Start-up innovative: l’evoluzione giuridica tra requisiti e deroghe

di Avv. Giovanni Marra e Dott.ssa Michela Moretti

Premessa

Sono trascorsi otto anni dall’entrata in vigore del decreto-legge 179/2012 convertito in legge 17/12/2012 n.221 (c.d. decreto Sviluppo bis). L’intento del legislatore era quello di favorire la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico, la nuova imprenditorialità e l’occupazione giovanile tramite il sostegno alle imprese start-up innovative. Dunque, con il citato decreto per la prima volta nel nostro ordinamento è stato emanato un corpo di leggi (artt. 25-32) che rappresenta un ecosistema giuridico che al suo interno consente di derogare alle disposizioni generali del Codice civile e alle leggi speciali e di conseguenza favorire l’avvio e lo sviluppo delle imprese ad alto potenziale innovativo.

È quindi interessante delineare un quadro generale del favor legislativo applicabile alle start-up innovative con uno sguardo all’evoluzione che tale regime ha subìto in questi anni sia per effetto del diritto vivente sia per gli orientamenti della dottrina.

A ciò si aggiunge che recentemente con il D.L. n. 34/2020 sono state inoltre estese per un anno le agevolazioni concesse alle start-up di modo da permettere loro il conseguimento degli obiettivi e restare in vita nel 2020. Ciò significa che le start-up innovative resteranno nella sezione speciale del registro delle imprese per un anno supplementare consentendo alle stesse di potere usufruire di investimenti agevolati oppure la deroga sulla legge fallimentare.

Prima di focalizzare l’attenzione sulle specifiche deroghe previste dal decreto sviluppo bis è opportuno operare una disamina dei requisiti che le start-up devono avere per usufruire dei benefici ivi previsti.

Requisiti della start-up innovativa

Come visto, Il decreto-legge 179/2012, agli articoli 25-32, disciplina la start-up innovativa con disposizioni che possono essere considerate un vero e proprio Startup Act italiano. Queste norme prevedono delle misure che possono favorire il ciclo di vita della start-up ed infatti sono indicative dei requisiti legali che la c.d. nuova impresa innovativa deve necessariamente possedere per poter accedere alle misure agevolative ed ottenere così lo status di start-up innovativa mediante la registrazione in una sezione speciale del Registro delle imprese.

Al fine di poter usufruire pertanto di misure amicali la start-up dunque deve avere la forma giuridica della società di capitali non quotata sul mercato regolamentato a patto che siano in primo luogo di nuova costituzione e ciò significa che devono essere società create da meno di cinque anni.

Ulteriore caratteristica considerevole consta nel fatto che il soggetto richiedente il beneficio deve essere di origine “domestica” dunque la sede principale deve necessariamente trovarsi all’interno del territorio della Repubblica italiana e se invece è stabilita in un altro Paese dell’Unione europea o in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio Economico Europeo, questa deve in ogni caso avere una sede produttiva o una filiale in Italia.

Sotto il profilo dimensionale è necessario che la start-up non superi i cinque milioni di euro di capitale sociale e non deve distribuire l’utile, pena la decadenza dal beneficio accordato.

Altro parametro indefettibile è la blindatura dell’oggetto sociale che consiste nella produzione, sviluppo, commercializzazione di prodotti o comunque di servizi ad alto valore tecnologico ed il contenuto di tipo innovativo si può ravvisare dalla presenza di almeno una di queste tre peculiarità:

  1. l’attività di ricerca e sviluppo è pari ad una quota del 15% del valore maggiore tra fatturato e costi;
  2. 1/3 dei lavoratori sono dottorandi, ricercatori oppure i 2/3 sono collaboratori con una laurea magistrale;
  3. l’impresa ha la titolarità di un brevetto registrato o di un programma per elaboratore originario registrato, oppure è depositaria o licenziataria del brevetto registrato.

L’art. 25 del decreto-legge 179/2012 pone un ulteriore requisito per poter accedere alle misure agevolative ovvero il fatto che tali start-up non devono costituire asset scorporati da altre realtà aziendali già avviate e quindi non possono derivare da fusione o scissione o da una cessione d’azienda. La ratio di queste restrizioni risiede nella volontà di evitare che le start-up innovative siano originate da spin-off.

