Spunti sulla cd. “non contestazione”

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In proposito, è noto che in forza del principio di non contestazione, di cui sono espressione numerosissime norme del nostro ordinamento (art. 14 co. 3, 35, 316 co. 3, 186 bis, 423, 512 co.2, 597, 598, 541, 542 c.p.c, art. 27 – 12 e 27 – 34 c.c.: cfr Corte Cost. 14 Gennaio 1977 n. 13,) i fatti allegati possono essere considerati pacifici non solo quando la controparte li abbia ammessi esplicitamente, ma altresì quando abbia impostato la propria difesa su argomenti logicamente incompatibili con il disconoscimento dei fatti medesimi, ovvero quando si sia limitata a contestarne esplicitamente e specificamente taluni soltanto, evidenziando, così, il proprio non interesse ad un accertamento degli altri (cfr Cass. civ. 20.10.2000 n. 13904;Cass civ. 8.08.2000 n. 10434; sez I, 23.01.2002 n. 761 etc…).
 Come ha chiarito la Cassazione, il principio in questione assume il suo significato più pregnante proprio in riferimento al processo del lavoro, nel quale confluiscono le note esigenze di concentrazione ed efficienza processuale, sicché deve pacificamente affermarsi, ai sensi dell’art. 416 co. 3 c.p.c., un onere a carico del convenuto, di prendere posizione esplicita sui fatti posti a fondamento della domanda. Onde, anche il silenzio e la contestazione generica costituiscono inottemperanza al detto onere con l’effetto, in tali casi, di vedere espunti dal thema probandum i fatti investiti dalla contestazione generica o dal silenzio, con la conseguenza che il giudice dovrà sentirsi vincolato a ritenerli ammessi (nota di M. Cea in Foro It., 2002, parte I, col. 2024) .
 
avv. Giorgio Vanacore
avvocato in Napoli

Vanacore Giorgio

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