(Tribunale di Milano, Sezione Misure di Prevenzione, decreto 19 ottobre 2017)
Un individuo, con una particolare inclinazione alle aggressioni violente, riconosciuto affetto da una particolare malvagità di carattere patologico e incapace di provare affetto, dimostra nel corso degli anni una pericolosità sociale soprattutto contro le donne.
Nel 2006 viene condannato per maltrattamenti nei confronti della moglie e della suocera che, dopo violente percosse, uccide davanti ai minori, agendo con crudeltà per futili motivi come descrive la sentenza di condanna della Corte di Assise di Appello di Milano.
Nel 2016, uscito dal carcere :
-viene quasi subito denunciato per minaccia avendo detto di volere cercare la propria compagna, che aveva rotto la relazione con lui, per ucciderla dando fuoco all’abitazione. Voleva anche procurarsi un’arma per uccidere il suo amante;
-rapina con violenza una donna e nel dicembre dello stesso anno, ubriaco, insulta, insegue e minaccia la ex compagna, che fugge salendo su un autobus. Il pregiudicato la minaccia con una pistola, creando panico anche tra i passeggeri. Prima di quest’ultimo episodio la donna era stata sistematicamente molestata e minacciata con pedinamenti in tutti i luoghi frequentati, con messaggi anonimi, con minacce esplicite creandole un grave stato di paura, come si legge nel verbale d’arresto del dicembre 2016.
Il pregiudicato viene arrestato e detenuto e successivamente la Sezione Misure cautelari del Tribunale di Milano esamina la possibilità di applicare la misura di sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, per tre anni, con divieto di frequentazione dei luoghi normalmente frequentati dalla vittima.
Nell’esame del caso il Tribunale rileva che dagli atti emerge che :
-si tratta di un pregiudicato la cui vita è caratterizzata da continui reati, non solo contro la persona visto che il soggetto era stato condannato anche per rapina, danneggiamento, resistenza a pubblico ufficiale, detenzione di armi e di sostanze stupefacenti;
-il suo comportamento, oltre a dimostrare che in carcere non era avvenuto alcun recupero, rende invece probabile che il pregiudicato possa compiere ancora i reati di cui si è reso colpevole in passato;
– si tratta di mettere al riparo le vittime certe, e quelle potenziali, con prescrizioni che limitino la sua libertà per proteggere le eventuali vittime dell’uomo, sia la ex compagna sia altre donne che “malauguratamente” decidano di frequentarlo.
Il difensore dell’uomo si oppone alla richiesta di applicazione di misure che ne restringano la libertà poiché a suo avviso non rientra tra le categorie di individui cui possano applicarsi le misure di prevenzione e perché è intenzione certa dello “stalker” sottoporsi ad un programma di osservazione e trattamento per ridurre i tratti violenti della sua personalità.
Il Tribunale esaminati i fatti rileva che la pericolosità sociale, presupposto della applicazione delle misure di prevenzione, si deve desumere dall’esame della intera personalità del soggetto poiché è un giudizio sintomatico che può essere formulato anche solo sulla base di fatti che giustifichino presunzioni, purché oggettivamente accertati, come:
· i precedenti penali e giudiziari
· le denunzie di polizia
· il tenore di vita
· l’abituale compagnia di pregiudicati e di soggetti sottoposti a misure di prevenzione
· altre manifestazioni obiettivamente contrastanti con la sicurezza pubblica, come quelle compiute contro la donna dopo l’uscita dal carcere.
Il Tribunale osserva inoltre che :
-la giurisprudenza, sia nazionale che europea, ha chiarito che il venir meno della attuale e concreta pericolosità dipende non dal semplice decorso del tempo o dallo stato di detenzione ma dal compimento di atti volontari positivi che indichino in modo inequivoco ed incontrovertibile che il soggetto ha cambiato condotta di vita. Tali azioni che invece mancano nella vicenda in esame;
-la Corte di Cassazione ha individuato la regola cui attenersi per accertare la pericolosità sociale: selezionare i fatti, dando particolare importanza alle sentenze definitive di condanna.
Per i fatti descritti è quindi evidente che, applicando i criteri di orientamento del rischio individuati nel piano nazionale antiviolenza, l’ex compagna del pregiudicato si trova in uno stato di grave pericolo.
Il pregiudicato va dunque considerato pericoloso per la sicurezza in relazione al rischio concreto di atti persecutori per la parte lesa.
Il Tribunale, evidenziando come il reato di atti persecutori sia stato inserito nel disegno di legge (concernente il codice antimafia attualmente all’esame del Senato) tra quei reati che consentono di applicare le misure di prevenzione anche solo in presenza di indizi, decide di applicare, sulla base dei gravi fatti sopra esposti la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di due anni e sei mesi.
Inoltre, l’ulteriore misura dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora deve essere applicata per esercitare un controllo sociale più efficace.
Fra le diverse regole da seguire, il pregiudicato ha dato il consenso a sottoporsi a un piano terapeutico, e il Tribunale, precisando che tale consenso andrà “costantemente monitorato”, stabilisce una “ingiunzione terapeutica”.
Il soggetto deve seguire un piano di trattamento terapeutico che lo porti, attraverso indicazioni specifiche degli esperti incaricati, a prendere coscienza del forte disvalore delle sue condotte violente contro soprattutto tre donne, una delle quali uccisa. La scopo, è che impari a contenere le sue pulsioni e che dia un senso critico a quanto compiuto.
La metodologia concreta da seguire in tale trattamento sarà decisa dal servizio che il Tribunale individua nel C.I.P.M. (Centro Italiano per la Promozione della Mediazione) di Milano , diretto dal criminologo dott. Giulini, per la “particolare competenza ed esperienza nella osservazione criminologica degli autori di reati di genere”.
Il pregiudicato deve poi rispettare le seguenti regole, sempre per due anni e sei mesi:
– fissare, uscito dal carcere la propria dimora e farla conoscere all’autorità di P.S., non allontanandosene senza preventivo avviso all’autorità di P.S.;
– cercare un lavoro, vivere onestamente, rispettare le leggi, non associarsi abitualmente a persone che hanno subito condanne e/o sono sottoposte a misure di prevenzione e/o di sicurezza;
– non rincasare la sera più tardi delle ore 22.00 e non uscire la mattina prima delle ore 7.00 senza comprovata necessità e senza averne dato tempestiva notizia all’autorità locale di P.S.;
– non detenere e portare armi;
– non partecipare a riunioni in luogo pubblico per le quali deve essere dato preavviso alle pubbliche autorità;
– non frequentare i luoghi (residenza, dimora, lavoro, luoghi di vacanza o di viaggio o altro) normalmente frequentati dalla ex compagna;
– mantenersi in ogni caso ad almeno un chilometro di distanza dalla vittima e allontanarsi immediatamente in caso di incontro assolutamente occasionale;
– astenersi dal mettersi in comunicazione (telefonica, telematica o qualsiasi altra) con la vittima;
– prendere immediatamente contatto con il centro specialistico per sottoporsi ad un programma di osservazione trattamentale secondo il programma stabilito dagli esperti.
Il Tribunale decide infine di rendere noto alla vittima il provvedimento giudiziario, a cura della Questura di Milano Divisione Anticrimine, in modo che l’ex compagna possa sapere quale è la situazione dell’aggressore e possa tutelarsi al riguardo.
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