Proprio per questa ragione il Ministero dello Sviluppo Economico (“Mise”) ha chiarito che il dettato normativo deve essere interpretato in senso letterale e pertanto deve essere limitato ai tipi negoziali indicati nella norma e ciò significa che potrà, ad esempio, iscriversi come start-up innovativa anche la società che in seguito alla costituzione prende in affitto un’azienda anche se il suo core business proviene da questo affitto. Nell’affitto d’azienda infatti viene concesso provvisoriamente il godimento dell’azienda e vi è l’obbligo di restituzione, differente è invece la cessione d’azienda ove vi è un vero e proprio trasferimento del possesso dell’azienda.

In merito a tale ultimo aspetto è stato chiarito dal Ministero dello Sviluppo Economico con nota del 5 marzo 2020 che la costituzione di una start up per mezzo di conferimento di azienda realizza l’ipotesi di cessione e quindi violerebbe il dettato normativo che vieta appunto la costituzione tramite cessione di azienda preesistente.

La nota del Ministero a sostegno di tale orientamento richiama una recente giurisprudenza formatasi sul tema (Cassazione 5-7-2019, n. 18143, che riprende Cassazione 22 gennaio 1999, n. 577), che opera una totale equiparazione tra cessione e conferimento, o ancora più chiaramente (Cassazione 1° agosto 2018, n. 20415), secondo cui «il conferimento di un’azienda in una società di persone o di capitali costituisce una cessione d’azienda».

Il possesso di questi requisiti consente alla start-up innovativa di mantenere i benefici di legge fino al quinto anno di attività a condizione che queste caratteristiche si mantengano costanti nei cinque anni. Siffatte qualità necessarie sono sottoposte a verifica continua da parte delle Camere di Commercio ed in aggiunta annualmente la società è tenuta a fornire la conferma del possesso di almeno una delle tre predette caratteristiche.

Tra le start-up innovative ritroviamo, oltre alle nuove imprese, società costituite prima dell’entrata in vigore del decreto-legge n.179/2012 le quali sono comunque considerate start-up innovative se hanno depositato presso l’Ufficio del Registro delle imprese la dichiarazione sottoscritta dal rappresentante attestante i requisiti richiesti per l’iscrizione che attribuiscono alla start-up una connotazione innovativa.

Regole per la costituzione e iscrizione

Particolare attenzione meritano le regole relative alla costituzione e alla iscrizione nella sezione speciale del Registro delle imprese. Ai fini dell’iscrizione presso la sezione speciale la start-up è obbligata ad indicare le sue caratteristiche innovative, i finanziamenti ottenuti, illustrare il business plan e le qualità del suo prodotto, garantendo in tal modo elevata visibilità alla società. Attraverso tale l’iscrizione si ottiene il c.d. status di start-up innovativa che consente di conseguire i benefici di legge fino al quinto anno a partire dalla data di costituzione.

Per effettuare l’iscrizione è necessario fornire un’autocertificazione di possesso dei requisiti con firma del legale rappresentante.  La Camera di Commercio effettua controlli periodici per verificare questi requisiti inoltre per evitare condotte scorrette ed opportunistiche le start-up sono monitorate in quanto sono visibili sul portale nazionale delle imprese innovative, ossia una piattaforma che ha valore legale. Questa piattaforma deve essere obbligatoriamente aggiornata almeno una volta all’anno entro il 30 giugno, altrimenti non vengono confermati i requisiti e conseguentemente l’impresa perde lo status di start-up innovativa.

Un tema particolarmente dibattuto è quello relativo alla natura del controllo operato dal Registro delle imprese e cioè se si tratta di un procedimento che valuta nella sostanza i requisiti oppure se si tratta di una verifica puramente formale. Il giudice del Registro delle imprese del Tribunale di Roma, con decreto del 5 aprile 2019 ha infatti messo in luce che non è competenza dell’ufficio valutare nel merito le dichiarazioni fornite da chi vuole entrare a far parte delle start-up innovative. L’ufficio può dunque solo controllare che la documentazione sia formalmente regolare e perciò il controllo consiste essenzialmente nel verificare che i moduli siano compilati senza errori e sia stato fornito tutto ciò che è necessario dichiarare.

È pertanto indispensabile un controllo sulla regolarità formale e completezza della domanda e della documentazione allegata. Secondo il giudice romano può essere effettuato un controllo di merito solo in mancanza dei requisiti dell’art. 25 comma 2 lett. f) decreto-legge n. 179/ 2012 e anche quando si ravvisa una carenza nell’oggetto sociale della caratteristica di innovatività ed alto valore tecnologico dei prodotti.

Posto dunque che il dovere del Registro delle Imprese consta essenzialmente nell’accertamento formale della corretta compilazione e allegazione dei documenti salvo la valutazione in merito all’oggetto sociale, una novità rilevate si rileva in materia di costituzione della start-up innovativa.

In particolare, ai sensi dell’art. 3 del decreto-legge n. 3/2015 conv. in legge 24 marzo 2015 n. 33 al fine di semplificare la procedura di avvio e contenere i relativi costi, è possibile la costituzione con procedura on line presso il portale dedicato del Registro delle imprese mediante firma digitale da parte dei soci costituenti.

Il Mise ha infatti chiarito che le start-up innovative, in base al decreto sopra citato possono essere costituite e modificate attraverso tre differenti metodi. In primis si possono costituire mediante la modalità ordinaria e quindi con atto pubblico notarile; possono aver luogo, inoltre, mediante una procedura alternativa minore e perciò attraverso una scrittura privata con firma digitale senza la presenza del notaio sulla base del modello indicato dal D.M. del Mise 17 febbraio 2016 e dal D.M. del Mise 28 ottobre 2016 rispettivamente per l’atto costitutivo e per la deliberazione di modifica dello statuto.

Infine, possono essere costituite con il c.d. metodo alternativo maggiore e quindi con scrittura privata elettronica a firma digitale autenticata dal notaio. La modalità di costituzione in forma elettronica e firma digitale è una possibilità che si affianca alla modalità ordinaria ed è pertanto alternativa e non sostitutiva. Tale assunto di partenza, come evidenziato dal Mise, consente oltretutto di richiedere l’intervento del notaio anche nella procedura alternativa minore.

Cancellazione

Quanto al regime previsto per la cancellazione dalla sezione speciale del Registro delle Imprese questa avviene d’ufficio dal conservatore del registro entro 60 giorni se si perdono i requisiti oppure se non si provvede ad informare del persistere della loro esistenza.

Quando la start-up innovativa si trova in stato di liquidazione dovrà essere cancellata eccetto nell’ipotesi presa in considerazione dal Mise nel parere del 27 maggio, prot. N. 133793 ove la società, anche se in stato di liquidazione, mette in luce nella delibera di scioglimento una previsione di continuità aziendale. Può aversi infatti una situazione di continuità aziendale per l’attuazione dell’attività liquidatoria ed anche in previsione di una revoca dello stato di liquidazione. La start-up che comunica questa sua condizione può restare iscritta nella sezione speciale, ma in caso di mancato avviso verrà cancellata d’ufficio o su istanza di parte.

Deroghe al diritto societario

Il diritto societario è quella branca che è stata maggiormente oggetto di deroga dal decreto Sviluppo bis, ciò è comprensibile se si considera che l’applicazione delle numerose norme in ambito societario a tutela terzi e in particolare dei creditori provocherebbe un freno all’operatività delle start-up le quali, come noto, mirano ad attrarre capitale di rischio tramite operazioni di investimento in luogo della classica operazione di indebitamento tramite canale bancario.

Proprio per venire incontro a tale esigenza viene concessa alle start-up innovative la possibilità di reperire capitali tra il pubblico attraverso il ricorso all’equity-based crowdfunding, e ciò in deroga a quanto previsto dall’articolo 2468, comma primo, del Codice civile, le quote di partecipazione di start-up costituite in forma di società a responsabilità limitata possono essere oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari, anche attraverso i portali per la raccolta di capitali. Pertanto, il legislatore, attraverso tale intervento, ha voluto incentivare il rapporto diretto con il risparmiatore favorendo il ricorso a strumenti tecnologici e innovativi di reperimento di capitali alternativi rispetto alla tradizionale intermediazione fornita dal canale bancario.

Dunque, si consente alla start-up innovativa sotto forma di s.r.l. di fornire ai risparmiatori strumenti partecipativi categorizzati e destinati alla circolazione in deroga al modello originario che ha sempre caratterizzato di staticità il rapporto tra il socio e l’impresa.

Al fine di agevolare questa opportunità si è permesso dunque alla start-up innovativa s.r.l. di operare una diversificazione della partecipazione in base alle esigenze di investimento introducendo la possibilità di prevedere nell’atto costitutivo particolari categorie di quote fornite di diritti differenti e, nei limiti imposti dalla legge, determinare liberamente il contenuto di tali varie categorie.

È ammissibile creare categorie di quote senza il diritto di voto (come avviene nella s.p.a. per le azioni di risparmio) o con diritto di voto non proporzionale alla partecipazione o limitato a determinate tematiche.

Si apre inoltre la possibilità di utilizzare forme di remunerazione che incentivano il raggiungimento di determinati obiettivi in favore di dipendenti e amministratori.

Tuttavia, come noto, le norme sulla s.r.l. a tutela dell’effettività del capitale quali garanzie verso i terzi prevedono il divieto di compiere operazioni sulle proprie partecipazioni pertanto, al fine di consentire la remunerazione tramite piani di stock option, è venuto meno tale divieto se l’operazione sia compiuta in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l’assegnazione di quote di partecipazione a dipendenti, collaboratori o componenti dell’organo amministrativo.

Di conseguenza, parallelamente a quanto accade nella s.p.a., attraverso l’approvazione di piani di incentivazione al dipendente o all’amministratore potrà essere attribuito a tali soggetti un diritto di opzione per l’acquisto di quote di partecipazione al capitale ad un prezzo prefissato al raggiungimento di determinati obiettivi prestabiliti.

Sempre nell’ambito della remunerazione è possibile anche utilizzare un particolare schema denominato work for equity che consente ai fornitori esterni di essere remunerati con quote di partecipazione alla start-up. Mediante tale schema si attribuiscono a titolo di corrispettivo quote o strumenti partecipativi a soggetti che erogano servizi professionali in favore dell’impresa innovativa. Gli strumenti partecipativi possono attribuire diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nelle decisioni dei soci ai sensi degli articoli 2479 e 2479-bis del Codice civile.  Tramite il work for equity l’impresa può quindi fare affidamento sulle proprie potenzialità di crescita al fine di remunerare servizi ed opere necessari per il proprio oggetto sociale.

Il capitale sociale rappresenta una garanzia generale in favore dei terzi e le disposizioni sulla s.r.l. tendono a tutelare i creditori da possibili erosioni che tale garanzia può subire in conseguenza di perdite.

Tuttavia, per la start up innovativa, considerato che è verosimile che nei primi anni di vita la società genererà perdite, è stato previsto un regime di favor per cui in caso perdite d’esercizio che comportino una riduzione del capitale aziendale di oltre un terzo, in deroga alle norme del Codice civile, il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo viene posticipato al secondo esercizio successivo. Nel regime ordinario invece il periodo di tempo entro il quale ripianare la perdita è il primo esercizio successivo.

In caso invece di riduzione del capitale per perdite al di sotto del minimo legale, l’assemblea, in alternativa all’immediata riduzione del capitale e al contemporaneo ripristino della soglia legale, può deliberare il rinvio della decisione alla chiusura dell’esercizio successivo. Fino alla chiusura di tale esercizio non opera la causa di scioglimento.

Deroghe al diritto fallimentare

Come visto è probabile che la start-up generi perdite nei primi anni in considerazione del fatto che spesso queste società non sono ancora presenti sul mercato e necessitano di ingenti investimenti per realizzare il programma innovativo. Coerentemente quindi con questo scenario il legislatore ha scelto di non assoggettare le start-up innovative alla procedura di fallimento proprio perché ritenuta inadeguata e penalizzante per la categoria della nuova impresa.

La start-up innovativa è quindi non fallibile e pertanto non è assoggettabile a procedure di fallimento, concordato preventivo e liquidazione coatta amministrativa.

