Con questo principio il TAR Milano ha respinto con la sentenza in commento n. 550/2010 il ricorso proposto da un praticante avvocato avverso il provvedimento cui il locale Consiglio dell’Ordine non aveva rilasciato il certificato di compiuta pratica.
Il GA riconosce quindi agli ordini la possibilità di esprimere un giudizio di valore sull’esperienza acquisita dal praticante, valutando l’effettività del tirocinio.
In particolare, per il TAR la verifica va svolta non solo sulla base del «dato numerico degli atti compiuti e delle udienze cui si e assistito, così come descritte nell’apposito “libretto”», ma anche tenendo conto della proficuità dell’attività stessa, in quanto finalizzata alla formazione professionale del praticante.
Bocciato anche come privo di fondamento il motivo di ricorso basato sull’affermazione che l’Ordine avrebbe dovuto esaminare solo l’ultimo semestre.
****************
N. 00550/2010 REG.SEN.
N. 02764/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2764 del 2006, proposto da:
*** ***, rappresentato e difeso dagli avv. *********** e *************, con domicilio eletto presso ************* in Milano, via Ciro Menotti n.11;
contro
Ordine degli Avvocati di Varese, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. *******************, con domicilio eletto presso ******************* in Milano, via Durini n. 24;
Ordine degli Avvocati di Como, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv. ************* e **************, con domicilio eletto presso ************** in Milano, piazza Argentina n.1;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia:
– del provvedimento del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Varese, adottato nella seduta del 18.11.2006, con cui si “delibera di non riconoscere al dr. *** *** la validità del periodo della pratica forense dal 26/10/2005 al 03/11/2006”, nonché di tutti gli atti correlati, presupposti e conseguenti e, in particolare, del regolamento relativo allo svolgimento della pratica forense del dicembre 2005;
e, quanto ai motivi aggiunti depositati il 04/01/2007, per l’annullamento:
– del provvedimento del 29/11/2006, con cui il Consiglio dell’Ordine di Varese ha rettificato l’errore materiale in cui era incorso il medesimo Consiglio, nell’individuazione della data di decorrenza della pratica forense, nel precedente provvedimento del 18.11.2006 (nel senso di non riconoscere validità del periodo della pratica forense dal 04/11/2005 al 03/11/2006);
– del provvedimento, in pari data, con cui il medesimo organo ha declinato la competenza al rilascio del certificato di compiuta pratica rimettendo gli atti al Consiglio dell’Ordine di Como;
– dell’atto con cui il Consiglio dell’Ordine di Como ha confermato la posizione dell’Ordine di Varese, disponendo di non provvedere all’emissione del certificato di compiuta pratica.
Visto il ricorso con i motivi aggiunti ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Ordine degli Avvocati di Varese;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Ordine Avvocati di Como;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2010 la dott. ******************* e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
In data 17/10/2005 l’esponente otteneva dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Como, presso cui era iscritto dal 25/10/2004, il nulla osta per il trasferimento nel Registro Speciale dei Praticanti Avvocati tenuto dall’Ordine di Varese.
In data 04/11/2005 il Consiglio dell’Ordine di Varese deliberava di iscrivere il ricorrente nel Registro dei Praticanti Avvocati con anzianità 25/10/2005, per trasferimento dal competente Registro tenuto dall’Ordine di Como.
Con istanza datata 03/11/2006 il ricorrente chiedeva al Consiglio dell’Ordine di Varese il rilascio del certificato di compiuta pratica e, successivamente, in data 13/11/2006 il predetto veniva convocato presso l’Ordine degli Avvocati di Varese, per sostenere il colloquio al termine del biennio di pratica forense. Di lì a poco, in data 18/11/2006, il Consiglio dell’Ordine da ultimo citato, deliberava quanto in epigrafe specificato, ritenendo che il ricorrente non avesse espletato il secondo anno di pratica in modo adeguato, con diligenza e profitto.
Contro tale atto è insorto il ricorrente, chiedendone l’annullamento per violazione di legge e di regolamento, nonché per eccesso di potere sotto più profili ( tra cui: difetto di motivazione, travisamento dei fatti e dei presupposti, contraddittorietà intrinseca ed estrinseca, errore nei presupposti, difetto di istruttoria).
Si è costituito l’Ordine degli Avvocati di Varese, controdeducendo alle censure avversarie.
Con decreto presidenziale n. 2162 del 22.11.2006 è stata accolta, ai fini del rilascio del certificato di compiuta pratica da parte del Consiglio dell’Ordine di Varese, stante la scadenza in data odierna dei termini per la presentazione del suddetto certificato ai fini dell’iscrizione agli esami di abilitazione, l’istanza cautelare per la concessione della misura “ante causam”.
Con decreto del 23/11/2006 l’Ordine degli Avvocati di Varese, in esecuzione del cit. decreto cautelare presidenziale, ha rilasciato il certificato di compiuta pratica “con riserva e al solo fine di consentire l’iscrizione, anch’essa con riserva, agli esami di Stato avanti la Corte di Appello di Milano. Il presente certificato viene emesso … con efficacia provvisoria … e con validità temporale sino alla pronuncia cautelare che verrà resa dal TAR ad esito della Camera di consiglio del 05/12/2006”.
Alla Camera di Consiglio del 5/12/2006 il TAR, con ordinanza n. 2238, ha respinto la domanda incidentale di sospensione.
Con ricorso per motivi aggiunti, ritualmente notificato anche all’Ordine degli avvocati di Como e depositato il 04/01/2007, sono stati impugnati:
– il provvedimento del 29/11/2006 con cui l’Ordine degli Avvocati di Varese rettificava la deliberazione del 18/11/2006, nel senso di non riconoscere al dr. *** la validità del periodo di pratica forense dal 04/11/2005 al 03/11/2006;
– il provvedimento del 29/11/2006 con cui l’Ordine degli Avvocati di Varese, constatato che la competenza all’emissione del certificato di compiuta pratica spettava all’Ordine di Como, ha declinato la propria competenza al certificato di compiuta pratica e, per l’effetto, ha rimesso al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Como il fascicolo relativo al ricorrente, per l’adozione dei provvedimenti di competenza;
– il verbale di riunione del Consiglio dell’Ordine di Como del 4/12/2006 con cui – premesso che: a) il certificato di compiuta pratica non può essere rilasciato più di una volta; b) il dr. *** non ha richiesto all’Ordine di Como il predetto certificato; c) il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Varese ha espresso una valutazione negativa sul periodo di pratica ivi svolto – ha deliberato “allo stato di non assumere alcun provvedimento”.
Anche i motivi aggiunti fanno leva sui vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto più profili.
Si è costituito l’Ordine degli Avvocati di Como, controdeducendo con separata memoria alle censure avversarie.
Ha resistito ai motivi aggiunti anche l’Ordine di Varese, depositando memoria.
Alla pubblica udienza del 12.01.2010 la causa, sentite le parti presenti, è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
Sul ricorso introduttivo.
Il Collegio ritiene di poter soprassedere all’esame delle eccezioni sollevate dal patrocinio resistente, stante la infondatezza nel merito dell’odierno gravame.
In tal senso, il Tribunale ritiene opportuno premettere alcuni cenni in ordine alla disciplina normativa applicabile in subjecta materia.
Viene in rilievo, in primis, il d.P.R. 10-4-1990 n. 101, recante il “Regolamento relativo alla pratica forense per l’ammissione dell’esame di procuratore legale” di cui è sufficiente – per l’oggetto dell’odierno contendere – richiamare gli artt.1 (rubricato “Modalità della pratica”), secondo cui: “1. La pratica forense deve essere svolta con assiduità, diligenza, dignità, lealtà e riservatezza.
2. Essa si svolge principalmente presso lo studio e sotto il controllo di un procuratore legale e comporta il compimento delle attività proprie della professione…”; 4 (rubricato “Adempimenti dei consigli dell’Ordine”), per cui: “…3. È compito dei consigli dell’Ordine vigilare sull’effettivo svolgimento del tirocinio da parte dei praticanti procuratori nei modi previsti dal presente regolamento, e con i mezzi ritenuti più opportuni”.
Ancora, assume rilievo il disposto dell’art. 9 del d.P.R. cit., a tenore del quale, a proposito del “Certificato di compimento della pratica”, si specifica che: “1. Il certificato di compiuta pratica di cui all’articolo 10 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, viene rilasciato dal consiglio dell’ordine del luogo ove il praticante ha svolto la maggior parte della pratica ovvero, in caso di parità, del luogo in cui la pratica è stata iniziata. Il certificato di compiuta pratica non può essere rilasciato più di una volta.
