Da qualche tempo i contribuenti hanno adito le Commissioni tributarie per la contestazione di atti impositivi di cui sono venuti a conoscenza per mezzo di estratti ruolo rilasciati dagli Agenti della riscossione.
I ricorrenti, presentato il ricorso avverso gli estratti di ruolo, preliminarmente, precisavano che questo era presentato anche ai sensi dell’art. 19. Co. 3, D.Lgs. 546/92, per vizi propri dei ruoli e delle cartelle di pagamento, in quanto non notificate.
Pertanto, eccepivano, la nullità degli atti impugnati per violazione dell’art. 25 DPR n. 602/73, a seguito della mancata notifica della cartella di pagamento e per inesistenza e/o nullità delle relative notifiche; per decadenza dei termini di riscossione; per difetto di motivazione; per violazione ed errata applicazione dell’art. 36 bis dpr 600/73, art. 6, co. 5, L. 212/2000 e art. 2, co. 2, D.Lgs. 462/97, per decadenza dei termini di riscossione ex art. 5 l. 953/82.
L’Agenzia delle Entrate eccepiva l’inammissibilità del ricorso perché l’estratto di ruolo non era contemplato tra gli atti autonomamente impugnabili elencati nell’art. 19 del D.Lgs. 546/92.
Anche gli Agenti della riscossione tenevano la medesima linea difensiva.
Le Commissioni tributarie sulla questione hanno mantenuto posizioni diversificate, alcune ritenendo ammissibili i ricorsi e altre ritenendoli inammissibili. Tale diverso comportamento era diretta conseguenza dell’orientamento altalenante tenuto dalla Suprema corte di Cassazione sull’argomento.
La Corte Suprema di Cassazione, in alcune sue pronunce, osservava in via generale, con riguardo agli atti impugnabili ex art. 19 d.lgs., che i ruoli erano atti interni dell’amministrazione, i cui vizi solo eccezionalmente, in base a norme specifiche (ad es., art. 17 del D.P.R. n. 602/73 (ora abrogato), assumevano natura di atti impositivi (cfr., in tal senso, Cass. 724/10), con conseguente riverbero sul rapporto tributario individuale, e che, pertanto, solo in tali casi potevano essere impugnati; che la cartella esattoriale costituiva, per converso, l’atto impositivo attraverso il quale il contribuente assumeva contezza dell’iscrizione a ruolo ed i cui vizi comportavano l’illegittimità della pretesa tributaria, con la conseguenza che era avverso di essa che andava rivolta, di regola, l’impugnazione (cfr. Cass. 139/04; 4301/05; 6906/13; 6395/14).
Per questa giurisprudenza, dunque, in via di principio, l’estratto di ruolo, che è atto interno all’Amministrazione, non poteva essere oggetto di autonoma impugnazione, ma doveva essere impugnato unitamente all’atto impositivo, notificato di regola con la cartella nella quale il ruolo era trasfuso, in difetto non sussistendo un interesse concreto e attuale del contribuente, ex art. 100 c.p.c., a instaurare una lite tributaria, che non ammette azioni di accertamento negativo del tributo (Cass. 6610/13 e 6906/13); e ciò, perfino nel caso in cui l’estratto di ruolo sia notificato di seguito alla cartella di pagamento, e non in luogo di essa, atteso che detto atto non esprime una pretesa tributaria autonoma da quella portata dalla cartella, sulla quale soltanto si fonda l’azione esecutiva (Cass. 1837/10).
La Corte Suprema, in altre sue pronunce (Cass., Ord. n. 2248/14), a tutela del diritto costituzionalmente garantito del diritto alla difesa del contribuente, statuisce che il ruolo, benché atto interno dell’Amministrazione, costituisce lo strumento fondamentale della riscossione, poiché contiene l’indicazione del periodo d’imposta, cui l’iscrizione si riferisce, dell’imponibile, dei versamenti e dell’imposta effettivamente dovuta, oltre che degli interessi e delle sanzioni pecuniarie eventualmente irrogabili al contribuente, sicché momento determinante per l’instaurazione del rapporto giuridico di riscossione è proprio la sua formazione e non già quello della notificazione della cartella esattoriale, che costituisce solo lo strumento mediante il quale la pretesa tributaria viene portata a conoscenza del debitore d’imposta. Da ciò conseguendo che, nel caso in cui il dipendente addetto all’ufficio abbia consegnato al contribuente copia dell’estratto del ruolo, questi è legittimato alla sua impugnazione, essendo il ruolo l’unico valido e legittimo titolo per la riscossione dei tributi.
