Sono entrati in vigore dal 3 aprile i nuovi parametri forensi.
Il decreto 10 marzo 2014, n. 55 del Ministero della Giustizia ( “Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense”) è stato, infatti, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 77 del 2 aprile 2014 con decorrenza praticamente immediata.
Il nuovo “decreto parametri” sostituisce il D.M. n. 140/2012 che si occupava, più in generale, dei compensi dei professionisti.
In sintesi il decreto si compone di una parte normativa e di una parte parametrica, formata da 26 tabelle che coprono i vari tipi giudizio e di una tabella per l’attività stragiudiziale.
Ciascuna tabella è divisa poi nelle fasi principali di ciascun procedimento.
Gli scaglioni di valore, diversamente dal D.M. n. 140/2012, sono corrispondenti a quelli previsti dal Ministero della Giustizia per la determinazione del contributo unificato, con una semplificazione evidente per gli operatori. Ciascuna tabella parametrica è poi divisa per fasi (da quella di studio a quella decisionale). All’interno i parametri sono indicati con una somma fissa che il giudice potrà innalzare fino all’ 80% o ridurre fino al 50% motivando lo scostamento.
Orbene, occorre sottolineare che, se da un lato il nuovo decreto introduce un sistema caratterizzato da trasparenza, libertà, semplicità, chiarezza ponendosi nella direzione auspicata da tutti, di favorire la ripresa del Paese, dall’altro lato, proprio alla luce di tali nuovi parametri forensi, ed oltretutto in un contesto di attuale crisi economica, sarebbe opportuno che gli studi di settore per gli avvocati venissero revisionati “al ribasso”, in quanto quelli che oggi si vogliono applicare fanno riferimento alle vecchie tariffe.
Veniamo, dunque, agli studi di settore e cominceremo a comprendere di quanta importanza rivesta oggi la corretta applicazione di essi.
ORIGINE ED EVOLUZIONE DEGLI STUDI DI SETTORE.
Gli studi di settore sono uno strumento di ausilio per l’Amministrazione Finanziaria con il quale, mediante l’utilizzo di funzioni e strumenti statistici e di un apposito software, Ge.Ri.Co. (Gestione dei Ricavi e dei Compensi), vengono ricostruiti induttivamente i ricavi ed i compensi ritenuti “normali” degli esercenti attività d’impresa e degli esercenti arti o professioni.
La elaborazione degli studi di settore rispondeva alla emergente esigenza da parte dell’Amministrazione Finanziaria di fronteggiare una sempre maggiore complessità del sistema economico e, quindi, di far fronte alla difficoltà crescente di svolgimento in modo puntuale della propria attività di controllo.
Per questo motivo è stato creato lo strumento degli studi di settore, che altro non è se non una elaborazione di funzioni matematiche e statistiche mediante le quali, utilizzando le informazioni riguardanti un determinato contribuente – derivanti dalle proprie dichiarazioni o da informazioni già in possesso dell’Amministrazione Finanziaria – si riesce a calcolare la potenzialità di ricavi o compensi della particolare attività svolta e, quindi, il ricavo o il compenso c.d. “normale”.
All’esigenza di introdurre uno strumento matematico-statistico per contrastare l’evasione, soprattutto nei confronti dei lavoratori autonomi e delle piccole-medie imprese, palesemente emersa molto tempo prima rispetto agli studi di settore, si era già fatto fronte mediante i coefficienti presuntivi di reddito, i parametri presuntivi di ricavi e compensi. Tali strumenti, ritenuti gli antenati degli studi di settore, non riuscivano a fornire tuttavia dei risultati che fossero sufficientemente attendibili.
NORMATIVA.
La fonte normativa degli studi di settore va ricercata negli articoli 62-bis e 62-sexies, comma 3, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427).
L’articolo 62-bis, in particolare, ha previsto l’elaborazione degli studi di settore in relazione ai vari settori economici di esercizio delle attività imprenditoriali e professionali “al fine di rendere più efficace l’azione accertatrice”. Ai sensi dell’articolo in esame, gli studi sono strumenti elaborati dall’Amministrazione finanziaria, sentite le associazioni professionali e di categoria, secondo una procedura così articolata:
-identificazione di “campioni significativi di contribuenti appartenenti ai medesimi settori”, che presentano, cioè, caratteristiche aziendali simili;
-controllo di questi campioni “allo scopo di individuare elementi caratterizzanti l’attività esercitata”.
L’ultimo periodo dell’art. 62-bis stabilisce, infine: “Gli studi di settore sono approvati con decreti del Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre 1995, possono essere soggetti a revisione ed hanno validità ai fini dell’accertamento a decorrere dal periodo di imposta 1995”.
