Sul diritto del creditore ipotecario di ottenere il soddisfacimento del credito nel giudizio di divisione.

Redazione 11/07/19

di Massimiliano Bina*

* Avvocato

Sommario

1. Posizione del problema

2. La cancellazione dell’ipoteca come effetto della vendita dell’intero bene nel giudizio di divisione

3. L’incompatibilità tra il processo di divisione e il soddisfacimento del diritto del creditore ipotecario. Critica

4. La facoltà del creditore ipotecario di soddisfare il proprio diritto nell’ambito del processo di divisione

1. Posizione del problema

I provvedimenti qui annotati affrontano un problema poco dibattuto in dottrina[1] e in giurisprudenza[2]: la possibilità per il creditore ipotecario di soddisfarsi sul ricavato della vendita del bene oggetto di divisione immobiliare nell’ambito del processo di scioglimento della comunione, senza essere costretto a dover incardinare un procedimento di espropriazione al fine di ottenere la somma di denaro che il progetto di divisione assegnerebbe al suo debitore.

La questione si presenta, con più frequenza, allorquando il bene oggetto di divisione, ipotecato per l’intero o pro quota, sia interamente venduto, in ragione dell’acclarata impossibilità di redigere un progetto di divisione in natura. Ciò può capitare nell’ambito di una divisione «ordinaria», cioè promossa da uno dei condividenti, ed avente ad oggetto un immobile ipotecato; ovvero nel corso di una divisione endoesecutiva, sorta in seno ad un processo espropriativo promosso dal creditore di uno dei condividenti, avente ad oggetto la quota di un bene ipotecato, o la quota libera da gravami di un bene immobile gravato da ipoteca su una quota di un altro comproprietario non esecutato. Analogamente, e più raramente, il medesimo problema si pone allorquando il progetto di divisione attribuisca al condividente-debitore ipotecario non solo un bene immobile sul quale continuerà a gravare l’ipoteca originaria (per l’effetto della disciplina della surrogazione reale propria), ma anche un conguaglio in denaro; ovvero quando il progetto di divisione attribuisca un credito al condividente-debitore ipotecario. Queste fattispecie, infatti, sono accomunate dal fatto che, in ragione dell’esito del processo, il privilegio ipotecario si trasferisce su un credito o una somma di denaro, cioè su un bene diverso da un immobile, che costituisce l’oggetto di elezione dell’ipoteca e il solo bene che, in origine, può essere gravato dal diritto reale di garanzia. Ciò pare sufficiente per consentire un trattamento unitario della nostra questione.

Individuata la fattispecie, le norme rilevanti per la soluzione sono l’art. 1113, 3° comma, c.c., nella parte in cui dispone che «devono essere chiamati a intervenire, perché la divisione abbia effetto nei loro confronti, i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull’immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima della trascrizione dell’atto di divisione o della trascrizione della domanda di divisione giudiziale»; il 3° comma dell’art. 2825 c.c., che stabilisce che i creditori ipotecari di un partecipante al quale siano state attribuite somme di denaro in luogo di beni in natura «possono far valere le loro ragioni su tale somma, con prelazione determinata dalla data di iscrizione o trascrizione dei rispettivi titoli»; e il 4° comma dell’art. 2825 c.c., secondo cui i debitori delle somme dovute al partecipante alla divisione sono liberati qualora «…le abbiano pagate al condividente dopo trenta giorni da che la divisione è stata notificata ai creditori ipotecari…senza che da costoro sia stata fatta opposizione».

Le norme predette, infatti, dispongono che il creditore ipotecario è litisconsorte necessario nel processo di divisione (ordinario o endoesecutivo[3]) e che, nell’ipotesi in cui muti l’oggetto dell’ipoteca, si verifichi cioè il fenomeno della c.d. «surrogazione reale impropria»[4], il creditore possa soddisfarsi sulla somma di denaro o, se si vuole, sul credito, che ha sostituito il bene gravato da ipoteca.

[1] Cfr. Cardino, Comunione di beni ed espropriazione forzata, Milano, 2011, 440 ss., 607 ss.; La China, L’attuazione dell’art. 2825 c.c. nel processo di espropriazione forzata, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1965, 1558 ss.

