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(Ricorso dichiarato inammissibile)
Orientamento confermato.
(Normativa di riferimento: C.p., att. 642)
Il fatto
La Corte di appello di Bologna confermava la condanna dell’imputato alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione per il reato previsto dall’art. 642 cod. pen..
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato che deduceva: a) vizio di legge per carenza di condizione di procedibilità: la querela non sarebbe stata presentata dalla persona offesa che doveva identificarsi nella compagnia assicuratrice legata da rapporto contrattuale con l’imputato e tenuta al risarcimento diretto; pertanto non poteva considerarsi persona offesa la compagnia assicuratrice della controparte che rivestirebbe la funzione di semplice danneggiata, non legittimata alla presentazione della querela; b) si deduceva altresì il decorso del termine di prescrizione alla data del 16 aprile 2017, essendo il reato contestato a consumazione anticipata, dunque perfetto alla data della denuncia di sinistro.
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Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione
La Cassazione riteneva inammissibile il suddetto ricorso per le seguenti ragioni.
La Corte rilevava prima di tutto, richiamando un precedente giurisprudenziale del 2017 (vale a dire: Cass. sez. 2, n. 24075 del 27/04/2017 – dep. 15/05/2017, Pm in proc. Mannarino e altri, Rv. 270268) che, in materia di legittimazione a proporre querela per il reato previsto dall’art. 642 cod. pen., come dovesse ribadirsi quella giurisprudenza secondo cui, il diritto di querela spetta sia alla Compagnia assicuratrice che gestisce il sinistro, sia a quella debitrice, perchè entrambe, in quanto parti direttamente coinvolte, seppur con ruoli diversi, nella richiesta di risarcimento del danno, hanno interesse alla corretta gestione del sinistro e a non vedere depauperato il proprio patrimonio da false denunce.
Si osservava altresì che ad ogni modo, al di là di questo specifico precedente, in via generale, il nostro ordinamento giuridico, nel prevedere come il soggetto titolare del diritto di querela debba essere individuato in colui che subisce la lesione dell’interesse penalmente protetto, evidenzia chiaramente che possono pertanto coesistere più soggetti passivi di un medesimo reato, che vanno individuati, appunto, con riferimento alla titolarità del bene giuridico protetto (Cass. sez. 2, n. 2862 del 27/01/1999 – dep. 02/03/1999, Brogi R, Rv. 212766; Cass. 21090/2004 Rv.228810; Cass. 2862/1999 Rv. 212766.).
Posto ciò, gli ermellini, venendo a trattare nel particolare la fattispecie delittuosa preveduta dall’art. 642 c.p., evidenziavano come, essendo nel caso previsto dall’art. 642 cod. pen. l’interesse protetto fosse quello della genuinità dei rapporti assicurativi, essendo punita ogni attività fraudolenta finalizzata ad ottenere un vantaggio patrimoniale derivante da un contratto di assicurazione, l’art. 642 cod. pen. sia un reato plurioffensivo diretto alla tutela, fra l’altro, a tutelare del patrimonio degli enti assicuratori, ed è un delitto a consumazione anticipata in quanto prescinde dall’effettiva riscossione dell’indennizzo; quindi, proprio alla luce della natura plurioffensiva di tale illecito penale, soggetti passivi del reato vanno ritenute sia la Compagnia gestionaria del sinistro, sia quella Debitrice perchè entrambe, in quanto parti coinvolte direttamente – seppure con ruoli diversi – nella richiesta di liquidazione del sinistro a seguito e per effetto della denuncia, hanno interesse alla corretta gestione del medesimo e a non vedere depauperato – sebbene in diversa misura il proprio patrimonio da false denunce.
