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Massima |
La norma giuridica deve essere interpretata, prima di ogni cosa, dal punto di vista letterale, non potendo attribuirsi altro senso se non quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse. |
1. Premessa
Con la decisione in commento i giudici della sezione lavoro della Suprema Corte, sul tema della interpretazione della norma giuridica, hanno precisato che nel caso in cui l’interpretazione letterale di una norma di legge sia sufficiente alla individuazione del relativo significato e della connessa portata precettiva, l’interprete non dovrà ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario (1).
Ciò soprattutto nel caso in cui mediante tale procedimento possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma, come espressamente riferita dal legislatore.
Con la sentenza del 26 gennaio 2012, n. 1111 la Corte ha accolto il ricorso della Cassa previdenziale dei geometri precisando che i geometri neo iscritti hanno diritto alla riduzione del contributo solamente per i primi tre anni e non anche per il quarto.
2. Conclusioni
Nella decisione in oggetto la Corte ha, altresì, precisato che solamente quando la lettera della norma risulti ambigua e si appalesi infruttuoso il ricorso al criterio ermeneutica sussidiario, l’elemento letterale e l’intento del legislatore (2) acquistano un ruolo paritetico in seno al procedimento ermeneutica.
In tal modo il secondo funge da criterio comprimario e funzionale ad ovviare alla equivocità del testo da interpretare.
Nella stessa sentenza in commento si legge testualmente che “Secondo la giurisprudenza di questa Corte è fondamentale canone di ermeneutica, sancito dall’art. 12 preleggi, che la norma giuridica deve essere interpretata, innanzi tutto e principalmente, dal punto di vista letterale, non potendosi al testo “attribuire altro senso se non quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse”, pertanto, nell’ipotesi in cui l’interpretazione letterale di una norma di legge sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l’interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, merce l’esame complessivo del testo, della mens legis, specie se, attraverso siffatto procedimento, possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma, così come inequivocabilmente espressa dal legislatore; soltanto qualora la lettera della norma medesima risulti ambigua (e si appalesi altresì infruttuoso il ricorso al predetto criterio ermeneutico sussidiario), l’elemento letterale e l’intento del legislatore, insufficienti in quanto utilizzati singolarmente, acquistano un ruolo paritetico in seno al procedimento ermeneutico, cosicchè il secondo funge da criterio comprimario e funzionale ad ovviare all’equivocità del testo da interpretare (3)”.
Manuela Rinaldi
Avvocato foro Avezzano Aq, Direttore Amministrativo Fondazione Studi Giuridici “Cassinelli – Buccini” c/o COA Avezzano; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale; Docente nel corso di preparazione all’esame da avvocato c/o Tribunale di Avezzano organizzato dal COA di Avezzano unitamente alla Fondazione Studi Giuridici “Cassinelli – Buccini”; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli
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(1) Costituito dalla ricerca.
(2) Insufficienti poiché utilizzati singolarmente.
(3) Cfr, ex plurimis, Cass., nn. 3359/1975; 2454/1983; 3495/1996; 5128/2001; nonchè, in applicazione dei medesimi principi, ex plurimis, Cass., nn. 12081/2003; 3382/2009; 12136/2011.
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