Massima |
E’ legittimo il licenziamento per giusta causa di un funzionario di una banca che, senza avvalersi della collaborazione di altri funzionari, disattende la normativa interna della stessa banca, determinando, con tale comportamento, gravi esposizioni per l’istituto di credito. |
1. Premessa
Nella decisione in commento del 2 agosto 2013 n. 18526 i giudici della Suprema Corte di Cassazione, nella sezione lavoro, hanno precisato che è configurabile la compensazione tecnica quando i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico e solo rapporto (1).
In tal caso la valutazione delle pretese reciproche comporta un accertamento che ha la funzione di individuare il reciproco dare ed avere; senza che sia, peraltro, necessaria la proposizione di una domanda riconvenzionale o eccezione di compensazione.
1.1. La fattispecie
La vicenda origina dal licenziamento di un funzionario di banca (per giusta causa) e dalla relativa e conseguente impugnazione del recesso ad opera del lavoratore, dinanzi al Tribunale in funzione di giudice del lavoro.
Il giudice di prime cure riteneva non fondato il ricorso; il funzionario, pertanto propone appello avverso le sentenze con cui erano state respinte le domande dallo stesso proposte nei confronti della banca – datore di lavoro – volte alla declaratoria di illegittimità del licenziamento per giusta causa.
Deduceva, nel proprio ricorso, l’erroneità delle gravate sentenze, insistendo per la declaratoria di illegittimità del licenziamento con tutte le conseguenze anche di carattere economico.
Si costituiva la società appellata.
La Corte, in parziale accoglimento dell’appello, condannava il ricorrente al pagamento di una ingente somma di denaro, confermando nel resto l’impugnata sentenza.
Per la cassazione della decisione proponeva ricorso il funzionario con sei motivi; resisteva con controricorso l’istituto di credito.
Entrambe le parti depositano memorie ex art. 278 c.p.c.
“Con il primo motivo di ricorso il R., denunciando violazione del principio sulla immediatezza della contestazione nonché sulla tempestività del licenziamento nonché omessa, contraddittoria ed inadeguata motivazione, lamenta che, nonostante l’eccezione fosse stata formulata sia in primo grado che in appello, entrambi i giudici di merito avevano omesso la pronuncia e la motivazione in proposito. Il motivo non può trovare accoglimento”.
Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. nonché motivazione carente, lacunosa e contraddittoria, lamenta l’erroneità della valutazione operata dal Giudice a quo delle consulenze tecniche acquisite nel corso del giudizio. Anche questo motivo non può trovare accoglimento.
…………..Tale motivazione, priva di vizi logici e giuridici, vale anche ad evidenziare l’infondatezza del terzo motivo, con cui il ricorrente, denunciando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 e ss. , 2697 c.c. nonché vizio di motivazione, lamenta l’erronea determinazione del danno che la Banca avrebbe subito…………
Così come conforme a diritto appare la valutazione equitativa del danno, oggetto del quarto motivo, fatta dal la Corte d’appello di Roma -in applicazione dell’art. 1226 c.c.,…
Non è di ostacolo a questa conclusione la natura del credito del R. (art. 1246 cc), – come si sostiene invece con il quinto motivo- giacché il divieto di compensazione oltre il limite del quinto del credito del lavoro presuppone l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, non configurabile allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto……
Inammissibile è, infine, il sesto motivo con cui – a quanto risulta – per la prima volta il ricorrente lamenta che il Giudice abbia omesso di rilevare la discriminatorietà dell’intimato licenziamento. Per quanto esposto il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccembenza”.
2. Conclusioni
Gli Ermellini ritengono inammissibili i motivi di ricorso presentati dal lavoratore.
I giudici della Corte, nella sentenza che si commenta, decidendo in merito alla legittimità del licenziamento per giusta causa ha precisato che “non appare meritevole di censure la decisione del Giudice di secondo grado che, valutata la totale illiceità della condotta del R. ed accertata l’esistenza di gravi danni patrimoniali derivati dalla stessa, ha affermato, sulla scorta delle disposte consulenze, la conseguente responsabilità da parte del ricorrente condannandolo al risarcimento dei danni a riguardo ed operando un conteggio di dare avere, nell’ambito del medesimo rapporto giuridico (2) tra voci a credito (3) e voci a debito (4).
Alla luce di concordi e reiterati accertamenti cui la Corte aveva ritenuto di aderire, in quanto fondati su una attenta e compiuta valutazione tecnico-contabile delle circostanze del caso, non poteva che ritenersi la fondatezza degli addebiti mossi al lavoratore, che, per la loro gravità e le gravissime conseguenze economiche per la stessa datrice di lavoro, erano da ritenersi certamente idonei a ledere irreversibilmente il vincolo fiduciario”.
Manuela Rinaldi
Avvocato foro Avezzano Aq – Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale e Master; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq; Docente in Master e corsi di Alta Formazione per aziende e professionisti.
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(1) L’identità di tale rapporto non viene esclusa dal fatto che uno dei crediti abbia natura risarcitoria derivando la stessa da inadempimento.
(2) Il rapporto di lavoro.
(3) Spettanze di fine lavoro.
(4) Danni derivanti dalla violazione degli obblighi posti in capo del prestatore di lavoro.
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