L’art. 62-sexies, comma 3, dello stesso decreto, che rappresenta la norma di riferimento in tema di accertamento da studi di settore, stabilisce, invece, che gli accertamenti (analitici -induttivi) di cui agli artt. 39, co. 1, lett. d), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (in tema di imposte dirette) e 54 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (in tema di IVA) “possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore”.
D.L. 30/08/1993, n. 331 |
Art. 62-bis (Studi di settore) “1. Gli uffici del Dipartimento delle entrate del Ministero delle Finanze, sentite le associazioni professionali e di categoria, elaborano, entro il 31 dicembre 1995, in relazione ai vari settori economici, appositi studi di settore al fine di rendere più efficace l’azione accertatrice e di consentire una più articolata determinazione dei coefficienti presuntivi di cui all’art. 11 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154 e successive modificazioni. A tal fine gli stessi uffici identificano campioni significativi di contribuenti appartenenti ai medesimi settori da sottoporre a controllo allo scopo di individuare elementi caratterizzanti l’attività esercitata. Gli studi di settore sono approvati con decreti del Ministro delle Finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre 1995, possono essere soggetti a revisione ed hanno validità ai fini dell’accertamento a decorrere dal periodo di imposta 1995”. Art. 62-sexies, comma 3 (Attività di accertamento nei riguardi dei contribuenti obbligati alla tenuta delle scritture contabili) 3.“Gli accertamenti di cui agli articoli 39, primo comma, lettera d ), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e successive modificazioni, e 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni, possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell’art. 62- bis del presente decreto”. |
Dunque, l’introduzione degli studi di settore è avvenuta con l’art. 62-bis del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, mentre le modalità di attuazione sono state definite solo nel 1998, con l’art. 10 della Legge 8 maggio 1998, n. 146. Essi sono soggetti a revisione al massimo ogni tre anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore ovvero da quella dell’ultima revisione.
Di fatto, detti studi sono continuamente arricchiti al fine di ricomprendere sempre nuove aree all’interno dei classici settori di attività (servizi, commercio, manifatture, professionisti) ed affinati nella loro struttura compositiva mediante l’utilizzo di elementi sia contabili sia extracontabili. Dovrebbero tener conto anche della situazione contabile economica generale.
Gli studi di settore trovano applicazione nei confronti dei contribuenti che svolgono in maniera prevalente una delle attività economiche (d’impresa o di arti e professioni) per le quali risulta approvato il relativo studio di settore, indipendentemente dal regime di contabilità adottato.
Tali soggetti devono provvedere alla compilazione degli appositi modelli, con l’indicazione dei dati contabili ed extracontabili rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore.
GE.RI.CO.
L’applicazione dello studio di settore è effettuata tramite il software GE.RI.CO. (Gestione Ricavi e Compensi) il quale, oltre a predisporre il file telematico da allegare al modello UNICO, indica il posizionamento del contribuente rispetto allo studio di settore applicato. In particolare, il software , sulla base dei dati inseriti, evidenzia, tra l’altro, il risultato:
• dell’analisi di coerenza. Gli indici di coerenza confrontano una serie di dati forniti dal contribuente con quelli statisticamente ritenuti corretti a seconda della categoria di appartenenza del contribuente. Generalmente è previsto un minimo e un massimo. L’eventuale anomalia può essere utilizzata per la selezione dei contribuenti da sottoporre a controllo;
• dell’analisi di normalità economica. Gli indicatori di normalità economica sono atti ad individuare sia quando il contribuente sta conducendo la propria attività in condizioni statisticamente ritenute non normali, sia errori commessi nella fase di compilazione dello studio. Anche in questo caso esistono dei minimi e dei massimi. L’elemento che si colloca al di sotto e/o al di sopra di questi è considerato “non normale”;
• dell’analisi di congruità. L’indice di congruità tende a stimare i ricavi presunti indicando quello “puntuale” ossia lo stimato più probabile ed il “minimo”. Il contribuente è congruo quando i ricavi dichiarati sono uguali o superiori al “puntuale”.
Gli studi di settore non trovano applicazione in alcune situazioni specifiche:
– quando i ricavi della gestione propria delle società e degli enti commerciali residenti o i compensi di lavoro autonomo risultino superiori ai limiti massimi fissati per ciascuno studio;
– quando l’attività sia iniziata o cessata nel corso del periodo d’imposta;
– quando il contribuente si trovi in un periodo di non normale svolgimento della propria attività.