[2] Trib.Torino 05.01.2018, in www.pluris-online.it; Trib. Busto Arsizio, 04.04.2005, in www.pluris-online.it; Trib. Roma, 17.03.2003, in www.pluris-online.it; Trib. Napoli 12.11.2003, in Giur. mer. 2004, I, 1394.

[3] La disciplina dell’espropriazione di beni indivisi contiene delle norme che hanno lo scopo di garantire la partecipazione dei creditori iscritti al giudizio di espropriazione ed a quello di divisione. Cfr. Lombardi, Sull’introduzione del giudizio divisorio endoesecutivo, in Riv.dir.proc. 2019, 246-256; Id., Giudizio di scioglimento delle comunioni ed esecuzione forzata, in Riv.dir.proc. 2018, 413 ss.; Id., L’espropriazione dei beni indivisi e le riforme dell’ultimo decennio, in Riv.dir.proc. 2016, 317-332; Id., Profili problematici dell’espropriazione di beni indivisi, in Riv.dir.proc. 2012, 59; G.Santagada, sub artt. 599-601 c.p.c., in Commentario del codice di procedura civile, dir. da Comoglio, Consolo, Sassani, Vaccarella, VI, Milanofiori-Assago, 2013, 1193 ss.; Bina, voce L’ espropriazione dei beni indivisi, in Dittrich (dir.), Omnia-Trattati giuridici, Diritto processuale civile, Milanofiori-Assago, 2019.

[4] Cfr. Rubino, L’ipoteca immobiliare e mobiliare, in Cucu, Messineo, Trattato di diritto civile e commerciale, Milano 1956, 76-77; Ravazzoni, Le ipoteche, in Cucu, Messineo, Mengoni, Schlesinger, Trattato di diritto civile e commerciale, Milano 2006, 416 ss.; Fragali, voce Ipoteca (diritto privato), in Enc. Dir. XXII, 1972, 816 ss.; La China, op.cit., 1607 ss.

2. La cancellazione dell’ipoteca come effetto della vendita dell’intero bene nel giudizio di divisione

Cosi individuato il perimetro del problema, occorre risolvere una questione pregiudiziale la cui soluzione non appare affatto scontata: la sussistenza del diritto del creditore ipotecario di soddisfarsi nell’ambito del procedimento di divisione, sulle somme costituenti il ricavato della vendita dell’intero bene, presuppone che il bene oggetto di divisione venga trasferito purgato dell’ipoteca.

Al riguardo, parte della dottrina[5] e della giurisprudenza[6] ritengono che, in applicazione del principio di indivisibilità dell’ipoteca e di retroattività della divisione, la cancellazione dell’ipoteca sull’intero bene non possa essere ordinata allorquando la stessa sia stata costituita prima del formarsi della comunione, atteso che il bene viene acquistato dall’avente causa nella stessa situazione in cui si sarebbe trovato nel momento in cui è sorta la comunione. In questa prospettiva, il terzo acquirente acquisterebbe il bene gravato da ipoteca.

La tesi non convince poiché non considera che il bene oggetto di divisione viene trasferito coattivamente e che la disciplina applicabile è quella delle vendite forzate[7]. Senza considerare che le forme utilizzate sono quelle proprie del codice di procedura civile che prevedono, espressamente, all’art. 586 c.p.c., che il decreto di trasferimento debba contenere l’ordine di cancellazione delle ipoteche, i cui effetti sostanziali sono disciplinati dall’art. 2878, n.7) c.c.[8].

Resta il fatto che il problema del soddisfacimento del creditore ipotecario nell’ambito del giudizio di divisione in cui si sia venduto il bene intero, si pone solo se si riconosce il potere del giudice di ordinare la cancellazione dell’ipoteca; se l’ipoteca dovesse sopravvivere, il creditore avrà diritto di espropriare il bene nei confronti del proprietario in virtù del diritto di sequela tipico della garanzia reale.

[5] Cardino, op.cit., 440; Ravazzoni, op.cit., 103 s.

[6] Trib. Lecco, 23.05.2002, in Giur. Merito, 2003, 2, 53.

[7] Rubino, op.cit., p. 146, nota 164. In generale, sul potere di cancellazione delle ipoteche come conseguenza della vendita forzata, sia consentito rinviare a Bina, Il subentro del curatore nel contratto preliminare di compravendita immobiliare e il potere del Giudice delegato di ordinare la cancellazione delle ipoteche, in www.aulacivile.it.

[8] Cfr., tuttavia, l’opinione espressa da Trib.Monza, 04.10.1983, in Giur.it., 1984, I,2, 664, che ritiene che l’art. 788 c.p.c. richiami solo le modalità operative delle vendite forzate e non l’art. 586 c.p.c.

3. L’incompatibilità tra il processo di divisione e il soddisfacimento del diritto del creditore ipotecario. Critica

Parte della giurisprudenza ritiene che il creditore ipotecario non possa trovare soddisfazione all’interno del giudizio di divisione[9], ma debba incardinare un processo di espropriazione forzata per ottenere l’assegnazione delle somme di denaro o del credito attribuite al proprio debitore[10]

Un primo argomento dà rilievo ai poteri del creditore che interviene nella divisione ex art. 1113 c.c., che, per la giurisprudenza di legittimità[11], può solo verificare il quomodo della divisione e impedire che gli effetti della stessa possano arrecare pregiudizio al patrimonio del debitore e, di conseguenza, sulla garanzia ipotecaria. In questa prospettiva, il creditore ipotecario ha diritto di partecipare al processo, interloquire su tutte le questioni che attengono alla divisione dei beni tra i condividenti, svolgere osservazioni sulla formazione dei lotti, eccepire vizi attinenti la regolarità del procedimento. Ne consegue che l’intervento del creditore ipotecario non è finalizzato ad ottenere il soddisfacimento del credito.

L’argomento non convince. Se è vero che l’intervento nella divisione del creditore ipotecario di uno dei condividenti, a norma del comma 3° dell’art. 1113 c.c., si sostanzia in un’attività diretta alla conservazione della garanzia ipotecaria del creditore medesimo, non vi è alcuna ragione per escludere che tale intervento possa svolgere una funzione satisfattiva della pretesa creditoria. Ciò ben può accadere tutte le volte in cui non sia possibile una divisione in natura[12], ma occorra procedere alla vendita del bene in comunione, in quanto non comodamente divisibile[13].

Un secondo argomento, più dogmatico, fa leva sulla natura del procedimento di divisione come procedimento ordinario di cognizione. In questa prospettiva, si è detto che il creditore ipotecario non possa soddisfarsi nell’ambito del processo di divisione perché il processo di cognizione, a differenza di quello esecutivo, non ha una funzione satisfattiva ed esecutiva del diritto dell’attore, limitandosi ad accertare il diritto, a comporre la lite o, se si vuole, a vincere l’ostacolo costituito dalla contestazione del diritto azionato dall’attore[14].

Nemmeno questo argomento convince. In primo luogo, si osservi che nelle ipotesi della domanda giudiziale costitutiva il processo ordinario di cognizione si conclude con un provvedimento che da solo attua il diritto creando, estinguendo o modificando il rapporto giuridico dedotto in giudizio e, in tal modo, soddisfacendo la pretesa attorea[15]. Ciò a conferma del fatto che, pur in via eccezionale, in alcune ipotesi previste dalla legge, non è inconcepibile che il processo di cognizione possa avere una funzione satisfattiva della pretesa attorea. Sotto altro aspetto, si è osservato che il processo di scioglimento delle comunioni è un procedimento misto tra cognizione ed esecuzione[16], in cui si accerta il diritto alla divisione e lo si attua, trasformando il diritto su una quota astratta in un diritto di proprietà esclusivo su un bene determinato.

[9] Trib.Varese, 19.3.2014; Trib. Napoli 12.11.2003, in Giur. mer. 2004, I, 1394.

[10] Ciò potrebbe avvenire nelle forme del processo di espropriazione presso terzi, prima della chiusura del processo, di divisione, da incardinare nei confronti del soggetto che detiene le somme di denaro pagate dell’aggiudicatario del bene (nell’ipotesi di vendita dell’intero) o del condividente obbligato al conguaglio.

[11] Cass. 21.05.2004, n. 9765, in Gius, 2004, 20, 3571, ha fissato il principio secondo cui il creditore ipotecario non ha la facoltà di impedire, sospendere o interrompere il giudizio di divisione.

[12] Trib.Torino 05.01.2018, cit., chiarisce che, in tale ipotesi, l’intervento è finalizzato ad ottenere che «l’immobile ipotecato sia compreso nel lotto da assegnare al condividente suo debitore o, nel caso di un unico immobile comune, che l’ipoteca venga concentrata sulla parte del bene da attribuire al debitore medesimo».

[13] Trib.Torino 05.01.2018.

[14] Cfr. Trib.Varese, 19.3.2014. Per una distinzione tra accertamento ed esecuzione sia consentito, per tutti, il richiamo alla lezione classica di Allorio, voce Esecuzione forzata in genere, in Nuovo dig. it., Torino 1938, 504 ss.

[15] Così, Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino 2017, 78 ss. Cfr., in generale, Cerino Canova, La domanda giudiziale e il suo contenuto, in Commentario del Codice di procedura civile, diretto da Allorio, II, 1, Torino, 1980, 154 ss.; Consolo, voce Domanda giudiziale, in Dig.disc.priv., sez.civ., VII, Torino 1991, 79 ss.

[16] Ripepi, voce Procedimento divisorio, in Dig.disc.pric., sez civ., XIV, Torino 1996, 636 ss.; Allorio, L’ordinamento giuridizo nel prisma dell’accertamento giudiziale, Milano 1957, 475 ss.; Pavanini, voce Divisione giudiziale, in Enc.dir., XIII, Milano 1964, 439 ss. Contra, più di recente, Lombardi, Contributo allo studio del giudizio divisorio. Provvedimenti e regime di impugnazione, Napoli 2009; v. anche L. Di Cola, L’oggetto del giudizio di divisione, Milano 2011. In giurisprudenza, v. Cass., 07.02.2018, n. 2951; Cass., 04.03.2011, n. 5266; Cass., 10.11.1998, n. 11293.

4. La facoltà del creditore ipotecario di soddisfare il proprio diritto nell’ambito del processo di divisione

Come ben osservato dai provvedimenti qui annotati, il diritto del creditore ipotecario di trovare soddisfacimento sul ricavato della vendita forzata dell’intero bene oggetto di divisione, o sui conguagli, trova la propria fonte nella disciplina sostanziale dell’ipoteca su beni indivisi e nella necessità di garantirgli concretamente la possibilità potersi soddisfare sul denaro ricavato dalla vendita, o di esigere il credito per conguagli dagli altri condividenti[17].

L’opinione corrente afferma che le norme sostanziali contenute nell’art. 2825 c.c. hanno lo scopo di consentire, all’esito del giudizio di divisione, di trasferire il privilegio ipotecario costituito sulla quota astratta, al bene immobile concretamente individuato e attribuito al debitore; o, per quello che qui più ci interessa, da un bene immobile, a beni di altra natura. Tale ricostruzione, tuttavia, non tiene conto della disciplina dell’art. 2808 c.c. che già prevede che il creditore ipotecario possa soddisfarsi con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione. In altre parole, il diritto del creditore di soddisfarsi sul ricavato della vendita è strettamente connesso alla natura forzosa della liquidazione: quando il bene ipotecato viene coattivamente trasferito a terzi, l’ipoteca viene cancellata e il creditore ha diritto di soddisfarsi sulle somme pagate dall’acquirente[18].

Se così fosse, l’art. 2825, 3°comma, c.c. non avrebbe alcun contenuto innovativo rispetto alla norma dell’art. 2808 c.c., salvo quello di estendere la disciplina generale prevista per le somme ricavate dalla vendita forzata del bene anche alle somme di denaro che verrebbero attribuite al debitore in forza della divisione (e diverse da quelle ricavate dalla vendita dell’intero), ed ai conguagli dovuti al debitore ipotecario da altri condividenti. La lettera della norma, tuttavia, riferendosi alle somme di denaro attribuite in luogo di beni in natura, disciplina anche l’ipotesi, statisticamente più frequente, del ricavato della vendita forzata del bene immobile oggetto di divisione, resasi necessaria a fronte della accertata l’impossibilità di procedere ad una divisione in natura, non solo alle somme ricavate ad altro titolo o ai conguagli.

