La conduttrice, che è stata autorizzata alla sostituzione del mobilio originario con altro nuovo acquistato a sue spese, non commette il reato di appropriazione indebita se non rispetta l’impegno a consegnare i nuovi mobili al locatore a fine contratto.
riferimenti normativi: art. 646 c.p.
precedenti giurisprudenziali: Cass. pen., sez. II, Sentenza n. 24857 del 21/04/2017
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Indice
1. La vicenda
La conduttrice di un immobile, sulla base di apposta clausola contrattuale, veniva autorizzata alla sostituzione degli arredi preesistenti con altri a propria scelta; in particolare, con la detta pattuizione, la conduttrice contrattualmente si impegnava a sostituire i mobili con altri nuovi acquistati a sue spese, con l’obbligo di restituirli al momento della cessazione del contratto. Quest’ultimo impegno, però, non veniva rispettato. Di conseguenza il locatore si rivolgeva al giudice penale, sostenendo che l’inadempimento all’obbligo di restituzione di tale secondo mobilio (cioè quello acquistato dal conduttore in sostituzione dell’originario) configurasse il reato di appropriazione indebita. Il Tribunale condannava l’inquilina alle pene di legge in quanto ritenuta responsabile del delitto di appropriazione indebita.
La Corte di Appello confermava la pronuncia di primo grado. Alla conduttrice non rimaneva che ricorrere in cassazione. In particolare secondo la ricorrente mancava l’elemento oggettivo del reato e la mancata restituzione del mobilio non poteva integrare la contestata fattispecie di cui all’art. 646 c.p., atteso che si trattava di mobili di sua proprietà e legittimamente sostituiti a quelli originari; per la conduttrice mancava pertanto la condotta di interversione nel possesso; in ogni caso la ricorrente evidenziava l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 646 c.p. relativamente alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
2. La questione
Il reato di appropriazione indebita può essere configurato nei confronti di chi pur obbligato alla restituzione agisca su cosa propria?
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3. La soluzione
La Cassazione ha dato ragione all’inquilina. Secondo i giudici supremi, posto che secondo le previsioni contrattuali la ricorrente era stata autorizzata alla sostituzione del mobilio originario con altro a propria scelta e cura e di proprietà della stessa, è evidente che l’inadempimento dell’obbligo di restituzione di tale secondo mobilio non possa configurare la contestata ipotesi di appropriazione indebita. Per la Cassazione, quindi, si deve considerare che i mobili in questione sono della conduttrice e che la stessa si era pure obbligata a consegnare ai proprietari dell’immobile al momento della cessazione del contratto di locazione e del rilascio dell’immobile.
In considerazione di quanto sopra, ad avviso dei giudici supremi, l’inadempimento in questione, certamente sussistente e foriero di chiara responsabilità civile, non configura però l’ipotesi delittuosa in questione non essendo il nuovo mobilio di proprietà dei locatori e da loro concesso in uso alla ricorrente. Del resto la pattuizione sopra detta obbligava la ricorrente alla consegna del mobilio al momento della cessazione del contratto, senza prevedere però un trasferimento immediato della proprietà in capo al locatore. Alla luce delle predette considerazioni, l’impugnata sentenza è stata annullata senza rinvio perché il fatto non è risultato sussistente. Revocate anche le statuizioni civili.
4. Le riflessioni conclusive
Il reato di appropriazione indebita punisce il soggetto che si appropri indebitamente di una cosa mobile o del denaro che gli è stato consegnato o affidato in virtù di un contratto o di un altro titolo che imponga l’obbligo di restituzione. In altri termini, l’appropriazione indebita si verifica allorquando una persona, dopo aver ricevuto la disponibilità di una cosa mobile o di denaro altrui, invece di restituirli, li trattenga e li utilizzi per sé o per altri, in assenza di un legittimo motivo o di una specifica autorizzazione da parte del legittimo proprietario.
Così integra il reato di appropriazione indebita la condotta del conduttore di un appartamento che asporti dall’immobile oggetto di locazione i relativi arredi senza che, ai fini della sussistenza dell’illecito, sia necessaria la formale richiesta di restituzione da parte del locatore ma essendo sufficiente che a detti beni sia stata data dall’agente una diversa destinazione rispetto a quella originaria (Cass. pen., sez. II, 22/12/2011, n. 4958; Trib. Genova, sez. I pen., 20 giugno 2016, n. 3938). Dall’applicazione di tale principio, attinente la ratio dell’art. 646 c.p., ne deriva che il delitto non può essere configurato nei confronti di chi pur obbligato alla restituzione agisca su cosa propria. In ogni caso sussiste la circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11, qualora il conduttore di un immobile si appropri degli oggetti e suppellettili, costituenti corredo e mobilio, in quanto oggetto del negozio giuridico relativo alla concessione dell’uso dei beni presenti nell’immobile locato è l’obbligo di conservazione, e quindi di restituzione dei medesimi alla scadenza del contratto (Cass. pen., sez. II, 05/07/2011, n. 36897).
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