1. Classificazione legale delle diverse tipologie di strade.
Al fine di acclarare la vexata quaestio, ovvero qualificare giuridicamente le strade vicinali, occorre approntare una attenta disamina della normativa vigente in materia.
L’art. 2 del d.lgs. n.° 285/1992 c.d. “Codice della Strada” fornisce la seguente definizione di strada: “l’area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali”, ed al capoverso del medesimo articolo predispone una classificazione delle strade sulla base delle loro caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali.
Quindi, la legge riconosce e disciplina i seguenti tipi di strada:
A – Autostrade;
B – Strade extraurbane principali;
C – Strade extraurbane secondarie;
D – Strade urbane di scorrimento;
E – Strade urbane di quartiere;
F – Strade locali;
F-bis Itinerari ciclopedonali.
Altresì, al 3° comma prevede le cosiddette caratteristiche minime riguardo ad ogni tipo di strada sopra elencato.
Successivamente, il 5° comma dello stesso art. 2 CdS, dispone una ulteriore classificazione delle strade alla stregua di esigenze di carattere squisitamente amministrativo e riguardo all’uso, oltre che in riferimento alla classificazione di cui al capoverso, distinguendole in «statali», «regionali», «provinciali», «comunali». Perciò, sulla base di quanto asserito, enti proprietari delle anzidette strade sono rispettivamente lo Stato, la regione, la provincia, il comune.
Ulteriormente al 6° comma vengono distinte le strade extraurbane di cui alle lettere B, C ed F del comma 2°, in: a) Statali; b) Regionali; c) Provinciali; d) Comunali.
Secondo quanto premesso, le strade sono classificabili come strade extraurbane Comunali quando congiungono il capoluogo del comune con le sue frazioni o le frazioni fra loro, ovvero congiungono il capoluogo con la stazione ferroviaria, tranviaria o automobilistica, con un aeroporto o porto marittimo, lacuale o fluviale, con interporti o nodi di scambio intermodale o con le località che sono sede di essenziali servizi interessanti la collettività comunale. Infine, l’art. 2, 6° comma, lett. D) ultimo periodo d.lgs. n.° 285/1992 statuisce che “le strade «vicinali» sono assimilate alle strade comunali”; anche se riguardo a tale asserzione occorre fare una indispensabile disamina,con il precipuo fine di rilevare la normativa applicabile e le conseguenti peculiarità giuridico – normative.
Le strade si distinguono a seconda del soggetto proprietario, potendo avere natura “demaniale”,“vicinale” o “privata”.
Sono private le vie cosiddette agrarie o vicinali private costituite da passaggi in comunione incidentale tra i proprietari dei fondi latistanti serviti da quei medesimi passaggi (cfr. Tribunale Chieti, 15/10/2009, n. 748″La via agraria, cioè la strada privata che i proprietari dei fondi latistanti aprono e mantengono per transitarvi secondo le esigenze della coltivazione, viene formata mediante conferimento di suolo (cd. “collatio agrorum privatorum”) o di altro apporto dei vari proprietari, in modo da fondare una comunione (“communio incidens”), per la quale il godimento della strada non è “iure servitutis” ma “iure proprietatis” e, pur avendo di regola, fondi fronteggianti, può essere utilizzata, in relazione alla necessità del tracciato, da più fondi in consecuzione, fermo restando il principio che essa possa servire a tutti i proprietari dei fondi in tutte le direzioni, onde ciascuno ne abbia per tutta la sua lunghezza la proprietà “pro indiviso”).
Sono vicinali pubbliche le vie di proprietà privata, soggette a pubblico transito. In concreto, il sedime della vicinale, compresi accessori e pertinenze, è privato, di proprietà dei titolari dei terreni latistanti, mentre l’ente pubblico è titolare di un diritto reale di transito a norma dell’art. 825 c.c..
Tale diritto può essersi costituito nei modi più diversi, ossia mediante un titolo negoziale, per usucapione o attraverso gli istituti dell’ “immemorabile”, cioè dell’uso della strada da parte della collettività da tempo, appunto, immemorabile o della “dicatio ad patriam”, che si configura quando i proprietari mettono a disposizione del pubblico la strada, assoggettandola all’uso collettivo (cfr. Cass. Civ. Sent. n.° 12181/1998 “la c.d. Dicatio ad patriam ha come suo indefettibile presupposto, l’asservimento del bene all’uso pubblico nello stato in cui il bene stesso si trovi, e non in quello realizzabile a seguito di manipolazioni quali quelle conseguenti alle irreversibili trasformazioni che caratterizzano il (diverso) istituto dell’accessione invertita“.
Sono, invece, demaniali le strade che appartengono agli Enti pubblici.