Secondo questa Cassazione, ancora, (Ordinanza n. 16055 dell’11 luglio 2014 (ud 5 giugno 2014), Sez. VI – 5 – Pres. CICALA Mario – Est. CARACCIOLO Giuseppe) Valido precedente dell’autonoma impugnabilità dell’estratto di ruolo deve invece considerarsi Cass. n. 724/2010 che (pur prendendo le mosse argomentative proprio da Cass. 8206/2008, da ultimo esaminata) perviene ad affermare con estrema chiarezza la ritenuta autonoma impugnabilità del ruolo attraverso il suo “estratto”, sulla premessa che è proprio il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, a prevedere l’impugnabilità sia della cartella che del ruolo. Conseguirebbe da ciò che l’impugnazione è ammissibile non solo nei confronti della cartella ma anche contro l’estratto di ruolo che altro non è che una riproduzione di una parte del ruolo.
Utili elementi di supporto logico a quest’ultimo orientamento – per omogeneità di rapporti tra le fasi di un medesimo iter procedimentale – possono forse trarsi anche da Cass. 27385/2008, la quale statuisce che in tema di contenzioso tributario, va riconosciuta la possibilità di ricorrere alla tutela del giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, con l’esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, atteso l’indubbio sorgere in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione della notizia, dell’interesse, “ex” art. 100 c.p.c., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale (ormai allo stato esclusiva del giudice tributario), comunque, di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico. In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto ammissibile il ricorso alla commissione tributaria avverso una visura per consultazione di partita catastale, attraverso la quale una società aveva appreso l’entità della rendita catastale di un immobile acquistato da un fallimento.
A ben guardare, infatti, le pronunce che ritengono ammissibile il ricorso avverso l’estratto di ruolo (laddove sia stata omessa o non ancora effettuata la notifica della cartella di pagamento), si pongono in continuità logica con tutte le altre che ritengono non tassativo l’elenco degli atti impugnabili ricavabile dal combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 19, dovendosi l’impugnabilità ancorare alla natura di atto “sostanzialmente impositivo” e prodromico alla riscossione coattiva (tra le altre, S.U. n. 185/1999, S.U. n. 5776/2005, Sez. 5^, n. 18008/2006, S.U. n. 7388/2007, Sez. 5^, n. 21045/2007, Sez. 5^ n. 27385/2008, S.U. n. 2185/2009, Sez. 5^ n. 285/2010, Sez. 5^ n. 15946/2010, Sez. 5^ n. 14373/2010).
Accanto a questi casi, venuti in rilevo avanti alla Corte di egittimità, appare utile evidenziare che nella prassi l’interesse concreto all’impugnazione dell’estratto di ruolo (in difetto o in attesa della notifica della cartella esattoriale) è stato prospettato con riferimento a tutte le ipotesi in cui può verificarsi diretta ed immediata efficacia lesiva del diritto (o delle legittime aspettative) del singolo in ragione della semplice iscrizione a ruolo di una pretesa tributaria (es. diniego o revoca di un beneficio fiscale; rifiuto di adempimento di un credito vantato nei confronti della P.A.; diniego di un mutuo per effetto della notizia dell’esistenza di carichi iscritti a ruolo) per effetto della diretta consapevolezza che alla P.A. in generale è dato di avere della pretesa fiscale soltanto iscritta a ruolo ma non ancora notificata al destinatario.
Questa ragione pratica è di recente rafforzata dalla suggestione determinata da quelle discipline settoriali che, da un canto, consentono al concessionario l’ammissione al passivo delle procedure concorsuali sulla base del solo ruolo (si vedano il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 86, e il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 33; in termini, di recente, Cass. Sez. 6^ – 5, Ordinanza n. 11014 del 2012) e, d’altro canto, consentono l’estinzione di debiti tributari semplicemente iscritti nei ruoli (quelli affidati in riscossione fino al 31.10.2013) a mezzo del pagamento della sola somma capitale iscritta, con esclusione degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo nonchè degli interessi di mora (L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 618), così che viene accentuato la legittimità dell’interesse alla conoscenza del contenuto del ruolo anche indipendentemente dalla notifica che l’ente concessionario ne abbia fatto. D’altronde, la questione di cui qui si discute merita di essere convenientemente filtrata anche alla luce di un altro principio più volte espresso dalla Corte (cfr Cass. Sez. 5^, Sentenza n. 654 del 15/01/2014, in termini anche Cass. n. 2272 del 2011, Cass. n. 10445 del 2011, Cass. n. 10477 del 2008, Cass. n. 19854 del 2004) secondo il quale la notificazione è una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria, cosicché ove l’atto (pur non notificato) sia stato impugnato dal destinatario in data antecedente alla scadenza del termine fissato dalla legge per l’esercizio del potere impositivo, deve intendersi che detta condizione di efficacia sia venuta comunque ad esistenza e che ne sia stato raggiunto lo scopo.
