Struttura sanitaria responsabile per infezione post-operatoria

La struttura sanitaria risponde per fatto proprio dell’infezione subita dal paziente durante l’intervento operatorio.

Allegati

La struttura sanitaria risponde per fatto proprio dell’infezione subita dal paziente durante l’intervento operatorio. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica

Tribunale di Bari -sez. III civ.- sentenza n. 4722 del 20-11-2024

SENTENZA_TRIBUNALE_DI_BARI_N._4722_2024_-_N._R.G._00007040_2021_DEL_20_11_2024_PUBBLICATA_IL_20_11_2024.pdf 261 KB

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Indice

1. I fatti: la causa contro la struttura sanitaria


Un paziente agiva in giudizio nei confronti di una struttura sanitaria sostenendo di aver eseguito un intervento chirurgico di chiusura di un difetto interatriale e che dopo le dimissioni, durante la riabilitazione, aveva riscontrato che dalla ferita chirurgica sul torace usciva una secrezione biancastra che dopo 20 giorni era diventata purulenta.
In ragione di ciò, riferiva l’attore di aver dovuto eseguire due interventi chirurgici per cercare di risolvere la situazione, ma che nonostante ciò le sue condizioni erano peggiorate e si era formata una fistola con continua secrezione di materiale purulento.
Nonostante due ulteriori interventi e due ricoveri, la problematica persisteva e veniva risolta soltanto dopo un ultimo intervento con resezione anche di parte del polmone.
L’attore sosteneva quindi che durante il primo intervento chirurgico al cuore aveva subito un’infezione ospedaliera imputabile alla struttura sanitaria, a causa della inidonea disinfezione dell’ambiente operatorio e degli strumenti chirurgici, e che la responsabilità della struttura era riconducibile anche al fatto che durante i successivi interventi non era riuscita a eliminare l’infezione.
L’ospedale si difendeva sostenendo che non vi era stata alcuna inadempienza alla medesima imputabile e che l’attore non avesse fornito alcuna prova dell’asserito inadempimento della convenuta. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica

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La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.

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2. Le valutazioni del Tribunale


Il Tribunale ha evidenziato in primo luogo che la disciplina applicabile al rapporto fra paziente e struttura ospedaliera è quello della responsabilità da inadempimento contrattuale per fatto proprio (qualora l’inadempimento sia riconducibile a inadempienze della struttura) oppure fatto dei suoi ausiliari (qualora l’inadempimento sia riconducibile alla condotta colposa dei sanitari).
La fonte di detto rapporto è il contratto atipico di spedalità concluso tra le parti per fatti concludenti, cioè a seguito dell’accettazione del paziente all’interno della struttura.
In virtù di detto contratto, insorgono sulla struttura degli obblighi “alberghieri” e degli obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie non solo per fornire la prestazione medica, ma anche per far fronte ad eventuali complicanze o emergenze.
Come conseguenza dell’applicazione del regime di responsabilità contrattuale, il paziente danneggiato deve provare, anche attraverso l’uso di presunzioni, il nesso di causalità tra l’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie e la condotta del sanitario. Invece, dopo che l’attore ha fornito la sua prova, è onere della struttura sanitaria provare la sussistenza di una causa imprevedibile ed inevitabile che ha reso impossibile eseguire in maniera esatta la prestazione gravante sul debitore.
Secondo il tribunale, in materia di facere professionale, la violazione delle regole di diligenza professionale non è di per sé sufficiente a determinare un nesso di causalità tra la condotta (non diligente) del professionista e il danno evento. Ciò in quanto l’aggravamento della situazione patologica o l’insorgenza di nuove patologie non sono immanenti nella violazione delle leges artis e possono invece avere una diversa causa.
Pertanto, il creditore dovrà allegare la connessione naturalistica fra l’aggravamento della patologia o l’insorgenza di una nuova patologia e la condotta omissiva o commissiva del sanitario.
Tale allegazione è infatti un elemento costitutivo della fattispecie di responsabilità nelle obbligazioni di diligenza professionale, che impone il relativo onere probatorio in capo al creditore che agisce in giudizio.
Dopo che il creditore avrà assolto al predetto onere probatorio, graverà sul debitore provare il nesso di causalità fra una causa esterna, che sia imprevedibile ed inevitabile alla stregua dell’ordinaria diligenza, e l’impossibilità di eseguire la prestazione professionale richiesta.
Nel caso in cui il debitore convenuto riesca a fornire la predetta prova, l’aggravamento della patologia del paziente o l’insorgenza di una nuova patologia, anche se sono collegati materialmente alla condotta del professionista (per esempio all’intervento sanitario eseguito) non sono comunque imputabili al professionista.
Conseguentemente, nel caso in cui la causa dell’evento dannoso rimanga ignota, nonostante la possibilità di ricorrere alle presunzioni, il relativo rischio graverà sul creditore che vedrà respinte le sue istanze risarcitorie. Se invece rimane ignota la causa per cui la prestazione del debitore è divenuta impossibile oppure non si riesce a dimostrare la imprevedibilità e l’inevitabilità della causa che ha reso impossibile la prestazione, il relativo rischio graverà sul debitore che sarà comunque ritenuto responsabile del danno.

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3. La decisione del Tribunale


Applicando i suesposti principi al caso di specie, il giudice ha ritenuto che il paziente danneggiato deve dimostrare la diretta riconducibilità dell’infezione alla prestazione sanitaria eseguita dalla convenuta e che solo dopo che il paziente/attore avrà assolto a detto onere graverà sulla struttura sanitaria l’onere di dimostrare che la causa dell’infezione era imprevedibile e inevitabile.
Per potersi ritenere raggiunta tale ultima prova è necessario che la struttura dimostri non una semplice astratta predisposizione di presidi sanitari potenzialmente idonei ad evitare il rischio di infezioni ospedaliere a carico della generalità dei pazienti, ma la concreta impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione direttamente e immediatamente nei confronti del singolo paziente danneggiato.
Secondo il giudice, il paziente attore ha allegato diverse inadempienze dei medici che lo ebbero in cura, rilevando la mancata adozione delle cautele atte a garantire idonee condizioni igieniche dell’ambiente operatorio e/o idonea profilassi della strumentazione sanitaria adoperata nonché l’inosservanza e mancata attuazione da parte del personale medico e paramedico della di tutte le prescrizioni e cautele dettate dalla scienza medica per la riduzione del rischio da infezioni ospedaliere e l’erroneo trattamento post operatorio dell’infezione.
Tali allegazioni sono state in parte confermate dalla CTU svolta in giudizio, che, pur avendo riconosciuto che i sanitari della convenuta hanno correttamente trattato l’infezione contratta dal paziente, hanno confermato le inadempienze della struttura sanitaria relative alle condizioni igieniche dell’ambiente operatorio e alla profilassi della strumentazione sanitaria adoperata.
A fronte di ciò, invece, la struttura sanitaria convenuta non ha assolto l’onere probatorio sulla medesima gravante, in quanto non ha prodotto a) i protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali; b) le modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria; c) le forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami; d) le caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande; e) le modalità di preparazione, conservazione ed uso dei disinfettanti; f) la qualità dell’aria e degli impianti di condizionamento; g) l’avvenuta attivazione di un sistema di sorveglianza e di notifica; h) i criteri di controllo e di limitazione dell’accesso ai visitatori; i) le procedure di controllo degli infortuni e della malattie del personale e delle profilassi vaccinali; j) il rapporto numerico tra personale e degenti; k) la sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio; l) la redazione di un “report” da parte delle direzioni dei reparti, da comunicarsi alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella; m) l’orario della effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio.
Conseguentemente, essendo rimasta ignota la causa della impossibilità della prestazione di diligenza della struttura sanitaria nonché indimostrata la sua imprevedibilità e inevitabilità, il tribunale ha ritenuto la struttura sanitaria tenuta a rispondere dell’evento dannoso e così ha accolto la domanda risarcitoria formulata dal paziente.

Avv. Muia’ Pier Paolo

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