NATURA DEGLI STUDI DI SETTORE. RICONOSCIMENTO DELLA NATURA DI PRESUNZIONE SEMPLICE.
La Corte di Cassazione, SS. UU., con la sentenza n. 26635 del 18 dicembre 2009, in merito alla natura delle risultanze degli studi di settore, ha stabilito che queste debbano essere considerate presunzioni semplici e non presunzioni legali relative.
In particolare, la Suprema Corte, con la suddetta sentenza, dichiara il seguente principio di diritto: “La procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito ai contraddittori da attivare obbligatoriamente con il contribuente, pena la nullità dell’accertamento”.
Il contribuente “non può, tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento”.
L’esito del contraddittorio, “essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la congruità) della motivazione dell’accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa siano state disattese. Il contribuente ha, nel giudizio relativo all’impugnazione dell’atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice può liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall’ente impositore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente”.
In questo quadro, la natura giuridica degli studi di settore assume il carattere di “catalogo di presunzioni semplici, da armonizzare con tutti gli altri elementi a disposizione per la ricostruzione della situazione economica del contribuente”.
Il principio innanzi enunciato risulta costante nell’orientamento della Suprema Corte di Cassazione, la quale, già con sentenze rispettivamente adottate in data 28 luglio 2006 n. 17229 e 24 luglio 2009 n. 244, aveva non solo valorizzato la necessità di adeguare l’accertamento alla realtà del singolo caso e l’idoneità allo scopo del contraddittorio, ma aveva anche colto nel contraddittorio stesso la dimensione di attuazione dell’interesse del privato.
E’ stato affermato, infatti, che la omissione del contraddittorio amministrativo determina la illegittimità stessa dell’accertamento, per evidente contrasto con i principi di imparzialità e di buon andamento della Pubblica Amministrazione, nonché con il diritto di difesa del contribuente.
CONCLUSIONI.
In conclusione, fermo restando che la normativa degli studi di settore è chiara, nel senso che trattasi di presunzioni semplici con obbligo di motivazione a carico soltanto degli uffici e senza alcuna inversione dell’onere della prova a danno del contribuente, è utile rimarcare che, alla luce di tali nuovi parametri forensi, ed oltretutto in un contesto di attuale crisi economica, sarebbe opportuno che gli studi di settore per gli avvocati venissero revisionati “al ribasso”, in quanto quelli che oggi si vogliono applicare fanno riferimento alle vecchie tariffe e non riescono a fotografare a pieno la realtà di oggi.
Sarebbe, inoltre, appropriato considerare lo strumento degli studi di settore non come predeterminazione presuntiva del reddito, ma come semplice imput o ausilio per la selezione di controlli e verifiche, senza alcuna influenza, neppure come presunzione semplice, in tema di accertamento. Il reddito, infatti, non può mai essere predeterminato, essendo molteplici le variabili personali, economiche e territoriali, ma può e deve essere provato con gli strumenti invasivi già oggi esistenti (come per esempio le indagini bancarie e finanziarie).
– Di seguito il testo del Decreto del Ministero della Giustizia del 10 marzo 2014, n. 55 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.77 del 2 Aprile 2014 recante il “Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13, comma 6, L. 247/2012″.
IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA
Visti gli articoli 1, comma 3, e 13 comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247;
Sulla proposta del Consiglio nazionale forense pervenuta in data 24 maggio 2013;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 24 ottobre 2013;
Vista la trasmissione dello schema di regolamento alle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la nota del 10 marzo 2014, con la quale lo schema di regolamento è stato comunicato al Presidente del Consiglio dei ministri;
Adotta il seguente regolamento:
Capo I
Disposizioni generali
Art. 1 Ambito applicativo
1. Il presente regolamento disciplina per le prestazioni professionali i parametri dei compensi all’avvocato quando all’atto dell’incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta, in ogni caso di mancata determinazione consensuale degli stessi, comprese le ipotesi di liquidazione nonché di prestazione nell’interesse di terzi o prestazioni officiose previste dalla legge, ferma restando – anche in caso di determinazione contrattuale del compenso – la disciplina del rimborso spese di cui al successivo articolo 2.
Art. 2 Compensi e spese
1. Il compenso dell’avvocato è proporzionato all’importanza dell’opera.
2. Oltre al compenso e al rimborso delle spese documentate in relazione alle singole prestazioni, all’avvocato è dovuta – in ogni caso ed anche in caso di determinazione contrattuale – una somma per rimborso spese forfettarie di regola nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, fermo restando quanto previsto dai successivi articoli 5, 11 e 27 in materia di rimborso spese per trasferta.
Art. 3 Applicazione analogica
1. Nell’ambito dell’applicazione dei precedenti articoli 1 e 2, per i compensi ed i rimborsi non regolati da specifica previsione si ha riguardo alle disposizioni del presente decreto che regolano fattispecie analoghe.
Capo II
Disposizioni concernenti l’attività giudiziale
Art. 4 Parametri generali per la determinazione dei compensi in sede giudiziale
1. Ai fini della liquidazione del compenso si tiene conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate. In ordine alla difficoltà dell’affare si tiene particolare conto dei contrasti giurisprudenziali, e della quantità e del contenuto della corrispondenza che risulta essere stato necessario intrattenere con il cliente e con altri soggetti. Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento. Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione di regola fino al 70 per cento.
2. Quando in una causa l’avvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale, il compenso unico può di regola essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20 per cento, fino a un massimo di dieci soggetti, e del 5 per cento per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino a un massimo di venti. La disposizione di cui al periodo precedente si applica quando più cause vengono riunite, dal momento dell’avvenuta riunione e nel caso in cui l’avvocato assiste un solo soggetto contro più soggetti.
3. Quando l’avvocato assiste ambedue i coniugi nel procedimento per separazione consensuale e nel divorzio a istanza congiunta, il compenso è liquidato di regola con una maggiorazione del 20 per cento su quello altrimenti liquidabile per l’assistenza di un solo soggetto.
4. Nell’ipotesi in cui, ferma l’identità di posizione processuale dei vari soggetti, la prestazione professionale nei confronti di questi non comporta l’esame di specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto, il compenso altrimenti liquidabile per l’assistenza di un solo soggetto è di regola ridotto del 30 per cento.
5. Il compenso è liquidato per fasi. Con riferimento alle diverse fasi del giudizio si intende esemplificativamente:
a) per fase di studio della controversia: l’esame e lo studio degli atti a seguito della consultazione con il cliente, le ispezioni dei luoghi, la ricerca dei documenti e la conseguente relazione o parere, scritti oppure orali, al cliente, precedenti la costituzione in giudizio;
b) per fase introduttiva del giudizio: gli atti introduttivi del giudizio e di costituzione in giudizio, e il relativo esame incluso quello degli allegati, quali ricorsi, controricorsi, citazioni, comparse, chiamate di terzo ed esame delle relative autorizzazioni giudiziali, l’esame di provvedimenti giudiziali di fissazione della prima udienza, memorie iniziali, interventi, istanze, impugnazioni, le relative notificazioni, l’esame delle corrispondenti relate, l’iscrizione a ruolo, il versamento del contributo unificato, le rinnovazioni o riassunzioni della domanda, le autentiche di firma o l’esame della procura notarile, la formazione del fascicolo e della posizione della pratica in studio, le ulteriori consultazioni con il cliente;
c) per fase istruttoria: le richieste di prova, le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande o dei motivi d’impugnazione, eccezioni e conclusioni, l’esame degli scritti o documenti delle altre parti o dei provvedimenti giudiziali pronunciati nel corso e in funzione dell’istruzione, gli adempimenti o le prestazioni connesse ai suddetti provvedimenti giudiziali, le partecipazioni e assistenze relative ad attività istruttorie, gli atti necessari per la formazione della prova o del mezzo istruttorio anche quando disposto d’ufficio, la designazione di consulenti di parte, l’esame delle corrispondenti attività e designazioni delle altre parti, l’esame delle deduzioni dei consulenti d’ufficio o delle altre parti, la notificazione delle domande nuove o di altri atti nel corso del giudizio compresi quelli al contumace, le relative richieste di copie al cancelliere, le istanze al giudice in qualsiasi forma, le dichiarazioni rese nei casi previsti dalla legge, le deduzioni a verbale, le intimazioni dei testimoni, comprese le notificazioni e l’esame delle relative relate, i procedimenti comunque incidentali comprese le querele di falso e quelli inerenti alla verificazione delle scritture private.