L’appartenenza delle strade al demanio comunale è prevista e regolata dal combinato disposto degli artt. 824 e 822 2° comma c.c..
2. – Strade vicinali pubbliche e private.
Le strade vicinali sono costituite ex collatione privatorum agrorum e cioè mediante conferimento delle aree da parte dei proprietari dei fondi latistanti e dei fondi in consecuzione. Assumono carattere pubblico, allorché adducono a luoghi pubblici di interesse generale e vengono utilizzate abitualmente dalla generalità dei cittadini. In tal caso, e solo in tale accezione, vengono assimilate alle strade comunali ex art. 2, 7° comma, d.lgs. n.° 285/1992, e per esse il comune è tenuto a concorrere alla spese di manutenzione, potendo promuovere d’ufficio la costituzione di un consorzio ex art. 14 L. 12 febbraio 1958, n.° 126, (unico articolo che non risulta abrogato dal Codice della strada), obbligatorio fra i proprietari ed esercitando su tali strade i poteri di tutela ex CdS1.
Quindi riguardo alle strade vicinali in specie, rileva se esse siano inquadrabili nell’ambito pubblicistico o privatistico, trattandosi di un settore del diritto che, a fronte di un vastissimo numero di casi pratici, rimane alquanto dubbio, a cominciare dal concetto stesso di strada vicinale (ovvero interpoderale, dal momento che erano destinate prevalentemente al servizio dell’agricoltura), a causa della loro origine e storia, quasi sempre risalenti nel tempo, tanto da perderne spesso le tracce, al di là del dato normativo di cui all’art. 3, d.lgs. n.° 285/1992 rubricato “Definizioni stradali e di traffico”, il quale definisce Strada vicinale (o Poderale o di Bonifica): strada privata fuori dai centri abitati ad uso pubblico.
La principale distinzione, perciò, che si rinviene in materia di strade interpoderali attiene se esista o no un diritto di uso pubblico sulle stesse, potendosi a tal proposito distinguere strade vicinali pubbliche e strade vicinali private (cd. vie agrarie).
Sempre, al fine quindi, di poter stabilire se una strada interpoderale sia pubblica oppure privata, non rileva, il fatto che la stessa risulti inserita negli elenchi delle strade vicinali, poiché l’iscrizione non ha valore costitutivo, ma soltanto dichiarativo, consentendo soltanto di presumere che la strada sia pubblica, ma senza darne la certezza (TAR Sicilia, Catania, 29 novembre 1996, n.° 2124), assunto, questo, sostenuto vuoi dal dato normativo ex art. 20 della L. 20 marzo 1865, n.° 2248, secondo il quale, la classificazione ufficiale delle strade ha efficacia presuntiva e dichiarativa, ma non costitutiva della pubblicità o meno del passaggio, vuoi da giurisprudenza costante (Sezione II, Cassazione civile, n.° 4938/1992; Sezione III, n.° 6337/1994).
L’iscrizione di una strada nell’elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico non ha natura costitutiva e portata assoluta, ma riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa del Comune, ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell’uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un’azione negatoria di servitù. Ne consegue che la controversia circa la proprietà, pubblica o privata, di una strada, o circa l’esistenza di diritti di uso pubblico su una strada privata, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, giacché investe l’accertamento dell’esistenza e dell’estensione di diritti soggettivi, dei privati o della pubblica amministrazione. (Nella specie, le S.U. hanno affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in controversia promossa da privato proprietario di una strada sterrata, immettentesi su strada comunale, al fine di sentir dichiarare che la strada medesima, divenuta oggetto di provvedimento comunale di classificazione come strada vicinale ad uso pubblico, era di sua proprietà esclusiva) Corte di Cassazione, Sezioni Unite civile Ordinanza 27 gennaio 2010, n. 1624.
Al contrario, la natura pubblica della strada, dipende dalla coesistenza effettiva di tre condizioni, quali:
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“il passaggio esercitato iure servitutis pubblicae, da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale”; nonché
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“la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, anche per il collegamento con la pubblica via”; ed infine
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“un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, che può anche identificarsi nella protrazione dell’uso da tempo immemorabile”, (TAR Toscana, Sez. III, 11 aprile 2003, n. 1385; conformi, tra le molte: TAR Umbria, Perugina, 13 gennaio 2006, n. 7; id., 21 settembre 2004, n. 545; ed in precedenza: Cons. di Stato, Sez. IV, n. 1155/2001; Cons. di Stato, Sez. V, n. 5692/2000; Cass. civ., Sez. II, n. 7718/1991).
In linea di massima, le strade vicinali sono soggette ad uso pubblico. Tale presunzione deriva dal loro concreto utilizzo da parte della collettività (Sezione III, Cassazione civile, n.° 10139 del 1994).
In tema di oneri scaturenti dalla natura pubblica della strada, viene prevista (ut supra), obbligatoriamente, la costituzione di un apposito Consorzio tra gli utenti della strada (art. 14 L. 12 febbraio 1958, n.° 126).
Le prescrizioni urbanistiche a contenuto ablatorio legittimano il comune ad espropriare i suoli vincolati, ma non obbligano i proprietari a metterli a disposizione dell’ente e dei cives. Pertanto, il proprietario che, in assenza di un procedimento ablatorio, volontariamente attua la destinazione a strada prevista dal piano regolatore, consentendo il corrispondente uso pubblico dell’area, realizza un comportamento idoneo ad essere qualificato come presupposto della dicatio ad patriam ai fini della costituzione di una servitù pubblica di passaggio (cfr. Cass. Civ. Sent. n.° 5445/1985)..
Al contrario, per le strade private non sorge alcun obbligo a carico del Comune (ovvero dell’ente territoriale), ma soltanto una facoltà, oltretutto limitata per legge: cosicché le spese per la loro sistemazione sono necessariamente ripartite tra i soli proprietari, i quali possono, ma soltanto laddove lo vogliano, costituirsi in Consorzio.
Un aspetto interessante in ordine alle strade vicinali è la possibilità di utilizzarle per un uso diverso dal transito: ad es. per l’interramento di tubazioni destinate a servizio di immobili. Infatti, trattandosi di godimento pubblico di transito, esula da questo ogni altro diritto che si intenda fare valere, salvo il potere del Comune in ordine alle proprie strade, cui quelle vicinali sono equiparate.
In ogni caso, peraltro, gli eventuali permessi che verranno accordati, lasciano impregiudicato, purché si rinvenga in maniera certa il titolo, il diritto del proprietario della strada alla relativa indennità.
Le strade vicinali sono assimilate strade comunali ex art. 2, 7° comma, d.lgs. n.° 285/1992 e l’inclusione di tali arterie nella toponomastica del Comune pone in essere una presunzione iuris tantum, superabile, dinanzi al giudice, soltanto con la prova contraria dell’inesistenza del diritto di godimento da parte della collettività.
Dunque, per inverso, una strada può essere riconosciuta come pubblica pure in difetto dell’iscrizione nell’elenco in parola, qualora la sua pubblicità possa essere desunta – oltre che dalle risultanze delle mappe catastali – da indici di demanialità quali:
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il predetto uso costante nel tempo;
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l’ubicazione della strada all’interno di luoghi abitati;
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l’apposizione della numerazione civica;
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i comportamenti della Pubblica amministrazione nei settori urbanistico ed edilizio.
Analogamente la IV° Sezione penale della Corte di Cassazione (n.° 8950/1990); e, da ultima, la Sezione II del Tar della Puglia (n.° 491 del 1994) che addirittura ha precisato che la qualificazione di una strada come di uso pubblico discende non tanto dal fatto che su di essa possano transitare persone diverse dal proprietario o dal fatto che essa si colleghi ad una pubblica via quanto piuttosto presuppone che essa sia posta a servizio di una collettività di utenti (uti cives).
Altro presupposto essenziale, per le applicazioni delle norme poste a disciplina della circolazione stradale, è quello per cui sulle aree interessate si abbia circolazione di pedoni, di veicoli e di animali. In caso contrario, pur in presenza della pubblicità del bene, non si potranno applicare tali norme.
Ne deriva che, se un’area normalmente qualificata come strada, rimane sottratta, sia pure temporaneamente, a tale destinazione mediante chiusura alla circolazione (o destinazione ad uso privato), su di essa non è più applicabile la disciplina del Codice stradale né le sue sanzioni.
3. – La Strada Agraria
La strada agraria è una strada interpoderale vicinale destinata al servizio dei fondi, dal parziale conferimento dei quali ha tratto origine ex collatione privatorum agrorum, ed è soggetta al transito dei proprietari dei fondi serviti e del tutto sprovvista di alcun carattere di pubblicità.
Gli utenti ne godono iure domini, per diritto di proprietà.
Di strada vicinale pubblica, può invece parlarsi quando oltre al transito dei proprietari frontisti e in consecuzione si svolga anche il pubblico transito della generalità dei cittadini.
La strada vicinale acquista il carattere di strada pubblica per intervento del Comune mediante un provvedimento di classificazione, in conseguenza del quale la strada risulta sottoposta allo stesso regime giuridico dei beni demaniali, per l’appunto previsto dall’art. 825 del Codice Civile.
Caratteristica comune ad entrambe le categorie di vicinali, pubbliche e private, è che la proprietà del suolo è sempre a titolarità dei frontisti che ne godono iure communionis e non iure servitutis.
