La struttura sanitaria è responsabile dell’errore del medico solo se la prestazione è eseguita nell’ambito della struttura sanitaria. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Indice
1. I fatti: la struttura sanitaria è responsabile?
I familiari di una paziente deceduta di carcinoma ovarico convenivano in giudizio il medico che aveva seguito la paziente e la struttura sanitaria dove il medico era dipendente per chiedere la condanna di entrambi al risarcimento dei danni subiti iure proprio, per perdita del rapporto parentale, nonché di quelli trasmessi per via ereditaria, per il danno biologico e il danno tanatologico subito dalla paziente.
In particolare, gli attori sostenevano che la morte della congiunta era da ricollegarsi causalmente al ritardo diagnostico del medico che non si era avveduto per tempo della presenza del carcinoma ovarico che poi aveva condotto alla morte la paziente. Infatti, secondo gli attori il medico avrebbe potuto diagnosticare e curare la malattia già nel febbraio 2009, durante le prime visite della paziente, allorquando il tumore si trovava allo stadio I ed erano previste delle percentuali di sopravvivenza a cinque anni pari all’ 83,3%. Invece, il medico non aveva diagnosticato la malattia, che era stata diagnosticata da un altro medico soltanto nell’agosto 2010, quando ormai la stessa era allo stadio III con percentuale di sopravvivenza a cinque anni del 31,4%.
Gli attori sostenevano inoltre che la responsabilità del medico che aveva omesso la diagnosi era già stata accertata con sentenza penale ormai passata in giudicata, che lo aveva condannato per lesioni colpose.
La struttura sanitaria si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea formulata nei suoi confronti, in quanto il medico che aveva posto in essere la condotta omissiva aveva eseguito le prestazioni sanitarie nei confronti della paziente deceduta in regime di libera professione. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
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2. Le valutazioni del Tribunale
Preliminarmente, il Tribunale ha ricordato che la sentenza penale emessa nei confronti del medico ha già accertato la responsabilità di quest’ultimo nella causazione della morte della paziente, in quanto i giudici penali hanno ritenuto che già al momento delle prime visite effettuate dal medico erano presenti gli indici che imponevano di approfondire la situazione della paziente e detti approfondimenti avrebbero consentito di effettuare una diagnosi immediata che, applicando il principio di causalità penalistico (che ha standard più elevati del criterio civilistico del “più probabile che non”) avrebbe salvato la vita della paziente.
Pertanto, il giudice ha valutato soltanto se la prestazione sanitaria inadempiente del medico possa essere riconducibile anche alla struttura sanitaria, per poter accertare anche la responsabilità di quest’ultima.
A tal proposito, il giudice ha precisato che l’azione giudiziale del paziente nei confronti della struttura sanitaria ha natura contrattuale, anche per i fatti avvenuti prima della legge Gelli-Bianco (che ha sancito la natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria). Tale carattere contrattuale deriva dal fatto che tra la struttura sanitaria e il paziente viene concluso un contratto di spedalità, che si caratterizza di varie prestazioni diverse fra loro fra le quali vi sono necessariamente le prestazioni di carattere chirurgico.
Detto contratto viene concluso nel momento in cui il paziente si affida alle cure della struttura sanitaria (che poi svolgerà la propria prestazione per il tramite dei propri ausiliari medici e non) oppure nel caso in cui il paziente scelga direttamente il medico da cui farsi curare qualora detto medico scelto e la prestazione da questi eseguita si inscrivano nell’ambito dell’attività della struttura sanitaria.
Invece, nel caso in cui il paziente venga seguito da un medico che esercita la libera professione ed è allo stesso tempo anche dipendente di una struttura sanitaria non si può ritenere concluso un contratto di spedalità tra detta struttura e il paziente, qualora quest’ultimo sia seguito dal medico soltanto presso il suo studio privato e senza neppure fare accesso alla struttura sanitaria dove il medico è dipendente.
In ragione della natura contrattuale della responsabilità, graverà sul paziente danneggiato (debitore) l’onere di provare la sussistenza del contratto di spedalità con la struttura sanitaria.
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3. La decisione del Tribunale
Nel caso di specie, il tribunale ha ritenuto provato che la paziente deceduta sia stata seguita dal medico convenuto (dipendente della struttura sanitaria anch’essa convenuta), ma che gravasse sugli attori l’onere di provare la sussistenza del contratto di spedalità con la struttura sanitaria e quindi che quest’ultima fosse responsabile della condotta omissiva del medico.
In proposito, infatti, gli attori hanno sostenuto che la struttura sia responsabile della omessa diagnosi del medico in quanto quest’ultimo prestava la propria attività professionale quale primario del reparto di ginecologia della struttura sanitaria medesima in ragione del rapporto di lavoro dipendente in essere con la stessa.
A fronte di tale deduzione attorea, la struttura sanitaria ha contestato l’esistenza di un contratto di spedalità tra struttura e paziente, sostenendo che quest’ultima era stata seguita soltanto privatamente dal medico quanto meno fino all’agosto 2010 (data in cui la paziente era stata ricoverata presso la struttura sanitaria per l’esecuzione dell’intervento chirurgico resosi necessario a seguito della diagnosi tumorale effettuata dall’altro medico cui la paziente si era rivolta).
In considerazione di ciò, il giudice ha ritenuto che gravava sugli attori l’onere di allegare e provare che la prestazione inadempiente del medico (cioè l’omessa diagnosi durante le visite effettuate dal febbraio 2009 al febbraio 2010) fosse stata eseguita dal medico nell’ambito della struttura sanitaria convenuta.
Invece, gli attori non hanno neanche allegato che almeno una parte della prestazione inadempiente del medico fosse stata eseguita presso la struttura sanitaria. Anzi, dai documenti depositati in giudizio, emerge al contrario che le visite effettuate dalla paziente con il medico si tennero tutte presso lo studio privato di quest’ultimo.
In considerazione di ciò, il tribunale ha ritenuto che le prestazioni inadempienti del medico furono effettuate in esecuzione di un contratto di prestazione professionale concluso direttamente ed esclusivamente tra il medico e la paziente e che invece non è intercorso alcun contratto di spedalità tra la paziente e la struttura sanitaria dove il medico era dipendente (contratto di spedalità che si è concluso soltanto successivamente alla prestazione inadempiente del medico, allorquando la paziente fu ricoverata presso l’ospedale per l’esecuzione dell’intervento chirurgico).
Conseguentemente il giudice ha ritenuto irrilevante che il medico inadempiente fosse dipendente della struttura sanitaria ed ha rigettato la domanda risarcitoria formulata dagli attori nei confronti di quest’ultima.
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