L’interesse religioso all’utilizzo della bevanda “Santo Daime” potrebbe ricevere riconoscimento e tutela, non tramite la domanda di annullamento del d.m. del 23 febbraio 2023 nella sua interezza, bensì mediante il conseguimento, in presenza dei presupposti, di un’apposita deroga autorizzativa all’impiego controllato, in un contesto rituale, di minime quantità di ayahuasca diluita in tale bevanda. In questi termini, il diritto di professare la propria religione verrebbe bilanciato con le prioritarie esigenze di tutela dell’ordine pubblico e col diritto alla salute. Lo ha stabilito la III sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 20 novembre 2023.
Indice
1. La vicenda giudiziaria
La Chiesa Italiana del Culto Eclettico della Fluente Luce Universale, che professa la fede e la carità cristiana basata sulla dottrina del “Santo Daime”, ha proposto appello avverso la sentenza con la quale il Tar aveva respinto il ricorso avverso il decreto del Ministero della salute nella parte in cui ha inserito “nella tabella I del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309 e successive modificazioni” (tabella contenente l’indicazione delle sostanze stupefacenti e psicotrope) le seguenti “piante ed loro componenti attivi: Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune)”. Il Tar aveva respinto il ricorso sul rilievo che l’art. 14, c. 2, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 prevede che, oltre a tutte le sostanze e i preparati indicati nelle convenzioni e negli accordi internazionali, le tabelle devono contenere anche le sostanze e i prodotti che sono indicati in base a nuove acquisizioni scientifiche.
2. Il Santo Daime
In appello ha esposto la ricorrente che la “bevanda sacramentale Santo Daime”, considerata dai fedeli aderenti “una manifestazione del sangue di Nostro Signore Gesù Cristo la cui assunzione rituale (equivalente al sacramento della comunione nella Chiesa cattolica)”, imprescindibile all’interno delle funzioni religiose, in quanto necessaria per l’esercizio del culto, risulta preparata attraverso la decozione in acqua di due piante della foresta amazzonica, e deriva dalla tradizione indigena pluri-secolare di alcune tribù del bacino della foresta amazzonica, dove è conosciuta con diversi nomi indigeni, tra cui il più diffuso è “ayahuasca”. Ha aggiunto che il “Santo Daime”, consumato solo nelle cerimonie secondo uno specifico protocollo, proviene dal Brasile e rispetta tutte le norme della disciplinare del Governo brasiliano, e che da circa cinquant’anni l’ayahuasca è studiata a livello scientifico e nei decenni si sono intensificati gli studi a livello multidisciplinare, in base ai quali risulta come nelle oltre cinquantamila assunzioni registrate in trentadue anni di attività in Italia, non si sia mai registrato un singolo caso di problema di salute o di ordine pubblico, sicché l’uso controllato, anche in un contesto religioso come nel caso del “Santo Daime”, non solo non sembra presentare rischi per la salute e l’ordine pubblico, ma addirittura può favorire miglioramenti nel benessere generale delle persone che frequentano queste cerimonie.
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3. Nessun divieto per l’uso personale
Parallelamente, a seguito del referendum popolare abrogativo del 1993, il d.P.R. 5 giugno 1993, n. 171 ha disposto l’abrogazione del comma 1 dell’art. 72 del d.P.R. n. 309 del 1990 che vietava “l’uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I, II, III e IV, previste dall’art. 14”.
4. La presenza di allucinogeni
Il Consiglio di Stato ha confermato la posizione del Tar rilevando che nel sistema del d.P.R. n. 309/1990 l’inserimento delle sostanze nelle tabelle di cui agli artt. 13 e 14 non implica di per sé un divieto assoluto di uso controllato delle predette sostanze, ma solo la sottoposizione di tali sostanze alla vigilanza e al controllo del Ministero della salute. E infatti il Titolo II (Delle autorizzazioni), nell’art. 17 (Obbligo di autorizzazione), ammette, alle condizioni indicate dalla legge, l’autorizzazione, da parte del Ministero della salute, della coltivazione, produzione, fabbricazione, impiego, importazione, etc. delle sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle di cui all’articolo 14. E’ risultata quindi condivisibile la tesi del primo giudice, secondo il quale dalle perizie versate in atti non emergerebbe con evidenza la dimostrazione scientifica degli effetti onirici in luogo di quelli allucinogeni, o, comunque, l’assenza dei presupposti per l’iscrizione nella tabella I della sostanza e dei preparati denominati piante ed i loro componenti attivi: Ayahuasca, estratto, macinato, polvere (denominazione comune), dovendosi dunque ritenere fondate e legittime le determinazioni desunte dai pareri dell’ISS e del Consiglio Superiore di Sanità, che hanno “evidenziato la natura allucinogena e di sostanze psicoattive dell’ayahuasca e dell’armina e armalina nonché, entro gli indicati limiti, la loro tossicità e la ricorrenza del loro uso sul territorio nazionale”.
5. I diritti coinvolti
Il profilo dedotto è risultato manifestamente infondato, dovendosi il diritto di professare la propria religione (egualmente libera davanti alla legge, ai sensi del primo comma dell’art. 8 della Costituzione) confrontare e bilanciare con le prioritarie esigenze di tutela dell’ordine pubblico (poiché il secondo comma del citato art. 8 ammette il diritto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica di organizzarsi secondo i propri statuti, ma solo “in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”) e col diritto alla salute (riconosciuto dall’art. 32 Cost. quale “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”).
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