Lo stato di necessità non è evocabile nella infezione da emotrasfusione. Questo è quanto stabilisce la Sezione III della Cassazione Civile nella sua sentenza n. 13919 del 7 luglio scorso.
L’urgenza,infatti, contemplata dai protocolli sanitari, si traduce nella organizzazione interna finalizzata alla gestione dell’emergenza.
La vicenda
A seguito di una ferita grave dovuta ad un colpo d’arma da fuoco accidentale, un militare è sottoposto a varie trasfusioni. Ma proprio da queste, lo sfortunato militare ha contratto un’epatite acuta che lo ha poi condotto alla morte.
Sentito il parere dei congiunti, il Tribunale aveva dichiarato l’azione risarcitoria nei confronti del Ministero della Salute prescritta, rigettando inoltre l’azione contrattuale contro l’ospedale, che riteneva in quel frangente di aver operato in stato di necessità ed urgenza.
Dopo che anche la Corte di Appello aveva confermato la decisione, i congiunti avevano deciso di ricorrere alla Cassazione.
Il ragionamento della Cassazione
La definizione dello stato di necessità
Nel momento in cui una struttura ospedaliera effettui una operazione d’urgenza, non opera in stato di necessità. Perciò, non è esentato dagli obbligo che scaturiscono dalle ordinarie regole di prudenza, che sono peraltro organizzate all’interno della strutture ospedaliere con dettagliati protocolli medico-chirurgici ai quali i professionisti sanitari operanti nella struttura si devono attenere.
Perché lo stato di necessità sia ravvisabile e sia possibile l’esclusione della responsabilità civile, come previsto dall’art. 2045 cod. civ., deve sussistere la necessità di salvare sé od altri dal pericolo reale di un danno grave alla persona.
Secondo la norma, un soggetto si debba trovare fortuitamente in una situazione imprevista ed imprevedibile – indipendentemente dalla sua volontà e dalla sua possibilità di esercitare un controllo su quanto stia accadendo – all’interno della quale è giustificabile soltanto il compimento da parte sua di scelte, altrimenti sanzionate dai canoni della responsabilità civile, purché finalizzate alla necessità di salvare sé od altri dalla imprevista e imprevedibile situazione di pericolo.
L’elemento della imprevedibilità, sostiene il Supremo Collegio, è dunque strettamente connaturato al sorgere della causa di giustificazione. Altrimenti, una situazione di pericolo dovrebbe esser affrontata e risolta nei modi ordinari, senza che sia richiesto o giustificato un intervento da parte di un soggetto che possa al contempo ledere altri diritti.
La necessità di intervenire d’urgenza e i doveri della struttura sanitaria
Ciononostante, la mera necessità di intervenire d’urgenza con un intervento chirurgico per salvare la vita di un’altra persona non può integrare tale elemento di “imprevedibilità”, a meno che il medico non sia al di fuori di una adeguata struttura sanitaria senza la possibilità di raggiungerla, mettendo altrimenti a repentaglio la vita della persona in pericolo.
Solo in questo caso allora, dei controlli preventivi e degli standard di sicurezza e di igiene imposti all’ospedale per il suo ordinario funzionamento, sia come struttura di cura che come struttura chirurgica non potranno essere presi in considerazione da chi interviene.
Non è però configurabile lo stato di necessità se l’intervento chirurgico – per quanto d’urgenza e non programmato – avvenga all’interno di una struttura a ciò adibita, professionalmente organizzata e, tra l’altro, proprio dedicata ad affrontare interventi d’urgenza in condizioni di sicurezza.
L’urgenza stessa deve essere infatti necessariamente prevista e programmata in modo che, al suo verificarsi, scatti l’adozione di specifici protocolli, tra i quali la predisposizione di sacche di sangue già controllate.
La programmazione delle situazioni di emergenza è uno dei vari compiti di una struttura ospedaliera organizzata ed operante sul territorio. Ciò comprende un’apposita organizzazione interna al fine di gestire l’emergenza in maniera professionale ed organizzata, con appositi protocolli, con la previsione di turni in chirurgia di tutte le qualifiche professionali coinvolte, con la disponibilità all’occorrenza delle sale operatorie con priorità su interventi che possono attendere, come l’approvvigionamento preventivo di risorse ematiche verificate o comunque la predeterminazione delle modalità di un approvvigionamento aggiuntivo straordinario ove necessitato dalla situazione di emergenza.
A seguito della contrazione da parte di un paziente di epatite post trasfusionale, spetta di conseguenza alla struttura ospedaliera di provare di aver eseguito tutti i controlli all’epoca dei fatti previsti sul sangue somministrato.
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