Ne consegue che, se si vuole attribuire all’art. 2825, 3°comma, c.c. una qualche utilità, si deve ammettere che la norma costituisce la fonte della facoltà del creditore di soddisfarsi nell’ambito del processo di divisione, non tanto quella di consentire ai creditori ipotecari il diritto di «far valere le loro ragioni su tale somma», pacifico e connaturato alla garanzia di cui sono titolari. È, quindi, l’art. 2825, 3°comma, c.c. che consente al creditore ipotecario, che sia intervenuto nel processo, di ottenere, con il progetto di divisione, l’assegnazione delle somme che dovrebbero essere attribuite al proprio debitore. In assenza di una tale norma, di contro, il creditore ipotecario avrebbe sempre la possibilità far valere le sue ragioni su tale somma, ma dovrebbe ricorrere agli strumenti processuali tipici dell’esecuzione forzata, non potendo ottenere l’assegnazione delle stesse in sede di divisione.

Parimenti, la legge prevede che il creditore ipotecario non debba iniziare una esecuzione forzata nei confronti del proprio debitore che, all’esito della divisione, risulti a sua volta creditore di una somma per conguaglio[19]: l’ultimo comma dell’art. 2825 c.c., infatti, limita la facoltà del condividente di liberarsi, pagando il debitore ipotecario, imponendo al primo l’onere di dare notizia della divisione al creditore ipotecario, per consentire a quest’ultimo di opporsi e pretendere il pagamento diretto.

Infine, si osserva che si perviene alle medesime conclusioni, volendo ricostruire il fenomeno come un pegno su crediti[20]. Si è detto, al riguardo, che in seguito alla vendita del bene, il vincolo ipotecario si trasferisce sul ricavato della vendita forzata nelle forme del diritto di pegno, con la conseguenza che il creditore (già ipotecario sul bene oggetto di divisione) è ora garantito da un diritto di pegno sul credito vantato dal condividente (già debitore ipotecario) può trovare soddisfazione all’interno del processo di divisione, atteso che l’art. 2803 c.c. impone al creditore di riscuotere il credito ricevuto in pegno[21] e di soddisfarsi, se il credito è scaduto; o depositarlo, se il credito non è ancora scaduto.

In sintesi, il creditore ipotecario, ai sensi del 3°comma dell’art. 2825 c.c., può intervenire nel processo di divisione, controllare il quomodo della divisione e chiedere l’assegnazione delle somme che verranno attribuite al debitore in luogo del bene immobile ipotecato o quale parte, corrispondente alla sua quota, del ricavato della vendita del bene medesimo.

[17] Cfr. Trib. Busto Arsizio, 04.04.2005, cit. nella parte in cui afferma che non consentire al creditore ipotecario di vedersi assegnate le somme in sede di divisione «… svilirebbe il significato stesso della garanzia ipotecaria poiché priverebbe i creditori ipotecari del bene (venduto a terzi libero da iscrizioni pregiudizievoli) e sottrarrebbe ai medesimi le garanzie sulle somme ricavate dalla vendita».

[18] Così, sinteticamente, Tribunale di Varese, 13.2.2015, nella parte cui cui afferma che « poiché il bene oggetto di divisione è venduto all’incanto in quanto non comodamente divisibile, B.spa deve ritenersi ammessa a far valere le proprie ragioni sulla parte di ricavato attribuita al condividente debitore ed ottenerne l’assegnazione». Nello stesso senso, Fragali, cit., 816 ss.

[19] Cfr. Cardino, op.cit., 645 ss.

[20] Rubino, op.cit., 150, ritiene che nelle ipotesi di surrogazione reale impropria l’ipoteca si converte in pegno; conf. Ravazzoni, op.cit., 107. Contra, Maiorca, voce Ipoteca (diritto civile), in Noviss. Digesto it., IX, Torino, 1963; Fragali, op.cit., 817. Analogamente, Cardino, op.cit., 441, ritiene che sia gravato da pegno il diritto di credito del condividente alla riscossione della parte del prezzo corrispondente alla sua quota e depositato nelle forme previste dal giudice istruttore.

[21] Trib.Varese, 27.12.2017; Trib.Busto Arsizio, 15.5.2019; Trib. Roma, 17.03.2003, in www.pluris-online.it.

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