Ai fini della questione qui controversa potrebbe – allora – pervenirsi alla conclusione che se l’atto destinato a recepire e veicolare il ruolo non sia stato notificato, la conoscenza di quest’ultimo, aliunde raggiunta, costituisca valido presupposto per l’impugnazione, salva la facoltà per l’Amministrazione di dimostrare che invece la notifica è avvenuta e che perciò la facoltà di impugnativa si è consumata per effetto del decorso del tempo da quel momento.
La sesta sezione della Corte di Cassazione, considerate le complesse articolazioni logiche che sottostavano alle posizioni contrapposte sulla controversa questione, riteneva fosse utile un chiarimento in ordine ad un contrasto che – rivelandosi frutto di numerose divergenze a tutti i livelli di cognizione – era opportuno fosse devoluto alle Sezioni Unite, in modo da ottenere una pronuncia vincolante per i collegi ordinari, e che costituisse un sicuro punto di riferimento anche per coloro che dovevano redigere i ricorsi. Pertanto, sottoponeva al Primo Presidente l’opportunità di devolvere la controversia alle Sezioni Unite ai fini della soluzione della questione.
Chi scrive sosteneva che i principi di diritto statuiti da quella giurisprudenza della Cassazione che non consentiva in linea di principio l’autonoma impugnabilità non erano condivisibili, atteso che non rendevano giustizia ai casi in cui il ricorrente, attraverso gli estratti di ruolo, era venuto a conoscenza dell’esistenza di una cartella di pagamento che assumeva non essergli stata mai notificata, atteso che sussisteva un interesse concreto e attuale del contribuente, sia per la condivisa autonoma impugnabilità degli estratti di ruolo sia per la sussistenza dell’interesse legittimo ex art. 100 c.p.c., ad instaurare una lite tributaria con la quale (prendendo spunto dal fatto noto (estratto di ruolo), che ha messo il contribuente sull’avviso dell’esistenza di atti tributari (Ruolo e Cartella) che incidono e/o possono incidere negativamente sul suo patrimonio) impugnare gli estratti di ruolo e le cartelle di pagamento in essi indicate.
Diversamente ragionando, nell’ipotesi in cui per diversi motivi l’atto impositivo o accertativo o ricognitivo dell’esistenza di una pretesa tributaria (cartella di pagamento; intimazione di pagamento, ecc.) non entri nella sfera cognitiva del destinatario, si arriverebbe a legittimare, con carattere di definitività, una situazione di fatto illegittimamente formatasi, con evidenti profili di lesione di diritti costituzionalmente garantiti e segnatamente di quelli previsti dagli artt. 24, 111, 113 della Costituzione. Se si accettasse questo ragionamento, la cartella affetta da vizi di notifica (e quindi mai portata a conoscenza del destinatario) diventerebbe definitiva e, conseguentemente, inoppugnabile.
Pertanto, l’interprete considerava gli estratti di ruolo non autonomamente impugnabili, perché non previsti tra gli atti elencati dall’art. 19 del D.Lgs. 546/92, con conseguente pronuncia d’inammissibilità del ricorso, correva il concreto rischio di negare tutela giuridica a quei contribuenti che non erano mai venuti a conoscenza di una pretesa tributaria vantata dall’Erario nei loro confronti e divenuta definitiva per mancata impugnazione, per cause estranee e, a volte, indipendenti dalla volontà degli stessi.
Le Sezioni Unite della suprema Corte di Cassazione (Sent. 19704 del 02.10.2015), dirimendo il contrasto giurisprudenziale sopra accennato, pur decidendo sulla non autonoma impugnabilità degli estratti di ruolo, hanno affermato il principio che “E’ ammissibile l’impugnazione della cartella (e il ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell’ultima parte del terzo comma dell’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione”.
E’ possibile, pertanto, definitivamente affermare che, alla luce del superiore principio nomofilattico (essendo l’estratto ruolo l’atto attraverso il quale il contribuente viene a conoscenza della pretesa impositiva), gli atti impositivi, qual che sia la loro natura, sono impugnabili quando degli stessi si sia venuti a conoscenza per tramite l’estratto di ruolo che diventa, quindi, lo strumento attraverso il quale si chiede al Giudice tributario un pronunciamento sulla legittimità e/o illegittimità dell’atto impositivo nello stesso rappresentato che per un qualche motivo non è stato conosciuto del destinatario.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento