Stupefacenti: lieve entità, tenuità del fatto, lucro di speciale tenuità

Redazione 15/04/21
Di seguito si riporta un’analisi sulla disciplina dei reati in materia di stupefacenti.

La fattispecie di lieve entità ex art. 73 comma 5 T.U. Stup. è compatibile con il riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen.?

Il tema è complesso e involge la questione, invero più generale, del rapporto “trilatero” tra fattispecie di lieve entità, inoffensività e tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen. (come noto, causa di non punibilità introdotta dal legislatore con il d.lgs. 16.3.2015, n. 28). In via di prima approssimazione può dirsi che: a) l’inoffensività è la categoria che esclude la stessa tipicità del fatto di reato, secondo il canone ermeneutico declinato dalla Corte costituzionale e dalla giurisprudenza di legittimità in termini di necessaria offensività in concreto della fattispecie astratta di peri[1]colo presunto, b) la tenuità del fatto esclude la punibilità, pur in presenza di un fatto tipico colpevole, quando la condotta risulta espressione di un grado di offensività particolarmente tenue, c) la “minima offensività” del fatto, invece, indica il criterio normativo 102 Capitolo III caratterizzante la condotta di reato di lieve entità di cui all’art. 73 comma 5 T.U. Stup.

L’art. 131-bis cod. pen. ed il principio di inoffensività

È indubbio, pertanto, che alcuni dei parametri di riferimento delle citate, diverse categorie giuridiche, potrebbero presentare aspetti di interferenza. Quanto al rapporto tra inoffensività in concreto e tenuità del fatto, proprio in tema di reati in materia di stupefacenti, la S.C. ha chiarito che «l’art. 131-bis cod. pen. ed il principio di inoffensività in concreto operano su piani distinti, presupponendo, il primo, un reato perfezionato in tutti i suoi elementi, compresa l’offensività, benché di consistenza talmente minima da ritenersi “irrilevante” ai fini della punibilità, ed attenendo, il secondo, al caso in cui l’offesa manchi del tutto, escludendo la tipicità normativa e la stessa sussistenza del reato» (Cass., sez. VI, sentenza n. 5254 del 10.11.2015, rv. 265642).

Quanto al rapporto tra lieve entità e tenuità del fatto, la S.C. ha invece precisato che si tratta di «fattispecie strutturalmente e teleologicamente non coincidenti, atteso che, mentre ai fini della concedibilità della prima il giudice è tenuto a valutare i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione nonché la quantità e la qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità devono essere considerate le modalità della condotta, il grado di colpevolezza da esse desumibile e l’entità del danno o del pericolo ed altresì il carattere non abituale della condotta» (Cass., sez. IV, sentenza n. 48758 del 15.7.2016, rv. 268258). Passando dal piano delle distinzioni teoriche al piano delle condotte concrete, è proprio in tema di coltivazione di sostanze stupefacenti che si possono apprezzare i possibili paradigmi a cui ricondurre i singoli fatti concreti. Nella sentenza n. 5254 del 10.11.2015 sopra citata, la S.C. ha escluso la sussistenza del reato di coltivazione non autorizzata di piante da cui sono ricavabili sostanze stupefacenti qualora il giudice accerti l’inoffensività in concreto della condotta, per essere questa di tale minima entità da rendere sostanzialmente irrilevante l’aumento di disponibilità di droga e non prospettabile alcun pericolo di ulteriore diffusione di essa (nella specie, la Corte ha escluso il reato per la coltivazione di due piante di canapa indiana e la detenzione di 20 foglie della medesima pianta, in presenza di una produzione che, pur raggiungendo la soglia drogante, era “assolutamente minima”).

Nella sentenza n. 27524 del 10.5.2017, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto inoffensiva una speci-Le circostanze speciali contenute negli artt. 73 e 80 T.U. Stup. 103 fica condotta di coltivazione (9 ) e nel rinviare per nuovo giudizio ha fissato determinate coordinate ermeneutiche di seguito riportate per quanto di interesse «la demandata verifica della concreta offensività della condotta accertata, inoltre, pur condotta nel solco dell’affermazione della sussistenza di un reato, dovrà essere calibrata anche sull’accerta[1]mento del grado di disvalore di essa, tenuto conto del dato quantitativo di principio attivo ricavabile dalle singole piante, della strutturazione della coltivazione e della sua attitudine a produrre sostanza stupefacente, esulante rispetto all’autoconsumo e potenzialmente idonea ad incrementare il mercato e, pertanto, non potrà non investire la stessa qualificazione giuridica della condotta, astrattamente sussumibile nella cornice sanzionatoria delineata dalla diversa fattispecie di cui all’art. 73 co. 5 d.P.R. 309/1990, e la sua stessa punibilità». La Corte va oltre non limitandosi a “suggerire” solo la strada della fattispecie di lieve entità precisando che «come ulteriore elemento di riflessione da parte del giudice del rinvio che, in astratto, neppure l’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen. … è incompatibile con il delitto di coltivazione di piante idonee a produrre principio attivo di sostanze stupefacenti e psicotrope quando, sulla base di una valuta[1]zione in concreto dei quantitativi ricavabili, delle caratteristiche della coltivazione, della destinazione del prodotto e, più in generale, sulla base dei principi soggettivi e oggettivi ricavabili dall’art. 133 cod. pen., la condotta illecita sia sussumibile nel paradigma della particolare tenuità dell’offesa». Tornando al tema del rapporto tra lieve entità del fatto ex art. 73, co. 5 T.U. Stup. e tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen. può dirsi come i due istituti non sono incompatibili in astratto (10), ma nemmeno può sostenersi che esista una relazione di necessaria derivazione della seconda alla prima (11).

I concetti di “lieve entità” e “particolare tenuità del fatto”

In sintesi, i concetti di “lieve entità” e “particolare tenuità del fatto” operano su piani logici e sistematici diversi: l’una descrive in astratto la tipicità normativa che il legislatore ha voluto calibrata su caratteri di entità delle modalità di verificazione della condotta improntati alla “lievità”, intesa come minor grado di rilevanza illecita rispetto alle condotte delle ipotesi base dell’art. 73 T.U. stupefacenti; l’altra si pone come canone di valutazione “in concreto” dell’atteggiarsi tendenziale di qualsiasi condotta di reato, anche quelle di lieve entità previste dalla legislazione sugli stupefacenti, canone costruito secondo parametri precostituiti dal legislatore ed ai quali deve ancorarsi la valutazione del giudice caso per caso, in tal modo, salvaguardandosi il principio di legalità pur in un’ottica di obbligatorietà “attenuata”, ma certamente non collegata a valutazioni di opportunità non consentite.

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