L’esame parte da un caso pratico: il Giudice ha accolto parzialmente un ricorso ex art 700 c.p.c. ed ha condannato le parti ad una compensazione parziale delle spese per due terzi, ponendo il restante un terzo a carico della parte parzialmente soccombente.
La parte parzialmente vittoriosa ha chiesto quindi alla controparte di corrispondergli, oltre alle spese liquidate dal giudice, il contributo unificato e non già nella misura di un terzo, bensì per intero.
La richiesta è legittima? O è necessaria un’istanza di correzione?
Esaminiamo insieme cosa statuisce la legge e come si è orientata la giurisprudenza in proposito.
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Indice
1. La normativa di riferimento
Gli artt 91 e ss del codice di procedura civile regolano, com’è noto, la materia delle spese legali disponendo il principio della soccombenza per la parte non vittoriosa. La ratio della norma è chiara: si vuole evitare che chi abbia vinto una causa subisca comunque un pregiudizio economico pagando le spese del giudizio. Il Giudice può limitare il rimborso delle spese alla parte vittoriosa, non coinvolgendone le spese ritenute superflue o non giustificate. Infine il giudice può compensare le spese e stabilire la misura della compensazione in base a giustificati motivi.
Il DM 55/2014 ha poi introdotto l’obbligo del versamento del contributo unificato al momento dell’iscrizione della causa al ruolo da parte dell’istante.
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2. L’interpretazione giurisprudenziale
L’orientamento dominante è nel senso di ritenere il contributo unificato una obbligazione ex lege. Ciò significa che anche se il Giudice non si sia pronunciato in merito, la parte che ha anticipato il pagamento del contributo unificato ha diritto al rimborso, se risultata vittoriosa in giudizio. Infatti il valore del c.u. è determinato ed attestato nella ricevuta di pagamento, quindi il suo versamento è certo e non è necessaria apposita statuizione da parte del Giudice. Il pagamento del c.u. si aggiunge dunque alla somma già determinata dal Giudice a titolo di spese vive.
Di conseguenza, nel caso in cui il Giudice non si pronunci sulla condanna al pagamento del contributo unificato, la pronuncia non contiene un errore materiale nella determinazione degli esborsi sostenuti dalla parte vittoriosa (errore che, peraltro, si concreterebbe non tanto in una omissione di pronuncia, concetto estraneo alla statuizione sulle spese, bensì in una violazione dell’art. 91 c.p.c., quale norma che giustifica l’esenzione della parte vittoriosa dal costo del processo), bensì nel senso che abbia inteso liquidare a favore della parte vittoriosa la somma espressamente indicata in aggiunta a quella rappresentata dalla misura del contributo unificato ed in quanto relativa ad altre spese vive sopportate. come se si trattasse di una condanna implicita. (cfr. Cass. Civ., Ordinanza del 23 settembre 2015n. 18828)
Anche nel processo amministrativo, i giudici sono pervenuti ad analoga considerazione. Infatti con
sentenze C.d.S., Sez. V, 4 giugno 2020, n. 3517, e 13 gennaio 2014, n. 68; Sez. IV, 1° giugno 2017, n. 2635; Sez. III, 23 ottobre 2015, n. 4887, si è arrivati a stabilire che l’importo del contributo unificato per le spese degli atti giudiziari “grava sempre sulla parte soccombente, addirittura anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e persino se essa non si è costituita in giudizio”
La Corte di Cassazione, nella sua sentenza n. 2691/2016, ha fatto proprio l’orientamento delle corti di merito statuendo che : “Il contributo unificato atti giudiziali costituisce un’obbligazione ex lege gravante sulla parte soccombente per effetto della condanna alle spese, sicché, anche in caso di mancata menzione da parte del giudice, la relativa statuizione include, implicitamente, l’imposizione della restituzione alla parte vittoriosa di quanto versato, senza che si renda necessaria alcun correzione, per errore materiale, del provvedimento giudiziale e restando il pagamento verificabile, anche in sede esecutiva, con la corrispondente ricevuta”.
Il medesimo principio è stato meglio esplicitato nella sentenza Cass. Civ., Sez. I, 10/07/2019, N. 18529, in cui leggiamo «Il contributo unificato atti giudiziari costituisce un’obbligazione ex lege di importo predeterminato, gravante sulla parte soccombente per effetto della stessa condanna alle spese, con la conseguenza che il giudice non è neppure tenuto a liquidarne autonomamente il relativo ammontare. Dunque, qualora il provvedimento giudiziale rechi la condanna alle spese giudiziali e nell’ambito di essa non faccia alcun riferimento alla somma pagata a titolo di contributo unificato dalla parte vittoriosa, la statuizione di condanna si deve intendere estesa implicitamente, al di là della mancanza formale, anche alla imposizione della restituzione della somma corrisposta per quel titolo, il cui pagamento sarà documentabile anche in sede esecutiva tramite la documentazione relativa al versamento».
Da ultimo, la Suprema Corte, intervenuta di nuovo sul punto, ha affermato che in caso di soccombenza reciproca, se il giudice non decide di compensare le spese, deve porle a carico della parte la cui domanda, anche se accolta, ha un valore minore rispetto a quella di controparte, anch’essa accolta (Cass. civ. sez VI ord. 21/01/2020 n. 1269)
3. Considerazioni finali
Alla luce quindi delle suesposte considerazioni, è evidente che la pretesa di pagamento avanzata nel caso specifico dalla parte vittoriosa, sia pure parzialmente, di ottenere il rimborso per intero e non limitatamente ad un terzo del pagamento del contributo unificato dalla parte parzialmente soccombente è legittima, mentre un’eventuale istanza di correzione materiale della statuizione del giudice in materia di spese verrebbe rigettata.
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