Sull’obbligo di impugnare immediatamente le clausole del bando considerate lesive e sull’interesse al ricorso di un partecipante legittimamente escluso
i bandi di gara e le lettere di invito devono essere tempestivamente ed autonomamente impugnati, a prescindere dal momento dell’adozione degli atti che di essi fanno applicazione, laddove si tratti di clausole impeditive dell’ammissione, o che comunque incidono direttamente sulla formulazione dell’offerta ( Cons. St., IV, 26 novembre 2009, n. 7441 ).
La questione della immediata lesività non può essere invero circoscritta al solo ambito dei requisiti richiesti per partecipare alla gara, ma deve essere riguardata in sé, e come tale essa è propria di ogni situazione rispetto alla quale è certo che l’applicazione della clausola non potrà che essere fatta in un unico senso, cioè quello che presenta con evidenza carattere di asserito pregiudizio.
Ne consegue che, in presenza di una clausola del bando di gara (quale quella qui contestata) che non presenta intrinsecamente elementi di contraddittorietà ed ambiguità e che la concorrente alla gara si è autonomamente indotta a disapplicare formulando nell’offerta economica un prezzo (non previsto) anche per la pulizia delle aree scoperte, non v’è dubbio ch’essa era onerata ad impugnare immediatamente la clausola (rispetto alla cui applicazione la successiva attività demandata alla Commissione Giudicatrice non poteva ragionevolmente presentare alcun margine di discrezionalità) da essa stessa volutamente e consapevolmente disattesa in sede di partecipazione alla gara, giacché è evidente che, quanto meno alla data di formulazione dell’offerta dalla clausola medesima difforme ( formulazione che risale nel caso di specie al 13 luglio 2009 ), essa manifestava apertamente tutta la sua attitudine lesiva per l’odierna appellante principale.
Corretta si rivela anche la declaratoria di inammissibilità, pronunciata con la sentenza impugnata, dei motivi di ricorso (rubricati sub III e III/I del ricorso introduttivo) vòlti a censurare illegittimità caducanti l’intera procedura di gara.
La pretesa di vedere valutati detti vizii, fatta valere con il primo motivo di appello, si scontra infatti, a parere del Collegio, con l’insussistenza di una posizione legittimante in ordine a siffatto genere di doglianze in capo al soggetto escluso legittimamente (come nella specie) da una procedura di aggiudicazione.
Il partecipante escluso si trova invero, rispetto alla procedura, nella stessa posizione di un quisque de populo, portatore di un interesse di mero fatto, che un orientamento giurisprudenziale (poco persuasivo) vuole accreditare come posizione legittimante solo in virtù dell’utilità, che lo stesso può conseguire con l’annullamento della gara ed il suo rinnovo.
Se fosse accettabile l’assunto che l’interesse strumentale, cioè la prospettiva del vantaggio consistente nella semplice possibilità di partecipare alla riedizione della gara, basti a legittimare il candidato estromesso ad impugnare gli atti di gara, occorrerebbe con coerenza dichiarare qualunque operatore economico legittimato ad impugnare ogni gara consona al proprio ambito merceologico, a prescindere da qualsivoglia candidatura, in presenza di vizii atti a travolgere radicalmente il procedimento e a prepararne il rinnovo.
È chiaro però che siffatta conclusione, raggiunta tramite il discutibile rovesciamento concettuale che pretende di elevare il cosiddetto interesse strumentale a surrogato della posizione legittimante, è nella sostanza destinata a piegare l’esercizio della giustizia amministrativa ad una funzione di oggettiva verifica del rispetto della legalità, che il nostro ordinamento notoriamente non contempla ( Cons. St., IV, 26 novembre 2009, n. 7441 ).
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