Al fine di valutare il grado di complessità della fase rilevano, in particolare, le plurime memorie per parte, necessarie o autorizzate dal giudice, comunque denominate ma non meramente illustrative, ovvero le plurime richieste istruttorie ammesse per ciascuna parte e le plurime prove assunte per ciascuna parte. La fase rileva ai fini della liquidazione del compenso quando effettivamente svolta;
d) per fase decisionale: le precisazioni delle conclusioni e l’esame di quelle delle altre parti, le memorie, illustrative o conclusionali anche in replica, compreso il loro deposito ed esame, la discussione orale, sia in camera di consiglio che in udienza pubblica, le note illustrative accessorie a quest’ultima, la redazione e il deposito delle note spese, l’esame e la registrazione o pubblicazione del provvedimento conclusivo del giudizio, comprese le richieste di copie al cancelliere, il ritiro del fascicolo, l’iscrizione di ipoteca giudiziale del provvedimento conclusivo stesso; il giudice, nella liquidazione della fase, tiene conto, in ogni caso, di tutte le attività successive alla decisione e che non rientrano, in particolare, nella fase di cui alla lettera e);
e) per fase di studio e introduttiva del procedimento esecutivo: la disamina del titolo esecutivo, la notificazione dello stesso unitamente al precetto, l’esame delle relative relate, il pignoramento e l’esame del relativo verbale, le iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, gli atti d’intervento, le ispezioni ipotecarie, catastali, l’esame dei relativi atti;
f) per fase istruttoria e di trattazione del procedimento esecutivo: ogni attività del procedimento stesso non compresa nella lettera e), quali le assistenze all’udienza o agli atti esecutivi di qualsiasi tipo.
6. Nell’ipotesi di conciliazione giudiziale o transazione della controversia, la liquidazione del compenso è di regola aumentato fino a un quarto rispetto a quello altrimenti liquidabile per la fase decisionale fermo quanto maturato per l’attività precedentemente svolta.
7. Costituisce elemento di valutazione negativa, in sede di liquidazione giudiziale del compenso, l’adozione di condotte abusive tali da ostacolare la definizione dei procedimenti in tempi ragionevoli.
8. Il compenso da liquidare giudizialmente a carico del soccombente costituito può essere aumentato fino a un terzo rispetto a quello altrimenti liquidabile quando le difese della parte vittoriosa sono risultate manifestamente fondate.
9. Nel caso di responsabilità processuale ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile, ovvero, comunque, nei casi d’inammissibilità o improponibilità o improcedibilità della domanda, il compenso dovuto all’avvocato del soccombente è ridotto, ove concorrano gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione, del 50 per cento rispetto a quello altrimenti liquidabile.
10. Nel caso di controversie a norma dell’articolo 140-bis del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, il compenso può essere aumentato fino al triplo rispetto a quello altrimenti liquidabile.
Art. 5 Determinazione del valore della controversia
1. Nella liquidazione dei compensi a carico del soccombente, il valore della causa – salvo quanto diversamente disposto dal presente comma – è determinato a norma del codice di procedura civile. Nei giudizi per azioni surrogatorie e revocatorie, si ha riguardo all’entità economica della ragione di credito alla cui tutela l’azione è diretta, nei giudizi di divisione alla quota o ai supplementi di quota o all’entità dei conguagli in contestazione. Quando nei giudizi di divisione la controversia interessa anche la massa da dividere, si ha riguardo a quest’ultima. Nei giudizi per pagamento di somme o liquidazione di danni, si ha riguardo di norma alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata. In ogni caso si ha riguardo al valore effettivo della controversia, anche in relazione agli interessi perseguiti dalle parti, quando risulta manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile o alla legislazione speciale.
2. Nella liquidazione dei compensi a carico del cliente si ha riguardo al valore corrispondente all’entità della domanda. Si ha riguardo al valore effettivo della controversia quando risulta manifestamente diverso da quello presunto anche in relazione agli interessi perseguiti dalle parti.
3. Nelle cause davanti agli organi di giustizia, nella liquidazione a carico del cliente si ha riguardo all’entità economica dell’interesse sostanziale che il cliente intende perseguire; nella liquidazione a carico del soccombente si ha riguardo all’entità economica dell’interesse sostanziale che riceve tutela attraverso la decisione. In relazione alle controversie in materia di pubblici contratti, l’interesse sostanziale perseguito dal cliente privato è rapportato all’utile effettivo o ai profitti attesi dal soggetto aggiudicatario o dal soggetto escluso.
4. Nelle cause davanti agli organi di giustizia tributaria il valore della controversia è determinato in conformità all’importo delle imposte, tasse, contributi e relativi accessori oggetto di contestazione, con il limite di un quinquennio in caso di oneri poliennali.
5. Qualora il valore effettivo della controversia non risulti determinabile mediante l’applicazione dei criteri sopra enunciati, la stessa si considererà di valore indeterminabile.
