lì a poco anche la comparsa del carcinoma prostatico”.
Da ultimo, la sentenza esamina anche le decisioni della Consulta sulla legittimità costituzionale del vaccino covid, non ritenendole condivisibili proprio in quanto “si tratta di un giudizio in fatto che muove da premesse non rinvenibili nella realtà fattuale, ma meramente attestate e certificate dagli organi del Ministero della Salute; a tal riguardo si pone anche la questione della terzietà della prova ridondante sul giudizio e della parità delle parti in rapporto al principio dell’equo processo”.

3. Conclusioni


In considerazione di tali rilievi, non emerge alcun elemento idoneo a minare la fondatezza del ricorso, e, pertanto, si procede alla disapplicazione delle leggi impositive degli obblighi vaccinali,  contrastanti con l’art. 32 Cost. e con la Carta di Nizza, art. 1,2,3,4,21, in virtù dell’art. 11 Cost. In conclusione, l’unico rimedio esperibile di fronte a norme interne incompatibili con le norme del diritto UE immediatamente precettive è la disapplicazione delle medesime. 
Il ricorso era pertanto fondato, in quanto pur essendo paziente oncologico e persino guarito dal Covid, era stato sottoposto ad una pressione psicologica lesiva della sua libertà di scelta e della sua integrità psichica, correndo il rischio per la sua vita e integrità fisica e subendo una forma di discriminazione illecita del tutto ingiustificata, nel godimento di un diritto naturale fondamentale come il diritto al lavoro e alla esplicazione della personalità attraverso il lavoro.
Dichiarata, pertanto cessata la materia del contendere, le spese seguono la soccombenza, a carico del resistente Ordine.

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Cristina Malavolta

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