La principale differenza fra le due categorie di strade vicinali, come ribadito più volte, è rappresentata dal fatto che le vicinali pubbliche sono strade di interesse amministrativo, che, nell’ambito del sistema dei diritti reali, permette di sottoporle ad una regolamentazione speciale che trae origine dall’allegato F (artt. 1,9,18,19,20,51,e 84) della legge 20 marzo 1865 n.° 2248 e dal D.L.Lgt. 1° settembre 1918, n.° 1146 e rimanda al Capo II del Titolo I del Libro III del Codice Civile. Per contro le strade vicinali private restano estranee alla disciplina pubblicistica risultando escusivamente regolate da norme di diritto privato. La Corte di Cassazione (Sez. II, sentenza n.° 2591 del 28 agosto 1971) ritiene che la formula “strade vicinali” in senso proprio, valga a designare solo quelle strade le quali risultino soggette a pubblico transito, cioè caratterizzate da un diritto reale di uso pubblico a favore della collettività.
Prescindendo dai criteri secondo i quali si può stabilire caso per caso se si tratti o meno di una strada vicinale cioè di una strada privata gravata da servitù di uso pubblico, si può in definitiva affermare:
a) Il Comune ha l’obbligo di concorrere alle spese di manutenzione nei limiti stabiliti dall’art. 3 d.l. lgt. n.° 1446/1918, da un quinto alla metà;
b) Le spese residue sono a carico degli UTENTI E NON DEI PROPRIETARI della strada, in tal senso vedasi T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 24 luglio 1989, n.° 277, ove si precisa che fra i cosiddetti utenti “siano da annoverare tutti coloro che, in base a un concreto accertamento di fatto, presuntivamente ritraggono dall’utilizzo della strada un effettivo e concreto giovamento in misura e con modalità nettamente differenziate rispetto a tutti gli altri che pure ne fanno uso”;
c) Se gli utenti non provvedono il Comune può eseguire d’ufficio la manutenzione, rivalendosi poi sugli utenti (art. 15 d.l.lgt. cit.; artt. 52 e 378 l. n. 2248/1865, all. f).
d) In caso di inerzia dei privati, il Comune DEVE tempestivamente provvedere alla manutenzione, perché risponde nei confronti di terzi per i danni eventualmente provocati dalla manutenzione, a nulla rilevando che l’obbligo della manutenzione incomba sul proprietario dell’area: così Cass., sez. III, 15 giugno 1979, n.° 3387. Infatti v’è l’obbligo della p.a. “di osservare, a tutela dell’incolumità dei cittadini e dell’integrità del loro patrimonio, le disposizioni di legge e di regolamento all’uopo predisposte, nonché le comuni norme di prudenza e di diligenza dal principio, primario e fondamentale del neminem laedere“.
4. Strade poderali, quali opere non soggette a concessione, autorizzazione o comunicazione, alla stregua della legislazione regionale.
Per quanto concernono le strade poderali, essi sono da definire strade agrarie ovvero strade poderali vicinali destinata al servizio dei fondi, dal parziale conferimento dei quali hanno tratto origine ex collatione privatorum agrorum, e sono soggette al transito dei proprietari dei fondi serviti e del tutto sprovviste di alcun carattere di pubblicità.
Gli utenti ne godono iure domini, per diritto di proprietà.
Riguardo alla disciplina normativa amministrativa per la loro realizzazione, rileva il dato incontestabile che esse ricadono nell’alveo dell’art.6 legge regione Sicilia n.° 37/1985, rubricato “Opere non soggette a concessione, autorizzazione o comunicazione”, nell’ambito del quale al 1° comma, dispone: Non sono soggette a concessione, ad autorizzazione, a comunicazione al sindaco le seguenti opere:
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manutenzione ordinaria delgi edifici di cui alla lett. a dell’ art. 20 della legge regionale 27 dicembre 1978, n.° 71;
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recinzione di fondi rustici;
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strade poderali;
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opere di giardinaggio;
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risanamento e sistemazione dei suoli agricoli anche se occorrano strutture murarie;
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costruzione di serre;
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cisterne ed opere connesse interrate;
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opere di smaltimento delle acque piovane;
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opere di presa e distribuzione di acquee di irrigazione da effettuarsi in zone agricole.
Più avanti, si osserva nel medesimo articolo, una norma di somma importanza circa la superiorità gerarchica della presente disciplina rispetto agli atti regolamentari e amministrativi degli enti locali competenti.
Il capoverso dell’art. 6 legge regione Sicilia n.° 37/1985, dispone: Le disposizioni del presente articolo nonchè dello articolo precedente prevalgono su quelle contenute negli strumenti urbanistici e nei regolamenti edilizi vigenti.
1Diritto Amministrativo, I principi, Tomo 1°, Pietro Virga, Casa Ed. Giuffrè editore – Milano 6° ed.
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