6. Le cause di valore indeterminabile si considerano di regola e a questi fini di valore non inferiore a euro 26.000,00 e non superiore a euro 260.000,00, tenuto conto dell’oggetto e della complessità della controversia. Qualora la causa di valore indeterminabile risulti di particolare importanza per lo specifico oggetto, il numero e la complessità delle questioni giuridiche trattate, e la rilevanza degli effetti ovvero dei risultati utili, anche di carattere non patrimoniale, il suo valore si considera di regola e a questi fini entro lo scaglione fino a euro 520.000,00.
Art. 6 Cause di valore superiore ad euro 520.000,00
1. Alla liquidazione dei compensi per le controversie di valore superiore a euro 520.000,00 si applica di regola il seguente incremento percentuale:
per le controversie da euro 520.000,00 ad euro 1.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le controversie di valore fino a euro 520.000,00;
per le controversie da euro 1.000.000,01 ad euro 2.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le controversie di valore sino ad euro 1.000.000,00;
per le controversie da euro 2.000.000,01 ad euro 4.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le controversie di valore sino ad euro 2.000.000,00;
per le controversie da euro 4.000.000,01 ad euro 8.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le controversie di valore sino ad euro 4.000.000,00;
per le controversie di valore superiore ad euro 8.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le cause di valore sino ad euro 8.000.000,00;
tale ultimo criterio può essere utilizzato per ogni successivo raddoppio del valore della controversia.
Art. 7 Giudizi non compiuti
1. Per l’attività prestata dall’avvocato nei giudizi iniziati ma non compiuti, si liquidano i compensi maturati per l’opera svolta fino alla cessazione, per qualsiasi causa, del rapporto professionale.
Art. 8 Pluralità di difensori e società professionali
1. Quando incaricati della difesa sono più avvocati, ciascuno di essi ha diritto nei confronti del cliente ai compensi per l’opera prestata, ma nella liquidazione a carico del soccombente sono computati i compensi per un solo avvocato.
2. All’avvocato incaricato di svolgere funzioni di domiciliatario, spetta di regola un compenso non inferiore al 20 per cento dell’importo previsto dai parametri di cui alle tabelle allegate per le fasi processuali che lo stesso domiciliatario ha effettivamente seguito e, comunque, rapportato alle prestazioni concretamente svolte.
3. Se l’incarico professionale è conferito a una società di avvocati si applica il compenso spettante a un solo professionista, anche se la prestazione è svolta da più soci.
Art. 9 Praticanti avvocati abilitati al patrocinio
1. Ai praticanti avvocati abilitati al patrocinio e’ liquidata di regola la meta’ dei compensi spettanti all’avvocato.
Art. 10 Procedimenti arbitrali rituali e irrituali
1. Per i procedimenti arbitrali rituali ed irrituali, agli arbitri sono di regola dovuti i compensi previsti sulla base dei parametri numerici di cui alla tabella allegata.
2. Agli avvocati chiamati a difendere in arbitrati, rituali o irrituali, sono di regola liquidati i compensi previsti dai parametri di cui alla tabella n. 2.
Art. 11 Trasferte
1. Per gli affari e le cause fuori dal luogo ove svolge la professione in modo prevalente, all’avvocato incaricato della difesa è di regola liquidata l’indennità di trasferta e il rimborso delle spese a norma dell’articolo 27 della materia stragiudiziale.
Capo III
Disposizioni concernenti l’attività penale
Art. 12 Parametri generali per la determinazione dei compensi
1. Ai fini della liquidazione del compenso spettante per l’attività penale si tiene conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della complessità del procedimento, della gravità e del numero delle imputazioni, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, dei contrasti giurisprudenziali, dell’autorità giudiziaria dinanzi cui si svolge la prestazione, della rilevanza patrimoniale, del numero dei documenti da esaminare, della continuità dell’impegno anche in relazione alla frequenza di trasferimenti fuori dal luogo ove svolge la professione in modo prevalente, nonché dell’esito ottenuto avuto anche riguardo alle conseguenze civili e alle condizioni finanziarie del cliente. Si tiene altresì conto del numero di udienze, pubbliche o camerali, diverse da quelle di mero rinvio, e del tempo necessario all’espletamento delle attività medesime. Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono, di regola, essere aumentati fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento.
2. Quando l’avvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale, il compenso unico può di regola essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20 per cento, fino a un massimo di dieci soggetti, e del 5 per cento per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino a un massimo di venti. La disposizione del periodo precedente si applica anche quando il numero delle parti ovvero delle imputazioni è incrementato per effetto di riunione di più procedimenti, dal momento della disposta riunione, e anche quando il professionista difende una parte contro più parti, sempre che la prestazione non comporti l’esame di medesime situazioni di fatto o di diritto. Quando, ferma l’identità di posizione processuale, la prestazione professionale non comporta l’esame di specifiche e distinte situazioni di fatto o di diritto in relazione ai diversi imputati e in rapporto è di regola ridotto del 30 per cento. Per le liquidazioni delle prestazioni svolte in favore di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato a norma del testo unico delle spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, si tiene specifico conto della concreta incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa.
