Contiguità studio e organismo presieduto: avvocato sospeso

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Sospeso per due mesi l’avvocato mediatore il cui studio professionale è contiguo ai locali dell’organismo di mediazione, da lui presieduto, presso il quale esercita la funzione
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Corte di Cassazione -SS.UU. civ.-sentenza n.25440 del 29.8.2023)

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Indice

1. Il caso


L’Avv. Caio ha impugnato innanzi la Corte Suprema la sentenza n. 265/2022 con la quale il Consiglio Nazionale Forense aveva confermato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio professionale, per la durata di mesi due, irrogatagli dal CDD in ragione della contiguità tra i locali del suo studio e quelli dell’organismo d mediazione, da lui presieduto, presso il quale esercitava la funzione di mediatore.
Con la sentenza in commento, la Corte Suprema, nel confermare la pronuncia del Giudice Disciplinare, ha affermato importanti principi.


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2. I principi affermati dalla Corte Suprema


2.1. L’indipendenza del procedimento disciplinare rispetto al procedimento ispettivo promosso dal Ministero della Giustizia in punto di regolarità dell’attività dell’organismo di mediazione.
La Corte, ha affermato che il procedimento ispettivo ministeriale, teso alla verifica della regolarità del funzionamento dell’organismo di mediazione, si colloca su un piano diverso dal procedimento disciplinare, teso all’accertamento di un illecito disciplinare attribuibile all’avvocato mediatore, presidente dell’organismo di mediazione, titolare di studio i cui locali sono contigui a quelli sede del predetto organismo.
Conseguentemente, ai fini dell’esclusione della configurabilità della violazione deontologica, non può essere attribuita alcuna valenza agli esiti positivi della verifica ispettiva di regolarità del funzionamento dell’organismo.

2.2. L’adozione del provvedimento disciplinare di sospensione dall’esercizio professionale dell’Avvocato mediatore non presuppone il contraddittorio con l’Organismo di Mediazione e con il Ministero vigilante.
La Corte, posto che il procedimento disciplinare forense persegue il fine di tutelare l’immagine, la dignità ed il decoro della professione mediante l’accertamento delle violazioni e l’irrogazione delle relative sanzioni, ha affermato che la sospensione dall’esercizio professionale dell’Avvocato mediatore ha, quale effetto riflesso, la perdita del requisito di onorabilità – consistente nel non aver riportato sanzioni disciplinari superiori all’avvertimento – previsto dall’art. 4 comma 3 del D.M. Giustizia n. 180/2010.
La natura riflessa di tale effetto esclude la necessaria partecipazione dell’organismo di mediazione e del Ministero al procedimento, nel quale, peraltro, unici contraddittori necessari sono il  destinatario del provvedimento disciplinare, il Consiglio dell’Ordine ed il Procuratore Generale presso la Corte Suprema.

2.3. La permanenza dell’illecito cessa con la decisione disciplinare di primo grado ed è a quella data che deve aversi riguardo nell’applicazione della disciplina della prescrizione.
Posta la natura permanente dell’illecito previsto dall’art. 62 n. 5 CDF, la Corte Suprema ha affermato che:
– qualora la condotta deontologicamente rilevante si protragga oltre la decisione di primo grado, il limite ultimo di permanenza dell’illecito e, dunque, l’exordium praescriptionis, va individuato nella decisione disciplinare di primo grado e ciò al fine di evitare un’imprescrittibilità dell’azione disciplinare irragionevole e non codificata;
– è con riferimento a tale momento che va individuato il regime prescrizionale applicabile (nel caso di specie, risalendo la decisione del CDD al 2018, è stato ritenuto applicabile il regime prescrizionale previsto dalla L n. 247/2012).

2.4. La mera contiguità spaziale tra i locali dello studio professionale e quelli sede dell’Organismo di Mediazione è idonea a far dubitare i terzi dell’imparzialità e dell’indipendenza dell’Avvocato Mediatore.
La Corte, nell’affermare il principio, ha richiamato la Circolare del Consiglio Nazionale Forense n. 24/2011 e quella del Ministero della Giustizia del 27.11.2012, ribadendo che lo svolgimento imparziale dell’attività di mediazione è un dovere non solo del singolo mediatore nei confronti delle parti ma anche dell’organismo di mediazione il quale è tenuto ad offrire garanzie di indipendenza ed imparzialità nello svolgimento del servizio offerto.
Proseguendo nel proprio ragionamento la Corte ha ritenuto che il Consiglio Nazionale Forense, affermando che lo stato dei luoghi – caratterizzato da  ingresso comune, un pianerottolo comune, un vano ed un’anticamera condivisi – rendeva evidente una situazione di coincidenza,  avesse fatto corretta applicazione di tali principi.

2.5 L’insindacabilità, in sede di legittimità, dell’accertamento del fatto, dell’apprezzamento della sua gravità e della determinazione della sanzione.
Confermando l’orientamento consolidato sul punto, la Corte ha ribadito  che le decisioni del Consiglio Nazionale Forense sono impugnabili innanzi le Sezione Unite solo per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, nonché, ex art. 111 Cost., per vizio di motivazione , con la conseguenza che l’accertamento del fatto, l’apprezzamento della sua gravità e l’adeguatezza della sanzione non sono sottoposte al controllo di legittimità se la decisione è caratterizzata da ragionevolezza.

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Vincenza Fabrizio

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