Riferimenti normativi: artt. 1138 c.c.
Precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 28051 del 2/11/2018
Indice:
La vicenda
Un condomino nell’anno 1993 si distaccava dall’impianto centralizzato di riscaldamento e realizzava, nell’ambito della completa ristrutturazione dell’unità immobiliare di sua proprietà, un impianto autonomo e completamente autosufficiente per l’erogazione del relativo servizio. Con delibera assembleare del 1 marzo 2011 il condominio però continuava ad addebitagli lo stesso spese di riscaldamento. Di conseguenza il distaccato impugnava la delibera, chiedendone l’annullamento in relazione ai punti 1) e 2) dell’ordine del giorno, inerenti all’approvazione della ripartizione delle spese di godimento del servizio di riscaldamento; del resto l’attore sottolineava la legittimità del distacco, eccependo l’assenza di qualsiasi squilibrio termico nei confronti della restante parte del condominio; secondo il condominio nel regolamento condominiale, di natura contrattuale, gli artt. 2, 9 e 13, obbligavano i condomini alla contribuzione alle spese necessarie per le parti comuni, nonchè alla utilizzazione del servizio di riscaldamento, vietando l’esonero dal relativo pagamento pur in caso di rinuncia. Il Tribunale di Torino, dava torto all’attore, rilevando che in via generale la rinuncia all’uso della cosa comune non esenta dalle spese di conservazione dell’impianto; in ogni caso riteneva che, nel caso di specie, il regolamento condominiale impedisse il distacco effettuato dall’attore e che non sussisteva neppure una delibera assembleare che lo consentisse; la Corte di Appello, condivideva quanto rilevato dal primo giudice in ordine al contenuto del regolamento condominiale, precisando che lo stesso contemplava un divieto di distacco dall’impianto di riscaldamento, obbligando all’uso dello stesso e alla contribuzione a carico di ciascuna unità abitativa, anche in caso di rinuncia dei relativi servizi. La pronuncia di secondo grado veniva cassata con ordinanza della Cassazione n. 28151/2018, che, in accoglimento del primo motivo di ricorso del distaccato, sosteneva che la clausola del regolamento comportante il divieto di distacco dall’impianto era nulla per violazione dagli artt. 1118, comma 4, c.c., 26, comma 5, I. 10/1991 e 9, comma 5, d.lgs. 102/2014. Riassunta ritualmente la causa, il giudice del rinvio riteneva valida la previsione del regolamento che vietava ai condomini di distaccarsi dall’impianto di riscaldamento (in contrasto con il principio enunciato dall’ordinanza n. 28051/2018, che si era esplicitamente pronunciata per l’invalidità delle suddette clausole regolamentari). In ogni caso riteneva valida la delibera assembleare che aveva posto dette spese di riscaldamento anche a carico del distaccato, avendo l’assemblea adottato un criterio di riparto coerente con le disposizioni del regolamento condominiale di natura contrattuale.
La questione
È valida la clausola del regolamento contrattuale che ponga anche a carico del condomino distaccato le spese per l’uso dell’impianto di riscaldamento in aggiunta a quelle, comunque dovute, per la sua conservazione?
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La soluzione
La Cassazione ha ribadito che è nulla, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, la clausola del regolamento condominiale, come la deliberazione assembleare che vi dia applicazione, che vieti in radice al condomino di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune; al contrario i giudici supremi confermano la validità della delibera assembleare che, in esecuzione di apposita disposizione del regolamento condominiale avente natura contrattuale, imponga il pagamento delle spese di gestione dell’impianto centrale di riscaldamento anche a carico anche delle unità immobiliari che non usufruiscono del relativo servizio (per avervi rinunciato o essersene distaccati)
Le riflessioni conclusive
Non è raro che una clausola di natura contrattuale del regolamento disciplini le spese di esercizio e di manutenzione dell’impianto di riscaldamento, precisando che esse sono dovute anche da chi, per ragioni personali, non intenda avvalersi del servizio.
Il problema che si pone è se una tale pattuizione può essere considerata valida.
A tale proposito una decisione risalente nel tempo aveva affermato che la previsione di un obbligo di contribuzione alle spese di gestione del riscaldamento svincolato dall’effettivo godimento del servizio, costituisce una pattuizione che certamente le parti possono assumere contrattualmente, rientrando essa pienamente nell’ambito dell’autonomia privata, perché è evidente l’interesse ad essa sotteso, di disincentivare il distacco che certamente squilibra sotto il profilo tecnico ed economico l’esercizio centralizzato del riscaldamento (Cass. civ., sez. II, 28/01/2004, n. 1558).
Tale principio è pero stato “messo in crisi” da una successiva decisione secondo cui è legittima la rinuncia di un condomino all’uso dell’impianto centralizzato di riscaldamento – anche senza necessità di autorizzazione o approvazione da parte degli altri condomini – purché l’impianto non ne sia pregiudicato, con il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell’art. 1123, secondo comma, cod. civ., dall’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato; in tal caso, il distaccato è tenuto solo a pagare le spese di conservazione dell’impianto stesso.
Di conseguenza per la stessa decisione non può rilevare la disposizione eventualmente contraria contenuta nel regolamento di condominio, anche se contrattuale, essendo quest’ultimo un contratto atipico meritevole di tutela solo in presenza di un interesse generale dell’ordinamento. In particolare una clausola che vietasse il distacco sarebbe invalida per un duplice ordine di ragioni: in primo luogo, giacché proprio l’ordinamento avrebbe mostrato di privilegiare, al preminente fine di interesse generale rappresentato dal risparmio energetico, la trasformazione degli impianti centralizzati in autonomi a gas e, nei nuovi edifici, l’esclusione degli impianti centralizzati e la realizzazione dei soli individuali; in secondo luogo, perché l’impedimento al distacco non può meritare la tutela dell’ordinamento in quanto espressione di prevaricazione egoistica anche da parte d’esigua minoranza e di lesione dei principi costituzionali di solidarietà sociale (Cass. civ., Sez. II, 29/09/2011, n. 19893).
Seguendo questa opinione è stato affermato come la condivisibile valutazione di nullità della clausola regolamentare impeditiva del distacco del singolo condomino, si estenda anche alla correlata previsione che obblighi il condomino al pagamento delle spese di gestione malgrado il distacco, dovendosi ragionevolmente sostenere che la permanenza di tale obbligazione di fatto assicuri la sopravvivenza della clausola affetta da nullità, impedendo il prodursi di quello che è il principale ed auspicato beneficio che il condomino intende trarre dalla decisione di distaccarsi dall’impianto comune.
In altre parole secondo questa opinione le previsioni del regolamento che, da un lato, vietano il distacco e, dall’altro, prevedono l’obbligo di contribuzione a carico del condomino che non usufruisca più dal servizio (anche per l’ipotesi di distacco) sono entrambe invalide.
Questo orientamento però è attualmente minoritario.
Infatti secondo l’opinione prevalente è legittima la delibera assembleare secondo cui, in esecuzione di apposita disposizione del regolamento condominiale avente natura contrattuale posta in deroga al criterio legale di ripartizione delle spese dettato dall’art. 1123 c.c., le spese di gestione dell’impianto centrale di riscaldamento devono essere poste a carico anche delle unità immobiliari che non usufruiscono del relativo servizio (per avervi rinunciato o essersene distaccati), tenuto conto che la predetta deroga è consentita, a mezzo di espressa convenzione, dall’art. 1123 c.c. (Cass. civ., sez. II, 2/11/2018, n. 28051; Cass. civ., sez. II, 18/05/2017, n. 12580).
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