3. Il compenso si liquida per fasi.
Con riferimento alle diverse fasi del giudizio si intende esemplificativamente:
a) per fase di studio, ivi compresa l’attività investigativa: l’esame e studio degli atti, le ispezioni dei luoghi, la iniziale ricerca di documenti, le consultazioni con il cliente, i colleghi o i consulenti, le relazioni o i pareri, scritti o orali, che esauriscano l’attività’ e sono resi in momento antecedente alla fase introduttiva;
b) per fase introduttiva del giudizio: gli atti introduttivi quali esposti, denunce querele, istanze richieste dichiarazioni, opposizioni, ricorsi, impugnazioni, memorie, intervento del responsabile civile e la citazione del responsabile civile;
c) per fase istruttoria o dibattimentale: le richieste, gli scritti, le partecipazioni o assistenze relative ad atti ed attività istruttorie procedimentali o processuali anche preliminari, rese anche in udienze pubbliche o in camera di consiglio, che sono funzionali alla ricerca di mezzi di prova, alla formazione della prova, comprese liste, citazioni e le relative notificazioni, l’esame dei consulenti, testimoni, indagati o imputati di reato connesso o collegato;
d) per fase decisionale: le difese orali o scritte, le repliche, l’assistenza alla discussione delle altre parti processuali sia in camera di consiglio che in udienza pubblica.
Art. 13 Giudizi non compiuti
1. Se il procedimento o il processo non sono portati a termine per qualsiasi causa o sopravvengono cause estintive del reato, ovvero il cliente o l’avvocato recedono dal mandato, sono liquidati i compensi maturati per l’opera svolta fino alla data di cessazione dell’incarico ovvero a quella di pronunzia della causa estintiva.
Art. 14 Incarico conferito a società di avvocati
1. Se l’incarico professionale è conferito a una società di avvocati si applica il compenso spettante a un solo professionista, anche se la prestazione è svolta da più soci.
Art. 15 Trasferte
1. Per gli affari e le cause fuori dal luogo ove svolge la professione in modo prevalente, all’avvocato è liquidata un’indennità di trasferta e un rimborso delle spese, a norma dell’articolo 27 della materia stragiudiziale.
Art. 16 Parte civile
1. All’avvocato della persona offesa, della parte civile, del responsabile civile e del civilmente obbligato si applicano i parametri numerici previsti dalle tabelle allegate.
Art. 17 Praticanti avvocati abilitati al patrocinio
1. Ai praticanti avvocati abilitati al patrocinio è liquidata di regola la metà dei compensi spettanti all’avvocato.
Capo IV
Disposizioni concernenti l’attività stragiudiziale
Art. 18 Compensi per attività stragiudiziale
1. I compensi liquidati per prestazioni stragiudiziali sono onnicomprensivi in relazione ad ogni attività inerente l’affare.
Art. 19 Parametri generali per la determinazione dei compensi
1. Ai fini della liquidazione del compenso si tiene conto delle caratteristiche, dell’urgenza, del pregio dell’attività prestata, dell’importanza dell’opera, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare, della quantità e qualità delle attività compiute, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e in fatto trattate. In ordine alla difficoltà dell’affare si tiene particolare conto di contrasti giurisprudenziali rilevanti, della quantità e del contenuto della corrispondenza che risulta essere stato necessario intrattenere con il cliente e con altri soggetti. Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alla tabella allegata, che, in applicazione dei parametri generali, possono, di regola, essere aumentati fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento.
Art. 20 Prestazioni stragiudiziali svolte precedentemente o in concomitanza con attività giudiziali
1. L’attività stragiudiziale svolta prima o in concomitanza con l’attività giudiziale, che riveste una autonoma rilevanza rispetto a quest’ultima, è di regola liquidata in base ai parametri numerici di cui alla allegata tabella.
Art. 21 Determinazione del valore dell’affare
1. Nella liquidazione dei compensi il valore dell’affare è determinato – salvo quanto diversamente disposto dal presente comma – a norma del codice di procedura civile. In ogni caso si ha riguardo al valore effettivo dell’affare, anche in relazione agli interessi perseguiti dalla parte, quando risulta manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile o della legislazione speciale.
2. Per l’assistenza in procedure concorsuali giudiziali e stragiudiziali si ha riguardo al valore del credito del cliente creditore o all’entità del passivo del cliente debitore.
