Ai sensi dell’art. 1124 Cc, sia nella precedente che nell’attuale formulazione, le spese relative alla manutenzione ed alla ricostruzione (sostituzione) dell’ascensore, al pari delle scale, devono essere ripartite tra i proprietari delle unità immobiliari a cui servono, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo, con la precisazione che, ai fini del concorso nella metà della spesa, si considerano come piani anche le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari, qualora non siano di proprietà comune.
Viceversa, le spese per l’installazione ex novo dell’ascensore in un edificio in condominio vanno suddivise secondo i criteri generali di ripartizione delle spese imposti dall’art. 1123 Cc, vale a dire, in misura proporzionale al valore millesimale della proprietà di ciascun condomino.
La ragione di tale differenziazione risiede nel fatto che, così come le scale, tutti i condòmini devono concorrere alle spese necessarie alla conservazione ed alla manutenzione di un ascensore già esistente, considerato che lo stesso – siccome necessario per l’accesso al tetto ed al terrazzo – è fruibile anche i condòmini proprietari di negozi o locali siti al piano terra e con accesso diretto dalla strada con obbligo, per questi, di partecipare alla spesa in relazione all’utilità che possono in ipotesi trarne.
Tali criteri di ripartizione, al pari di tutti gli altri criteri legali di suddivisione delle spese condominiali, possono essere derogati esclusivamente dal regolamento condominiale contrattuale ovvero da una deliberazione dell’assemblea approvata con il consenso di tutti i condòmini.
I principi espressi dall’ordinanza n. 22157
Questi i principi espressi nell’ordinanza n. 22157, della Corte di Cassazione, Relatore dott. A. Scarpa, pubblicata in data 12 settembre 2018.
A seguito di opposizione a decreto ingiuntivo proposta da una condomina avverso l’ingiunzione di pagamento ad istanza del condominio, afferente le spese per il <<rinnovamento o la manutenzione straordinaria dell’impianto di ascensore>>, il Tribunale di Latina, Sezione distaccata di Terracina, accoglieva l’opposizione ritenendo incidentalmente nulla la delibera di approvazione delle spese sopra dette.
La Corte di Appello di Roma, successivamente investita della questione, in riforma della sentenza di primo grado, approvava l’appello del condominio rigettando, pertanto, l’opposizione del condominio.
Il Giudice di secondo grado, premessa, semmai, la mera annullabilità della delibera posta a fondamento del decreto ingiuntivo – e non l’affermata nullità della stessa statuita dal Tribunale -, pur ritendo formatosi il giudicato sul punto in assenza di specifica censura, ha giudicato meritevole di riforma la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto esonerata la condomina opponente dalla partecipazione alle spese di sostituzione completa dell’ascensore, nonostante la stessa fosse proprietaria di locali posti al piano terra, con unico accesso dalla via pubblica.
Propone ricorso per cassazione la condomina soccombente eccependo, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1124, 1363 Cc, nonché dell’art. 8 del regolamento di condominio.
La Corte di Cassazione premette che, in materia di opposizione a decreto ingiuntivo afferente le spese condominiali, non possono esser fatte valere questioni attinenti alla annullabilità della delibera condominiale di approvazione dello stato di ripartizione.
La stessa, infatti, se non sospesa o annullata nell’apposito giudizio di impugnativa, risulta titolo sufficiente alla concessione del decreto ingiuntivo.
Quando, invece, viene eccepita la nullità della stessa – eccezione rilevabile anche d’ufficio -, in sede di opposizione il Giudice può incidentalmente valutare la dedotta nullità, trattandosi di aspetto costitutivo della domanda e, se del caso, revocare il decreto ingiuntivo, come in ipotesi di deliberazione adottata a maggioranza derogativa dei criteri legali di ripartizione delle spese.
La decisione della Suprema Corte
Nel merito, continua la Suprema Corte, allorquando ci si trovi al cospetto di una ripartizione delle spese relative alla completa sostituzione dell’impianto di ascensore condominiale, <<il costante orientamento interpretativo di questa Corte ha più volte affermato (nella vigenza della disciplina, qui operante, antecedente alla riformulazione dell’art. 1124 c.c. introdotta dalla legge n. 220 del 2012, ove espressamente si contempla l’intervento di sostituzione degli ascensori) che, a differenza dell’installazione “ex novo” di un ascensore in un edificio in condominio (le cui spese vanno suddivise secondo l’art. 1123 c.c., ossia proporzionalmente al valore della proprietà di ciascun condomino), quelle relative alla manutenzione e ricostruzione dell’ascensore già esistente vanno ripartite ai sensi dell’art. 1124 c.c. (Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20713, non massimata; Cass. Sez. 2, 25/03/2004, n. 5975; Cass. Sez. 2, 17/02/2005, n. 3264).>>.
Ciò perché, <<stante l’identità di ratio delle spese di manutenzione e di ricostruzione delle scale ex art. 1124 c.c. e delle spese relative alla conservazione e alla manutenzione dell’ascensore già esistente, deve dirsi che, al pari delle scale, l’impianto di ascensore, in quanto mezzo indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura, riveste la qualità di parte comune (tant’è che, dopo la legge n. 220 del 2012, esso è espressamente elencato nell’art. 1117 n. 3, c.c.) anche relativamente ai condomini proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada, poiché pure tali condomini ne fruiscono, quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell’edificio, con conseguente obbligo gravante anche su detti partecipanti, in assenza di titolo contrario, di concorrere ai lavori di manutenzione straordinaria ed eventualmente di sostituzione dell’ascensore, in rapporto ed in proporzione all’utilità che possono in ipotesi trarne (arg. da Cass. Sez. 2, 20/04/2017, n. 9986; Cass. Sez. 2, 10/07/2007, n. 15444; Cass. Sez. 2, 06/06/1977, n. 2328).>>.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con la condanna della ricorrente a rimborsare le spese del giudizio di cassazione.
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