2. In caso di trasferimento del praticante, il consiglio dell’ordine di provenienza certifica l’avvenuto accertamento sui precedenti periodi. …”.
A sua volta, il R.d. da ultimo richiamato (n.37/1934), recante “Norme integrative e di attuazione del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, sull’ordinamento della professione di avvocato e di procuratore”, all’art. 10 così recita: “Il Consiglio dell’ordine rilascia, su richiesta degli interessati, un certificato di compimento della pratica a coloro che dai documenti da essi prodotti a termini degli articoli precedenti risultino avere atteso alla pratica stessa, per il periodo prescritto, con diligenza e profitto. …”.
Tale essendo, in sintesi, il panorama normativo di riferimento, deve ritenersi che:
1) Sui primi due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente in quanto vertenti su questioni connesse.
Reputa il Collegio che il Consiglio dell’Ordine di Varese, a seguito della richiesta del certificato di compiuta pratica ad esso rivolta dall’esponente, ha legittimamente provveduto a convocare il praticante per un colloquio finalizzato ad ottenere chiarimenti sullo svolgimento della pratica. A seguito di incongruenze emerse in tale colloquio, poi, coerentemente lo stesso Consiglio ha invitato il praticante ad un ulteriore colloquio, per il giorno 16.11.2006, da svolgersi anche alla presenza del “dominus”.
Ebbene, dal verbale di audizione dell’ultimo colloquio cit., tenutosi alla presenza di quattro Consiglieri dell’Ordine di Varese, sottoscritto dall’esponente e dal suo dominus, è emerso, per quel che qui maggiormente rileva, che:
– durante lo svolgimento di un anno di pratica, l’esponente ha predisposto soltanto due atti di citazione, un atto di precetto ed una comparsa, ma come “tentativi di atti che vennero modificati”;
– tutti gli altri atti indicati nel libretto, in realtà, come dichiarato dal ricorrente medesimo, non sarebbero stati da lui predisposti ma soltanto ricopiati nel suo personal computer.
Ciò posto, non può ritenersi affetto dalle lamentate carenze motivazionali ed istruttorie il provvedimento adottato dal Consiglio dell’Ordine di Varese che, sulla base di quanto emerso nel colloquio del 16.11.2006, ha ritenuto che il ricorrente non avesse espletato il secondo anno di pratica “in modo adeguato e con diligenza e profitto”, avendo anzi svolto “pratica insufficiente e parziale”, così decretando il non riconoscimento della validità del periodo di pratica decorrente dal 26/10/2005 al 03/11/2006.
Si deve ritenere, in linea generale, che il giudizio di valore espresso dal Consiglio dell’Ordine a proposito dell’esperienza acquisita dal praticante nel periodo della pratica forense sia strumentale alla valutazione della effettività del tirocinio medesimo e, come tale, pienamente riconducibile al potere di controllo spettante a tale organo.
Né, d’altra parte, può disconoscersi in capo al medesimo Consiglio la titolarità di un potere di valutazione della qualità della pratica forense, come vorrebbe indurre a credere il patrocinio ricorrente, sostenendo che la valutazione del profitto della pratica dovrebbe essere effettuata esclusivamente in sede di esame dinanzi alla competente Corte di Appello.
In realtà, reputa il Collegio come l’Ordine sia istituzionalmente chiamato a valutare la validità del tirocinio anche sotto il profilo del profitto conseguito dal tirocinante, come chiaramente emerge dagli artt. 1 d.P.R. cit. e 10 R.d. cit..
La ratio di tale previsione risiede, infatti, nella necessità di conferire all’organo di autogoverno un potere di valutazione idoneo ad accertare l’effettività del tirocinio svolto, eventualmente smascherando quelle situazioni, pur possibili, di tirocinio in tutto o in parte apparente, in cui la pratica risulta svolta in modo fittizio e senza una concreta e fattiva partecipazione del tirocinante all’attività professionale.
