Sospeso per tre anni l’avvocato che amministra una s.r.l.

Redazione 07/06/18
Scarica PDF Stampa
La Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, con sentenza n. 14131 del 1° giugno 2018, ha confermato la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per tre anni, inflitta ad un avvocato resosi colpevole di numerosi illeciti disciplinari, tra cui la violazione del dovere di evitare incompatibilità tra l’iscrizione all’albo e la ricoperta carica di amministratore unico in una S.r.l..

Avverso la sanzione irrogata – inizialmente il Coa procedeva alla cancellazione dall’albo – l’avvocato ricorreva dapprima al Consiglio nazionale forense, lamentando, tra l’altro, come non vi fosse alcuna incompatibilità tra l’esercizio della professione forense e la carica di amministratore, posto che la società amministrata aveva ad oggetto attività ludico sportive nell’ambito di una federazione dilettantistica, e dunque non con finalità di lucro.

Il Cnf, accogliendo parzialmente il ricorso, modificava la sanzione e disponeva la sospensione dall’esercizio della professione per tre anni, in luogo della cancellazione dall’albo inflitta in primo grado dal Coa.  L’avvocato ricorreva in Cassazione, riproponendo le medesime censure portate avanti al Cnf, tra cui l’insussistenza della contestata incompatibilità fra la citata carica societaria e l’iscrizione all’albo professionale.

La Suprema Corte tuttavia, nel respingere la doglianza, ribadisce che l’affermazione secondo cui l’amministrata s.r.l. non avesse finalità lucrativa, è rimasta priva di dimostrazione ed è comunque irrilevante, a fronte dell’attività commerciale svolta da una società di capitali qual è, appunto, la s.r.l.

Cancellazione dall’albo non più in vigore, lecita la sospensione

Inoltre – con altra censura perimenti respinta – il legale contesta la sostituzione della sanzione disciplinare (dalla cancellazione dall’albo alla sospensione per tre anni), facendo riferimento alla prassi che sarebbe correttamente seguita, di consentire la reiscrizione all’albo dopo 18 mesi dalla cancellazione, in conseguenza del buon comportamento successivo alla violazione disciplinare. Un’affermazione che non consente comunque di ritenere più vantaggiosa nemmeno in concreto – secondo la Corte –  l’applicazione della cancellazione, quale sanzione non più in vigore.

Precisano gli Ermellini che, nel sostituire la sanzione con la sospensione pari a tre anni, il Cnf ha fatto corretta applicazione del principio già enunciato dalle stesse Sezioni Unite, secondo cui il nuovo codice deontologico non prevede più la sanzione della cancellazione dall’albo; sicché trattandosi di disciplina più favorevole per l’incolpato rispetto al regime previgente, quella sanzione è inapplicabile, ex art. 65 comma 5 Legge n. 247/2012, anche nei procedimenti disciplinari in corso alla data della sua entrata in vigore (si veda per tutte Cass. civ. S.U. sentenza n. 30993/2017).

Sentenza collegata

59415-1.pdf 400kB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento