Cons. St., sez. VI, 15 giugno 2011, n. 3648
Rapporto di lavoro – Mobbing – Definizione – Lavoro subordinato – Art. 2087 c.c.
Massima |
Al fine di verificare la sussistenza del mobbing occorre attendere ad una valutazione unitaria e complessiva degli episodi lamentati dal prestatore di lavoro, che siano tali da poter accertare: |
SULLA CONFIGURABILITA’ DEL C.D. MOBBING
1. Premessa
Con la sentenza che qui si commenta i giudici del Consiglio di Stato, nella sezione VI tornano sulla “vexata quaestio” della fattispecie costituente condotta mobbizzante, precisando che ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro (1) sono rilevanti la molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente secondo un disegno vessatorio.
Ciò che rileva, come precedente giurisprudenza afferma (2) è:
– l ‘evento lesivo della salute psicofisica del dipendente;
– il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell’integrità psicofisica del lavoratore;
– la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio.
2. La normativa di riferimento
Ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 2087 c.c. “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
La citata norma pone, a carico dell’imprenditore, l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica e morale dei lavoratori.
L’imprenditore, in base all’art. 2087, è responsabile per culpa in eligendo (3) e anche per culpa in vigilando (4).
La responsabilità che deriva dalla violazione degli obblighi disposti dall’art. 2087 è di natura contrattuale.
A presidio del rispetto di tale obbligo vi sono anche numerose norme penali, contenute nel codice penale (5) ed in numerose leggi speciali.
3. Conclusioni
Nella sentenza in commento il Supremo Organo di Giustizia amministrativa è intervenuto in tema di condotta mobbizzante assunta dal datore di lavoro, in assenza, come noto, di una esatta definizione normativa della fattispecie definita comunemente “mobbing”.
Nella decisione de qua si legge, infatti, testualmente che ……..”per mobbing si intende comunemente – in assenza di una definizione normativa – una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti di un lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all’ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del lavoratore, tale che ne consegua un effetto lesivo della sua salute psicofisica”.
Secondo quanto precisato dai giudici del Consiglio di Stato, ricordando, altresì, precedenti pronunce giurisprudenziali sul tema, ai fini della configurabilità del mobbing è necessaria la sussistenza di una molteplicità di atti persecutori illeciti o anche leciti singolarmente posti in essere dal datore di lavoro in modo miratamene sistematico o prolungato nei confronti della vittima.
Nel caso in esame il Consiglio di Stato ritiene che gli elementi costitutivi della fattispecie di mobbing non sembrerebbero essere presenti: in particolare, non può dirsi in alcun modo provata l’esistenza di un disegno persecutorio elaborato e perseguito dall’ISVAP in danno per il dipendente ricorrente.
Manuela Rinaldi
Avvocato foro Avezzano (Aq)
Direttore Amministrativo Fondazione Studi Giuridici “Cassinelli – Buccini” c/o COA Avezzano
Docente in corsi di formazione professionale; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano (Aq)
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(1) Qualificabile come mobbing.
(2) App. Trieste, sez. lav., 3 maggio 2010.
(3) Egli cioè deve scegliere lavoratori competenti e capaci.
(4) Consistente nella mancata vigilanza sul rispetto, da parte dei lavoratori, delle misure di sicurezza adottate.
(5) V. artt. 437, 451 c.p.
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