A tal fine, quindi, va ribadito come l’effettività del periodo di pratica debba essere valutata, non soltanto, sulla base del dato numerico relativo al numero di atti compiuti e/o al numero delle udienze cui si è assistito, così come descritte nell’apposito “libretto” ma, altresì, tenendo conto della proficuità dell’attività stessa, in quanto finalizzata alla formazione professionale del praticante.
Sulla base di tali considerazioni, il Collegio ritiene che la valutazione negativa espressa dal Consiglio dell’Ordine di Varese rappresenti un corollario logicamente e coerentemente riconducibile all’esito del colloquio di verifica sostenuto dal ricorrente il 16.11.2006. In tale sede, infatti, è emerso che:
– il praticante, non soltanto, non ha posto in essere un numero adeguato di atti giudiziali, ma, anche avuto riguardo ai pochi atti redatti, gli stessi non sono stati portati a termine dal tirocinante, ma hanno richiesto l’intervento, a carattere sostanziale, del dominus (come efficacemente reso palese dall’espressione utilizzata dallo stesso dominus, che ha definito tali atti come “tentativi di atti”);
– le risposte fornite dal ricorrente sulle domande volte ad approfondire la qualità della partecipazione dell’istante medesimo alle udienze riportate nel libretto, sono risultate generiche e insufficienti.
I motivi di ricorso su indicati risultano, pertanto, infondati.
2) Sul terzo motivo di ricorso.
Secondo il ricorrente, la valutazione negativa espressa dall’Ordine facendo riferimento all’art. 15 del Regolamento per lo svolgimento della pratica forense, avrebbe dovuto riguardare, al più, l’ultimo semestre di pratica e non l’intero anno, atteso il disposto dell’art. 18, comma 2°, del Regolamento stesso (ai sensi del quale: “Per i praticanti che alla data di entrata in vigore del Regolamento siano iscritti nel registro speciale ed abbiano svolto un periodo di pratica inferiore al prescritto biennio, le disposizioni di cui al presente regolamento si applicano a partire dal semestre immediatamente successivo a tale data, ivi compreso l’obbligo di inviare la dichiarazione”).
A ben vedere, la valutazione impugnata poggia, prima ancora che sull’art. 15 delle norme settoriali dell’Ordine di Varese, richiamate da parte ricorrente, sulle norme dell’ordinamento statuale sopra tratteggiate (tra cui l’art. 10 del **** n.37/1934, pure richiamato nelle premesse dell’atto gravato), che attribuiscono all’istituzione competente alla tenuta dell’Albo il potere di vigilare, tra l’altro, sul rispetto dei requisiti prescritti per l’iscrizione.
Ne deriva che, anche ammesso – in ipotesi – che l’applicazione dell’art. 15 cit. vada limitata, ai sensi del successivo art. 18 cit. all’ultimo semestre di tirocinio, da ciò non si ricaverebbe affatto, come vorrebbe indurre a ritenere la difesa ricorrente, che il Consiglio dell’Ordine fosse privo del potere di sindacare il restante semestre di pratica, facendo leva sulle citate norme generali.
Né, d’altro canto, possono trascurarsi i profili di inammissibilità della su estesa censura, atteso che: – in primo luogo, anche il mancato riconoscimento di validità di un unico semestre avrebbe precluso al ricorrente di conseguire il certificato di compiuta pratica necessario ai fini dell’esame di abilitazione;
– e, in secondo luogo, la stessa inapplicabilità del regolamento dell’Ordine sopra citato al caso in esame risulta inconferente, atteso che il ricorrente ha omesso di allegare e dimostrare che, in base alla disciplina previgente il regolamento approvato il 20/12/2005 ed entrato in vigore il 04/01/2006, il Consiglio dell’Ordine fosse privo dei poteri di controllo formale e sostanziale della pratica forense di che trattasi.
Il terzo motivo risulta, quindi, prima ancora che infondato, inammissibile per difetto di interesse.
Quanto all’impugnazione rivolta avverso il Regolamento dell’Ordine di Varese sulla pratica forense approvato il 20.12.2005, il Collegio osserva quanto segue.
Come rilevato anche dalla difesa resistente, il ricorso non contiene, neppure indirettamente, l’esposizione dei motivi su cui si fonda l’impugnazione del suddetto Regolamento, in contrasto con quanto richiesto dall’art. 6 n.3 del **** n. 642/1907 (oltre ad omettere del tutto l’indicazione delle norme reputate illegittime).