3. Per l’assistenza in affari di successioni, divisioni e liquidazioni si ha riguardo al valore della quota attribuita al cliente.
4. Per l’assistenza in affari amministrativi il compenso si determina secondo i criteri previsti nelle norme dettate per le prestazioni giudiziali, tenendo presente l’interesse sostanziale del cliente.
5. Per l’assistenza in affari in materia tributaria si ha riguardo al valore delle imposte, tasse, contributi e relativi accessori oggetto di contestazione, con il limite di un quinquennio in caso di oneri poliennali.
6. Qualora il valore effettivo dell’affare non risulti determinabile mediante l’applicazione dei criteri sopra enunciati lo stesso si considera di valore indeterminabile.
7. Gli affari di valore indeterminabile si considerano di regola e a questi fini di valore non inferiore a euro 26.000,00 e non superiore a euro 260.000,00, tenuto conto dell’oggetto e della complessità dell’affare stesso. Qualora il valore effettivo dell’affare risulti di particolare importanza per l’oggetto, per il numero e la complessità delle questioni giuridiche trattate, per la rilevanza degli effetti e dei risultati utili di qualsiasi natura, anche non patrimoniale, il suo valore si considera di regola e a questi fini entro lo scaglione fino a euro 520.000,00.
Art. 22 Affari di valore superiore a euro 520.000,00
1. Alla liquidazione dei compensi per gli affari di valore superiore a euro 520.000,00 si applica di regola il seguente incremento percentuale:
per gli affari da euro 520.000,00 ad euro 1.000.000,00 fino al 30 per cento dei parametri numerici previsti per le controversie di valore fino a euro 520.000,00;
per gli affari da euro 1.000.000,01 ad euro 2.000.000,00 fino al 30 per cento dei parametri numerici previsti per le controversie di valore sino ad euro 1.000.000,00;
per gli affari da euro 2.000.000,01 ad euro 4.000.000,00 fino al 30 per cento dei parametri numerici previsti per le controversie di valore sino ad euro 2.000.000,00;
per gli affari da euro 4.000.000,01 ad euro 8.000.000,00 fino al 30 per cento dei parametri numerici previsti per le controversie di valore sino ad euro 4.000.000,00;
per gli affari di valore superiore ad euro 8.000.000,00, fino al 30 per cento dei parametri numerici previsti per gli affari di valore sino ad euro 8.000.000,00;
tale ultimo criterio può essere utilizzato per ogni successivo raddoppio del valore dell’affare.
Art. 23 Pluralità di difensori e società professionali
1. Se più avvocati sono stati incaricati di prestare la loro opera nel medesimo affare, a ciascuno di essi si liquidano i compensi per l’opera prestata.
2. Se l’incarico professionale è conferito a una società di avvocati si liquida il compenso spettante a un solo professionista, anche se la prestazione sarà svolta da più soci.
Art. 24 Praticanti avvocati abilitati al patrocinio
1. Ai praticanti avvocati abilitati al patrocinio e’ liquidata di regola la meta’ dei compensi spettanti all’avvocato.
Art. 25 Incarico non portato a termine
1. Per l’attività prestata dall’avvocato negli incarichi iniziati ma non compiuti, si liquidano i compensi maturati per l’opera svolta fino alla cessazione, per qualsiasi causa, del rapporto professionale.
Art. 26 Prestazioni con compenso a percentuale
1. Per le prestazioni in adempimento di un incarico di gestione amministrativa, giudiziaria o convenzionale, il compenso è di regola liquidato sulla base di una percentuale, fino a un massimo del 5 per cento, computata sul valore dei beni amministrati, tenendo altresì conto della durata dell’incarico, della sua complessità e dell’impegno profuso.
Art. 27 Trasferte
1. All’avvocato, che per l’esecuzione dell’incarico deve trasferirsi fuori dal luogo ove svolge la professione in modo prevalente, è liquidato il rimborso delle spese sostenute e un’indennità di trasferta. Si tiene conto del costo del soggiorno documentato dal professionista, con il limite di un albergo quattro stelle, unitamente, di regola, a una maggiorazione del 10 per cento quale rimborso delle spese accessorie; per le spese di viaggio, in caso di utilizzo di autoveicolo proprio, è riconosciuta un’indennità chilometrica pari di regola a un quinto del costo del carburante al litro, oltre alle spese documentate di pedaggio autostradale e parcheggio.
Capo V
Disciplina transitoria ed entrata in vigore
Art. 28 Disposizione temporale
1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore.
Art. 29 Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento