Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino ad euro 309.
Tanto stabilisce l’art. 659 c.p. che, pertanto, sanziona colui il quale, anche in ambito condominiale, produce rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio (Cass. n. 45616/2013).
Tra i rumori idonei a disturbare la quiete condominiale e, conseguentemente, a ritenere integrato il reato contravvenzionale di “Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”, rientra a pieno titolo la musica ad alto volume proveniente da uno stereo, nel caso di specie, ubicato nella stanza di un giovane minore di anni 18.
Per ritenere sussistente il reato, la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 53102, pubblicata in data 15 dicembre 2016, ha ritenuto sufficiente la testimonianza di due agenti della polizia municipale della capitale che hanno riferito come la musica ad alto volume era percepibile già ad ottanta metri di distanza dal condominio.
Nel caso concreto, tuttavia, stante la minore età dell’autore della turbativa, a “pagare” sono i genitori, in particolare, il padre, proprietario dell’appartamento in condominio.
La Corte, al fine di sostenere la responsabilità del genitore, riferisce come “agli obblighi discendenti dalla sua qualità di proprietario ed abitante dell’immobile dal quale i rumori si diffondevano, posto che il danno non è stato, nella specie, come correttamente rilevato dal ricorrente, prodotto dall’immobile in sé (come richiesto dall’art. 2051 cod. civ.) ma dagli apparecchi di riproduzione musicale attivati dal figlio, la sentenza ha posto in evidenza la posizione di garanzia data dall’esercizio della potestà genitoriale sul figlio minore autore, come appena detto, delle propagazioni rumorose”.
Sostine il Giudice di legittimità che, ai sensi dell’art. 40 c.p., non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo e che, tra tali obblighi, si annovera anche la responsabilità genitoriale nei confronti dei figli minori, dal quale discende che i genitori sono “responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori” in virtù dell’art. 2048 c.c., a mente del quale, Il padre e la madre, o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi.
Da tale disposizione, continua la Corte, “discende un obbligo di sorveglianza (Cass. n. 43386/2010) che, senza escludere la concorrente responsabilità del minore ultraquattordicenne e capace di intendere e di volere, non può non radicare una responsabilità anche del genitore in tutti i casi in cui un tale obbligo sia rimasto inadempiuto, solo restando salva la possibilità, espressamente consentita dal comma 3 dell’art. 2048, di provare di non avere potuto impedire il fatto”.
Ricorda, infine, la Suprema Corte i propri precedenti per cui “la responsabilità dei genitori per i fatti illeciti commessi dal minore con loro convivente, prevista dall’art. 2048 cod. civ., è correlata ai doveri inderogabili posti a loro carico all’art. 147 cod. civ. ed alla conseguente necessità di una costante opera educativa, finalizzata a correggere comportamenti non corretti ed a realizzare una personalità equilibrata, consapevole della relazionalità della propria esistenza e della protezione della propria ed altrui persona da ogni accadimento consapevolmente illecito (Cass. n. 9556/2009)”.
Attenzione quindi alle “attività” rumorose dei propri figli, a risponderne potrebbero essere i genitori, salvo non dimostrino di non aver potuto far nulla per impedire il fatto, circostanza alquanto difficile da dimostrare.
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