Consegue da ciò che – nella parte rivolta avverso il predetto Regolamento – l’epigrafato ricorso si rivela inammissibile.
Per le considerazioni che precedono, il ricorso introduttivo deve essere respinto, in relazione all’impugnazione del provvedimento del 18.11.2006 e dichiarato inammissibile quanto all’impugnazione del citato regolamento.
Analogamente deve respingersi la domanda risarcitoria atteso che, non essendo emersa la illegittimità del provvedimento impugnato, non è ravvisabile uno dei presupposti di cui all’art. 2043 c.c.
Quanto ai motivi aggiunti depositati il 4/01/2007, il Collegio osserva quanto segue.
Si può, anzitutto, prescindere anche qui dall’esame delle eccezioni preliminari, stante l’infondatezza nel merito dei predetti motivi.
3) Sul motivo rubricato sub n. 4.
La determinazione assunta dall’Ordine di Como in data 4/12/2006 è intervenuta in un momento in cui risultava ancora valido ed efficace il provvedimento datato 23/11/2006, con cui il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Varese ha rilasciato all’esponente il certificato di compiuta pratica, in ottemperanza al decreto presidenziale n.2162/2006 cit. in fatto.
L’efficacia del predetto certificato, infatti, è venuta meno soltanto a seguito della camera di consiglio del 5.12.2006, in cui la IV^ Sezione di questo TAR ha respinto la domanda incidentale di sospensione.
Consegue da ciò la correttezza di tale parte della motivazione dell’atto qui gravato.
Il motivo è, dunque, infondato.
4) sui motivi rubricati sub nn. 5 e 6.
La infondatezza del primo motivo aggiunto da ultimo esaminato trae seco la inammissibilità delle ulteriori censure per difetto di interesse.
In effetti, il Collegio non può non rilevare come l’Ordine di Como abbia posto a fondamento della decisione assunta ben tre ragioni, ciascuna autonomamente idonea a sostenerla sotto il profilo motivazionale (ovvero, nell’ordine: I. il diniego dell’Ordine di Varese del 18.11.2006, emendato dell’errore materiale il 29.11.2006; II. la impossibilità di rilasciare due volte lo stesso certificato ai sensi dell’art. 9 d.P.R.cit.; III. la mancata richiesta direttamente all’Ordine di Como del certificato di compiuta pratica).
Ebbene, poiché – in seguito all’esame del primo motivo aggiunto poc’anzi scrutinato – è emersa la legittimità della ragione dell’atto impugnato che fa leva sull’impossibilità, ai sensi dell’art. 9 d.P.R. n.101/1994 cit., di rilasciare per più di una volta il certificato di compiuta pratica, se ne deve desumere, in base alla cd. prova di resistenza, la inammissibilità, per difetto di interesse, dei restanti motivi aggiunti. Questi ultimi, in effetti, si appuntano sulle restanti ragioni richiamate nelle premesse dell’atto impugnato che, tuttavia, quand’anche fossero rimosse, lascerebbero in piedi l’atto in questione, fondato comunque su una ragione autonomamente idonea a sorreggerlo (id est, quella derivante dal cit. art. 9).
Ciò posto, il Collegio non può esimersi dal rilevare la infondatezza anche dei vizi di invalidità derivata, addotti dall’esponente con particolare riguardo alla determinazione del 28.11.2006, attesa la legittimità, come sopra accertata all’esito dell’esame del ricorso introduttivo, dell’atto presupposto assunto come invalidante (id est il provvedimento dell’Ordine di Varese del 18.11.2006).
Per le considerazioni che precedono, anche i motivi aggiunti devono essere respinti in ogni loro domanda.
Quanto alle spese di causa, il Tribunale, in considerazione della natura della causa e della complessità della fattispecie concreta, ravvisa giusti motivi per disporne la compensazione tra tutte le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Sezione IV^, così statuisce in relazione al ricorso ed ai motivi aggiunti in epigrafe specificati:
– respinge in parte e per il resto dichiara inammissibile il ricorso introduttivo in ogni domanda in esso formulata;
– respinge i motivi aggiunti in ogni domanda in essi formulata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2010 con l’intervento dei Magistrati:
***********, Presidente
*******************, Referendario, Estensore
***************, Referendario
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/03/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento