Sovraindebitamento: la durata del piano del consumatore

Dalla sua entrata in vigore, la legge 3 del 2012, cosiddetta “legge salva suicidi”, ha portato una speranza in tutti quei soggetti sovraindebitati ai quali, da sempre, era stato negato uno strumento legislativo che potesse risolvere, o quantomeno attenuare, il dissesto del privato, ridando a quest’ultimo la possibilità di tornare a rivestire un ruolo attivo nella società.

Il piano del consumatore

Uno degli strumenti previsti dalla L. 3/2012 è il c.d. piano del consumatore – che si affianca alla liquidazione patrimoniale e all’accordo con i creditori – consistente in un piano rateale di pagamento dei debiti, predisposto sulla base delle reali condizioni economiche del debitore.
L’accesso alla procedura in esame non è automatico, in quanto il debitore istante deve possedere una serie di requisiti (primo fra tutti quello della meritevolezza). Così come anche l’eventuale riduzione delle posizioni debitorie avviene solo dopo un’analisi delle reali condizioni reddituali e patrimoniali dell’istante, che saranno attentamente vagliate da un organismo creato ad hoc, il c.d. OCC (Organismo di composizione della crisi).
L’entusiasmo iniziale che ha travolto tutti quei soggetti privati che riponevano speranze nel deposito del piano del consumatore, tuttavia, è stato ben presto attenuato.
Ed invero, uno degli ostacoli principali del piano del consumatore è da sempre quello della durata.
Ovviamente, la maggiore durata del piano rappresenta un evidente vantaggio per il debitore, a discapito degli interessi creditori.
Sul tema della durata la l. 3/2012 nulla stabilisce.

Le pronunce di merito

Il vuoto normativo è stato da subito colmato dalla Giurisprudenza di merito che, richiamando le indicazioni della Corte di Cassazione (sent. 1521/2013), ha posto un tetto massimo alla durata del piano, solitamente individuato in cinque anni.
Ebbene, per molti sovraindebitati, soprattutto per chi opta per la presentazione del piano del consumatore in alternativa all’ipotesi liquidatoria, una breve durata equivale alla non sostenibilità della proposta.
In tanti casi, infatti, gli istanti si ritrovano ad avere debiti con istituti bancari che, di contro, a loro tutela, posseggono garanzie ipotecarie sugli immobili degli stessi. In tali situazioni, qualora non si possa contare sull’apporto di terzi soggetti, un piano del consumatore di cinque anni (o poco più) diviene non sostenibile (in quanto le rate del piano sarebbero inferiori a quelle previste dal piano di ammortamento bancario).
E tuttavia, la giurisprudenza di merito sul punto è in continua evoluzione.
Da segnalare è, infatti, il decreto di omologa ottenuto da un giovane sovraindebitato dal Tribunale di Parma (del 25 Luglio 2018) che dovrà affrontare un piano di rientro di ben trent’anni.

Nel provvedimento citato, in riferimento alla durata del piano, si legge: “[…] la prassi e la giurisprudenza, anche di questo Tribunale, a differenza di altre procedure concorsuali maggiori, non prevede un limite temporale predefinito per le composizioni delle Crisi da Sovraindebitamento; b) in merito alla Sentenza della Suprema Corte, S.U. 1521 del 2013, richiamata da Banca ******, la Cassazione stessa individua la sussistenza della c.d. “causa concreta concordataria”, nella duplice prospettiva del superamento della crisi unitamente al soddisfacimento pur parziale, ma non “epidermico” o del tutto irrisorio dei creditori. La Sentenza, in oggetto, fa pertanto riferimento al Concordato Preventivo e non alle procedure di composizione della Crisi da Sovraindebitamento”.
Il Tribunale di Parma ha, quindi, omologato il piano del consumatore con una previsione di sei anni, a cui si aggiungono altri 24 anni per i soli crediti ipotecari vantati dall’istituto bancario.
È evidente che la decisione del Giudice muova da una valutazione di convenienza del piano del Consumatore – che nel caso specifico vedeva anche l’intervento di terzi garanti – rispetto all’ipotesi liquidatoria.
L’elemento relativo alla possibile durata del piano del consumatore, pur restando uno dei temi più dibattuti dalla giurisprudenza di merito, ha subito un’evidente apertura di vedute da parte dei giudici.
Ed infatti, nella valutazione circa la sostenibilità del piano, i giudici hanno il difficile compito di trovare un contemperamento tra gli interessi in gioco. Da un lato, quelli debitori che si sostanziano in una fattibilità reale legata anche e soprattutto alla possibilità di innalzare il numero di rate previste, dall’altro quelli creditori, ispirati ad una celere definizione della posizione.

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