L’unico rimedio per superare lo stato di decozione è l’assoggettamento alla procedura di  composizione della crisi da sovra-indebitamento e di liquidazione del patrimonio ai sensi dell’art. 6 della Legge n. 3/2012 che prevede l’applicazione di tale procedura nel caso in cui si verificasse una situazione perdurante  di  squilibrio tra le obbligazioni assunte ed il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni.

La procedura consente alla start-up di addivenire ad un accordo di ristrutturazione del debito con l’assistenza dell’organismo di composizione della crisi e sotto la vigilanza del Tribunale competente che potrà essere omologato in caso di approvazione da parte di un numero di creditori che rappresenti almeno il 60% dei crediti.

Il Tribunale di Genova con pronuncia del 3 novembre 2019 in relazione alla disciplina che prevede per cinque anni l’esenzione delle procedure concorsuali maggiori per le start-up innovative, ha chiarito due profili importanti.

Il primo, relativo al momento da cui si deve computare il decorso del termine quinquennale sottolineando che tale termine deve essere calcolato dalla data di costituzione della società e dunque non dalla data di iscrizione al registro delle imprese.

In relazione al secondo profilo, ovvero il momento dal quale si considera avviata una procedura di sovraindebitamento, il Tribunale ha messo in luce che questa procedura è pendente dal momento del deposito della domanda di accesso alla procedura, deposito che deve necessariamente aver luogo entro cinque anni dalla costituzione della società.

Tuttavia, il Decreto Sviluppo bis prevede che se la start-up innovativa non ha più uno dei requisiti prima della scadenza dei cinque anni dalla costituzione, non è assoggettata all’applicazione della disciplina sopracitata e pertanto può essere sottoposta a procedure concorsuali ed al fallimento.

L’accertamento dei requisiti può essere effettuato dal giudice come stabilito dal Tribunale di Udine nella pronuncia n. 25 del 22 maggio 2018 e dunque ad un’iscrizione che ha avuto luogo in assenza delle condizioni di legge, può seguire la cancellazione ordinata con decreto, terminando infine il procedimento con la dichiarazione di fallimento.

Deroghe al diritto del lavoro

Le norme in materia di lavoro subordinato, sebbene negli ultimi anni abbiano subìto un restyling da parte del legislatore volto a conferire al rapporto di lavoro maggiore flessibilità, sono caratterizzate da particolari limiti finalizzati ad evitare abusi e quindi conferire una maggiore tutela in favore del lavoratore.

Il legislatore del 2012 ha ritenuto opportuno operare una ulteriore estensione dei limiti previsti dalla normativa vigente in favore di una maggiore flessibilità che permetta alla start-up di avvalersi dell’opera di professionalità senza assumersi impegni che potrebbe non mantenere.

La disciplina del lavoro prevista per le start-up innovative dal d.lgs. n.81/2015, artt. 21, comma 3, e 23, comma 2, consente a queste società di realizzare l’assunzione di personale attraverso contratti a tempo determinato con una durata nel massimo di 24 mesi. Si tratta di una disciplina che vuole incentivare il dipendente a conseguire gli obiettivi predeterminati.

Il vantaggio di tali contratti risiede nella possibile deroga alla normativa generale prevista all’art.21, essendo infatti consentito porre in essere contratti brevi, senza limiti di durata né di proroghe. L’art. 23 del d.lgs. 81/2015 concede oltretutto alle start-up innovative con più di cinque dipendenti, in difformità con ciò che si verifica nelle altre imprese, la stipulazione di contratti a tempo determinato senza tenere in considerazione il rapporto con i contratti attivi a tempo indeterminato.

Nel rispetto del fondamento della disciplina d’incentivo nei confronti del dipendente, è consentito inoltre alla startup di dividere il compenso in una parte fissa ed in una variabile con l’unico limite che la parte fissa non deve essere inferiore al minimo tabellare previsto dal contratto collettivo applicato.

In ultimo si sottolinea che, secondo quanto disposto dal d.lgs. 81/2015, ambedue le misure indicate vengono applicate per un massimo di 4 anni e dunque non di 5, come nel caso delle agevolazioni di cui al decreto-legge 179/2012.

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