In particolare, secondo sempre quanto emerge dalla sentenza qui in commento, la Compagnia gestionaria del sinistro deve ritenersi legittimata a proporre querela in proprio perchè è ad essa che la falsa denuncia è inoltrata, è essa che deve istruire la pratica e che deve liquidare il danno “ferma la successiva regolazione” con l’imprese debitrice ex art. 149, c. 3, D.Lgs., 7/09/2005, n. 209 fermo restando però che, nonostante la “successiva regolazione“, sulla base del suddetto meccanismo, la Compagnia gestionaria subisce comunque un danno diretto perché il meccanismo di compensazione (nei confronti della società debitrice), che si attiva una volta che la gestionaria abbia liquidato il danno, da una parte, “non tiene affatto conto dei costi di apertura e gestione della pratica di sinistro, nonchè delle relative attività istruttorie che restano a completo carico della Gestionaria, senza riconoscimento alla stessa di alcun rimborso” e, dall’altra, alla società debitrice viene addebitato un importo predeterminato, parametrato forfettariamente alle somme liquidate dalla società Gestionaria “a titolo di risarcimento del danno, ma non corrispondente al quantum erogato in concreto” (così: Cass. sez. 2, n. 24075 del 27/04/2017 – dep. 15/05/2017, Pm in proc. Mannarino e altri, Rv. 270268).
Di conseguenza, l’autonomia per così dire risarcitoria che compete alla Compagnia gestionaria del sinistro rispetto a quella debitrice determina appunto, a detta della Corte, come la persona offesa del reato previsto dall’art. 642 c.p. non sia solo l’assicurazione che è tenuta al rifondere il danno, ma anche quella alla quale viene immediatamente rivolta la richiesta di risarcimento salva la successiva regolazione dei rapporti tra Compagnie assicuratrici.
Una volta composta tale questione preliminare di ordine procedurale, la Corte, quanto al secondo motivo proposto (inerente la prescrizione del reato), lo riteneva manifestamente infondato in quanto non potevano trovare applicazione nel caso di specie le norme sulla prescrizione del reato, pur essendo maturati i relativi termini, dal momento che, secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla mancanza, nell’atto di impugnazione, dei requisiti prescritti dall’art. 581 c.p.p., ovvero alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. (cfr.: Cass., Sez. Un., n. 21 del 11.11.1994 dep. 1995, rv 199903; Cass. Sez. Un., n. 32 del 22.11.2000, rv 217266).
Conclusioni
La sentenza qui in commento è senz’altro condivisibile in quanto conforme ad un pregresso orientamento nomofilattico elaborato dalla Cassazione in subiecta materia.
Quanto al primo motivo dedotto, ossia quello inerente quali sono i soggetti annoverabili tra le parti offese per il reato di cui all’art. 642 c.p., i giudici di Piazza Cavour richiamavano difatti espressamente un loro precedente (cioè: Cass. sez. 2, n. 24075 del 27/04/2017 – dep. 15/05/2017, Pm in proc. Mannarino e altri, Rv. 270268) in cui venne parimenti postulato, come nella sentenza in commento, che, tra i soggetti passivi del reato di cui all’art. 642 c.p., vanno annoverati sia la Compagnia gestionaria del sinistro, sia quella Debitrice rilevando, in modo non dissimile da quanto fatto nella pronuncia in esame, che la Compagnia gestionaria del sinistro deve ritenersi legittimata a proporre querela in proprio perchè è ad essa che la falsa denuncia è inoltrata, è essa che deve istruire la pratica e che deve liquidare il danno “ferma la successiva regolazione” con l’imprese debitrice ex art. art. 149, comma 3 D.Lgs., 7/09/2005, n. 209.
Anche per quanto attiene la questione inerente la prescrizione, la Corte non si è discostata dall’orientamento nomofilattico maggioritario secondo il quale detta causa estintiva del reato non può essere rilevata in sede di legittimità quando il ricorso viene dichiarato inammissibile essendoci appunto diverse pronunce della Cassazione che si sono espresse in tal senso (cfr.: Cass., Sez. Un., n. 21 del 11.11.1994 dep. 1995, rv 199903; Cass. Sez. Un., n. 32 del 22.11.2000, rv 217266).
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